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Domenica, 28 Aprile 2024
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«No all'alta velocità dei Pfas e dei tumori»: c'è un ricorso al Tar

Per il passaggio del Tav attraverso la città palladiana, Italia nostra paventa uno spettro per presunte illiceità del progetto temendo pure rischi per salute e ambiente. E così chiede l'intervento dei magistrati amministrativi del Lazio: frattanto la rete dei comitati contrari all'apertura dei cantieri organizza un forum per il 13 dicembre al teatro Astra cui parteciperà uno dei più noti «castigamatti» del progetto

Il 13 dicembre al teatro Astra di Vicenza la rete No Tav di Vicenza darà vita un convegno aperto anche agli amministratori locali. L'obiettivo è quello di ragionare attorno ad una moratoria sulla grande opera che il fronte ecologista ritiene devastante sul piano socio-ambientale e insostenibile sul piano dei costi. La novità è contenuta in una nota diramata ieri 3 dicembre dai gruppi organizzatori. Tuttavia sul passaggio della cosiddetta  alta velocità attraverso il capoluogo berico in questi giorni si è materializzata una incognita ancor più micidiale. Si tratta di un ricorso al Tar Lazio contro il progetto: ricorso fortemente voluto dalla sezione di Italia nostra della città palladiana che riguarda nello specifico la parte Ovest del tracciato. A dare notizia dell'avvio dell'iter giudiziario è stata proprio Italia nostra durante un briefing organizzato nella sede vicentina della associazione in via Arzignano.

IL PREAMBOLO
Sabato 2 dicembre nella sede vicentina di Italia nostra durante un briefing pensato allo scopo si è dato conto di una iniziativa che potrebbe pesare non poco sul futuro del progetto per l'alta capacità - alta velocità ferroviaria lungo l'asse Verona, Vicenza e Padova. Durante l'incontro, coordinato dal consigliere nazionale di Italia nostra Carmine Abate, da Francesca Leder, professoressa di urbanistica all'Università di Ferrara nonché volto di primo piano dell'associazione, dalla presidente di Italia nostra per Vicenza Maria Grazia Pegoraro e da Renato Giaretta, volto di spicco di Isde - medici per l'ambiente per il Vicentino.

Secondo la onlus, in estrema sintesi, il progetto definitivo approvato a Roma a metà luglio dal «Commissario straordinario al Tav» Vincenzo Macello e propugnato dai proponenti ossia Rfi-Gruppo Fs e a cascata il consorzio Iricav 2 è carente sul piano del rispetto delle norme, dei vincoli e soprattutto non rispetta la nozione «del principio di precauzione» che in ambito ambientale è alla base dell'ordinamento europeo e di quello italiano.

L'ARCHITRAVE
Questa in linea di massima è l'architrave del ricorso presentato da Italia nostra il 27 ottobre al Tribunale amministrativo del Lazio a Roma. Peraltro come spiega ai microfoni di Vicenzatoday.it l'avvocato Pegoraro l'iter è stato complesso. Il deposito è avvenuto infatti il 27 ottobre mentre la fase della presentazione «della corposissima sezione degli allegati» è durata fino a metà novembre. Ed è questa infatti una delle cifre del percorso intrapreso dalla sezione vicentina della storica onlus nata a Roma nel 1958 che ormai da sessantacinque anni si occupa di difesa del paesaggio, del patrimonio storico del Belpaese e pure dell'ambiente. Italia nostra infatti contesta in radice il provvedimento approvato dal dottor Macello.

«LO SPEZZATINO» SULLA GRATICOLA E IL PARALLELISMO CON LO STOP ALLA VALDASTICO NORD
In primis c'è la contestazione che il progetto definitivo (cui dovrebbe seguire quello esecutivo) si occupi solo di una parte dell'intero attraversamento di Vicenza. L'approccio «a spezzatino» spiegano gli attivisti più volte è stato bacchettato dal Consiglio di Stato. Fu questo infatti uno dei motivi per cui il progetto per la realizzazione della Valdastico nord da Piovene Rocchette sino a Trento venne fatto a pezzi prima dallo stesso Consiglio di Stato e poi definitivamente seppellito dai giudici della Cassazione.

PREGIUDIZIALI DRIBBLATE
E ancora, Italia nostra ha identificato una sequela di criticità nel rispetto dei vincoli e allo stesso tempo sono troppe le ricognizioni in materia di congruità paesaggistica e non solo «che vengono troppo spesso e con troppa disinvoltura» rimandate alla fase successiva, quella del progetto esecutivo. Questo approccio, sostengono i quattro, non rispetta la ratio della norma la quale impone che il progetto definitivo, detto alla grezza, abbia superato il vaglio delle varie pregiudiziali costituendo peraltro un unicum. Che non può essere frammentato per motivi di comodità e per rinviare la soluzione dei nodi che lo attanagliano: tecnici o giuridici che siano.

GLI EFFETTI NOCIVI DELLE POLVERI SOTTILI
Poi c'è un'altra partita dirimente che riguarda ambiente e salute. Le attività di cantiere, a partire dai frantoi fino agli andirivieni dei Tir, «per ammissione degli stessi proponenti» produrranno micropolveri fini e finissime in quantità esorbitanti che si collocano in un contesto di per sé già «al limite del lugubre» poiché Vicenza per quanto riguarda la qualità dell'aria «è uno dei posti più inquinati della Pianura padana e la pianura padana è uno dei luoghi più inquinanti d'Europa».

UN «AEROSOL TOSSICO»
E ancora, poiché le polveri di cantiere saranno abbattute, sempre che lo saranno davvero, usando l'acqua dei fiumi e quelle dei pozzi, c'è il rischio ormai acclarato che proprio l'acqua contenga i temibili Pfas al centro di uno scandalo ambientale epocale che da anni colpisce l'Ovest vicentino. Gli spruzzi usati per abbattere le polveri quindi potrebbero essere in forma «di aerosol tossico» de facto «un vettore micidiale» perché i residenti respirino a pieni polmoni «i temibili derivati del fluoro noti come Pfas».

PERIZIA GIURATA
Per questo motivo Italia nostra ha deciso di allegare una voluminosa perizia giurata, o meglio una doppia perizia giurata, firmata dai medici di Isde e curata dal presidente berico Francesco Bertòla nonché dallo stesso Giaretta. Bertola tra l'altro da mesi e mesi batte ogni angolo del Veneto per denunciare il rischio Pfas legato proprio al progetto Tav proprio lungo la tratta Verona-Vicenza: un impegno culminato nella pubblicazione in primavera di un dossier ad hoc.

SCAMBIO DI VELENI DA UNA FALDA ALL'ALTRA
Più in generale si tratta di un allarme che per la prima volta era stato lanciato nel Veronese dall'ex consigliere comunale di San Bonifacio Vasco Carradore. Ancora, c'è il rischio che i lavori di scavo profondo pensati per consolidare il terreno mettano in comunicazione la falda inquinata da Pfas nell'Ovest vicentino con quella ancora «pulita» dell'est, esponendo pure quest'ultima «ad un rischio contaminazione che i Vicentini non si meritano». Per di più proprio la mancanza di analisi di rischio in questo senso costituisce uno dei punti chiave del monito di Italia nostra. La quale ricorda che le polveri sottili da tempo sono un fattore «drammaticamente acclarato» per lo sviluppo del cancro negli esseri umani.

I DERIVATI DEL FLUORO, IL CANCRO E LO IARC
Tumori che da pochi giorni, dopo che il mondo scientifico aveva prodotto avvisaglie di ogni tipo, sono divenuti anche una delle conseguenze nefaste della presenza dei Pfas negli organismi. La novità (che nello specifico al momento riguarda una di queste sostanze, il Pfoa), certificata dall'organismo mondiale che decreta la cancerogenicità dei composti, ossia lo Iarc, ha fatto il giro dei media nazionali e internazionali. Di più, la novità potrebbe anche avere un impatto non di poco conto sul maxi processo per disastro ambientale che a Vicenza vede al centro del contendere l'industria chimica Miteni di Trissino, oggi fallita.    

L'ORDINANZA DI MACELLO
Ad ogni modo secondo i legali di Italia nostra (che sull'argomento ha anche preso posizione attraverso una nota diramata il 2 dicembre) l'assenza nel progetto definitivo di ogni valutazione del rischio polveri e del rischio Pfas mette pesantemente in discussione la validità del progetto in una con la ordinanza firmata dal commissario Macello che di fatto ne costituisce l'incipit formale. «Ora al di là delle pur importantissime questioni dirimenti di ordine generale che sono da tempo oggetto di proteste assai vibranti contro l'opera ci sono aspetti che riguardano la liceità del progetto anche in termini di salute e ambiente rispetto ai quali non si può transigere» hanno spiegato gli attivisti di Italia nostra.

LE STAFFILATE DELLA PRESIDENTE
Sull'argomento era persino intervenuta la presidente nazionale Antonella Caroli con una analisi molto battagliera pubblicata sul portale dell'associazione non più tardi del 3 ottobre. Si tratta di una presa di posizione molto dura che durante gli incontri pubblici dedicati al teme diede la stura alla base di Italia nostra che parlarono di «No all'alta velocità dei Pfas e dei tumori» richiamando anche «il rischio legato alle polveri sottili». Ora palla passa ai giudici del Tar del Lazio a Roma ossia alla magistratura amministrativa.

IL CONVEGNO
E se il fronte giudiziario ora è presidiato dalla onlus romana, anche quello più politico, nel senso lato del termine, rimane caldissimo. La rete che da anni contesta il Tav infatti non è rimasta in disparte. E per il 13 dicembre ha in calendario una convention al teatro Astra di Vicenza alla quale sono stati anche invitati i politici del territorio. «L'evento - scrive l'estensore Angela Rotella - è un'altra tappa del percorso per chiedere nuovamente e con più forza una moratoria al progetto Tav a Vicenza, dopo la bella e colorata manifestazione del 30 settembre», quando «1500» manifestanti «hanno invaso in modo pacifico e gioioso le vie della città per dire che è fondamentale mettere in discussione un progetto che non dà garanzie per la salute delle persone e dell'ambiente».

IL DEBUNKER
Tra gli ospiti in cartellone è previsto l'intervento di Erasmo Venosi. Fisico con un passato da ricercatore e da dirigente ministeriale, Venosi è considerato uno dei massimi «castigamatti» o meglio «di debunker» a livello nazionale proprio delle tesi a favore del  Tav. Del quale contesta l'attraversamento di Vicenza ancora dal lontano 2014: un impegno fatto di interventi pubblici, articoli su riviste di settore e anche attraverso un'opera di divulgazione a 360 gradi.

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