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Lunedì, 29 Aprile 2024
Politica

Veneti senza studio epidemiologico sui Pfas? L'ira di Guarda

Sulla scorta di quanto emerso al processo sul caso Miteni la consigliera regionale chiede lumi su di una possibile mancata sorveglianza degli effetti dei derivati del fluoro sui veneti: défaillance che potrebbe essere addebitata non solo a palazzo Balbi ma pure all'Iss o al Ministero della salute

La consigliera regionale veneta Cristina Guarda di Ev, ha depositato una interrogazione urgente per capire in che modo, presumibilmente nella primavera del 2016, sia stato bloccato uno studio epidemiologico sulla presenza nel sangue dei veneti dei temutissimi derivati del fluoro noti come Pfas. Un mancato nulla osta, che stando a quanto emerso giovedì 29 giugno durante il processo Miteni in corso a Vicenza, sarebbe, ove dimostrato, da addebitarsi o alla Regione Veneto o al Ministero della salute o all'Istituto superiore di sanità (l'Iss) o in continuità tra uno o più di questi soggetti. La volontà di fare chiarezza su quanto accaduto è stata messa nero su bianco dalla stessa Guarda in una nota diramata ieri 30 luglio.

IL DETTAGLIO
Più nel dettaglio Guarda, si riferisce alla testimonianza resa in aula avant'ieri da un alto funzionario dell'Iss. Si tratta di Pietro Comba responsabile del Dipartimento epidemiologia ambientale dell'Istituto superiore di sanità, nonché consulente dei pubblici ministeri vicentini che indagano su Miteni, l'impresa trissinese accusata di avere contaminato la falda del Veneto centrale tra Veronese, Vicentino e Padovano a causa dei reflui contenenti Pfas inopinatamente fatti finire nell'ambiente.

MANCATA FIRMA
«Uno studio epidemiologico sugli effetti della contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche sull'organismo, era previsto ma non ebbe inizio a causa della mancata firma da parte della amministrazione regionale. Per fare luce su quanto accaduto, ho presentato una interrogazione in Consiglio regionale per chiedere alla giunta le motivazioni che hanno condotto la stessa amministrazione alla mancata adozione degli atti necessari all'avvio della indagine epidemiologica sui Pfas». La novità uscita dal processo non solo fa fatto breccia sui media locali ma pure su quelli nazionali come Il Fatto quotidiano. Secondo Guarda, se lo studio fosse stato completato per tempo gli enti pubblici avrebbero avuto ancora più elementi «per indagare» in maniera più incisiva nei confronti della Miteni «in termini di disastro ambientale». 

LE UDIENZE
Ad ogni modo l'udienza di giovedì in qualche misura ha fatto il paio con quella di Tony Fletcher: «il superconsulente» identificato dalla procura che il 26 giugno aveva reso una testimonianza, ne parla diffusamente Rai tre, considerata assai importante dalla pubblica accusa. Peraltro non è la prima volta che gli enti deputati finiscono sulla graticola di chi avrebbe preteso più controlli.

ESPOSTI-DENUNCIA IN TRENTINO
Ma il fronte Pfas rimane bollente anche lontano dal Vicentino. Il Nuovo Trentino di ieri in pagina 5 racconta infatti che a Rovereto l'avvocato Gloria Canestrini, in nome e per conto del Comitato trentino per la legalità e la trasparenza, il Colt, ha depositato una raffica di esposti in sede penale per capire se la presenza di Pfas rilevata nel fiume Adige proprio in Trentino abbia contaminato quel territorio o altri territori anche più a valle e se la cosa eventualmente assuma o meno una valenza penale. A ricevere la segnalazione del Colt. Rovereto, Verona, Padova, Venezia e Rovigo, in prima battuta, erano state le procure interessate qualche giorno fa. Poi, per ultimo ma non da ultimo, è giunto l'esposto-denuncia che riguarda il Vicentino.

ADIGE E LEB NEL MIRINO
Nel cui territorio l'acqua dell'Adige arriva anche tramite il canale irriguo Leb che serve un centinaio di comuni tra Veronese, Vicentino, Padovano e Veneziano. Le cui acque peraltro a Cologna Veneta nel Veronese, da anni diluiscono quelle provenienti dal distretto chimico conciario dell'Ovest vicentino del quale faceva parte Miteni prima che fallisse. La querelle che ha preso corpo di recente nel Roveretano è riconducibile alle perplessità fatte proprie dalla rete ecologista di quella zona anche in ragione di quanto emerso durante un tesissimo consiglio comunale di fine marzo ad Arco. Dove da mesi non si placano le polemiche relative al rinvenimento di Pfas in alte concentrazioni «nella locale discarica della Maza».

LO SCENARIO
Le preoccupazioni legate alla presenza dei Pfas nell'ambiente da anni peraltro investono le istituzioni europee e statunitensi. Proprio negli Usa di recente l'avvocato Robert Bilott, come riporta una nota dello studio associato di cui il legale fa parte ha de facto obbligato la multinazionale 3M, nei confronti della quale aveva ingaggiato un colossale contenzioso in sede civile, ad accettare un maxi accordo da 12,5 miliardi di dollari proprio per danni all'ambiente derivanti da Pfas. Non è la prima volta che Bilott ottiene risultati di tale portata.

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