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L'affaire Pengo e «l'enigma di mezz'estate»

Dopo la benedizione giunta da più parti rispetto ad una speculazione invisa ad una parte rilavante della città del ponte Ev chiede lumi sui motivi che hanno spinto l'esecutivo Pavan ad avventurarsi tanto in profondità in un campo minato in cui le cariche sono puntualmente saltate per aria alla prova del voto

Dopo che il Comune di Bassano ha bocciato una articolata operazione urbanistica tra la ditta Baxi e la ditta Pengo che prevedeva il beneficio per quest'ultima di un maxi cambio di destinazione d'uso da agricolo a logistico in una zona verde del quartiere San Lazzaro, Europa verde chiede lumi sulle pressioni che in città si sarebbero materializzare affinché dal comune giungesse disco verde per quella che comitati ed esponenti dell'assise municipale, pur fra mille distinguo, avevano bollato come una mera speculazione fondiaria. A porre il problema è proprio il partito ambientalista in una nota diramata ieri 7 agosto.

UNA DOMANDA DI PESO
I vertici veneti, vicentini e bassanesi del partito in buona sostanza si pongono una domanda che da settimane fa il giro della città del ponte. Se alla base della mobilitazione voluta da una parte molto influente della società civile bassanese c'era la necessità che la Baxi caldaie (oggi ubicata nel quartiere San Marco) per potenziare sue linee produttive acquisisse un lotto attiguo di proprietà della Pengo spa, perché quest'ultima per acconsentire ad una semplice operazione tra privati ha preteso a più riprese il cambio di un maxi lotto agricolo a San Lazzaro noto per essere ubicato a pochi passi dal casello della Superstrada pedemontana veneta e a pochi passi da un altro lotto rispetto ai quali altri privati avevano, pure loro invano, preteso il cambio d'uso a polo logistico? Senza dirlo espressamente quindi Ev si domanda se dietro l'operazione non ci sia stato con concorso di interessi tanto serrati e convergenti da mutare in una sorta di lobby più o meno celata dalla penombra.

LA MANIFESTAZIONE DEL 4 AGOSTO
La questione non è di poco conto soprattutto alla luce di quanto accaduto venerdì 4 agosto. Quando durante una manifestazione organizzata dai dipendenti della Baxi era emerso   dagli slogan dei circa quattrocento dimostranti come le maestranze fossero ben disposte a far sentire la loro voce perché alla ditta fosse concesso lo spazio per ampliarsi. Ma non volevano saperne di avallare la speculazione edilizia caldeggiata dalla Pengo. Ora già questo elemento contraddiceva seccamente le continue uscite dei vertici provinciali di Cisl e Uil a favore della lottizzazione. Durante la stessa giornata poi è successo l'inimmaginabile.

LA PIROETTA INIMMAGINABILE
In una nota interna alla Baxi (non si sa bene quanto fosse ferma la volontà di tenerla all'interno dello stabilimento visto che il messaggio era divenuto virale in mezza Bassano nel giro di mezz'ora) redatta proprio il 4 agosto dal direttore generale Alberto Favero si sosteneva de facto come la necessità di un qualche ampliamento ci fosse sì, ma che la cosa non fosse così urgente. Poi si sosteneva che, diversamente da quanto fatto notare in passato, non sussisteva né un rischio per la produzione né per i livelli occupazionali. E soprattutto Baxi toglieva il proprio appoggio alla operazione di San Lazzaro «di fatto rimangiandosi la parola» rispetto a quanto era stato inizialmente «comunicato alla amministrazione comunale» fanno sapere dalle fila dell'opposizione.

L'IMBARAZZO COLOSSALE E IL «CASTIGO DIETRO LA LAVAGNA»
Una piroetta di 180 gradi che in un batter d'occhio non solo ha fatto sciogliere come neve al sole gli allarmi sulla emergenza occupazionale e sul rischio che il Bassanese divenisse un territorio economicamente deprivato: ma che ha pure messo «in un imbarazzo colossale», «roba da castigo dietro la lavagna» tutti i pezzi da novanta che fino a pochi giorni fa avevano in modo quasi ossessivo caldeggiato una opzione speculativa per anni rimasta bloccata «non solo perché ambientalmente insostenibile ma perché contraria alle norme e ai vincoli presenti in nel quadrante orientale di Bassano. E l'elenco di chi «ci ha rimesso la faccia» in questo caso è lungo.

I PEZZI DA NOVANTA
In primis c'è il sindaco Elena Pavan, a capo di una giunta di centrodestra. Con lei c'è l'assessore leghista all'urbanistica Andrea Viero della Lega. E più ci si allontana da via Matteotti più sale il peso specifico «di coloro che hanno avventatamente e inspiegabilmente benedetto una opzione sciagurata». Nella giunta regionale veneta spiccano il governatore leghista Luca Zaia e soprattutto l'assessore alla formazione Elena Donazzan, bassanese doc e vero centravanti di sfondamento del sì senza se e senza ma all'operazione. In consiglio regionale spicca la figura del bassanese leghista Nicola Finco, vicepresidente dell'assise a Venezia.

A loro si aggiunge il presidente del mandamento bassanese di Confindustria Alessandro Bordignon, il vero mastino dell'operazione quanto a sostegno incondizionato tanto che il dirigente aveva bollato di ignavia coloro che si erano astenuti contribuendo de facto ad affossare il voto. Un sostegno giunto, non troppo convintamente per vero, pure da Laura Dalla Vecchia (presidente di Confindustria Vicenza, la quale in queste ore se la starebbe prendendo coi consigliori di area Cisl che l'avrebbero spinta su un campo minato senza che la stessa Dalla Vecchia ne fosse davvero convinta) nonché da Marino Smiderle, direttore del GdV, quotidiano che fa capo comunque a Confindustria. Per ultimo ma non da ultimo c'è l'appoggio incondizionato fornito all'operazione Pengo dai vertici della Uilm ossia la sigla dei metalmeccanici della Uil e soprattutto dal segretario generale della Cisl Raffaele Consiglio. Da sempre la Cgil invece è rimasta al di fuori dalla diatriba.

Che cosa abbia spinto tanto avanti i fautori di una operazione già bocciata dagli uffici perché contra legem e già bocciata perché politicamente e ambientalmente insostenibile da ogni amministrazione che per anni dai primi anni Duemila si è succeduta, qualsiasi fosse il colore politico della maggioranza, in via Matteotti questo rimane «un enigma di mezz'estate». L'espressione da giorni circola proprio tra i corridoi di via Matteotti: e nemmeno troppo distante dall'ufficio del primo cittadino.

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