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Domenica, 28 Aprile 2024
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L'ira delle «Mamme No Pfas» sulla corte d'assise berica

Il coordinamento ecologista che sta seguendo da vicino le fasi del maxi processo ambientale sul caso Miteni teme che la défaillance in cui è incappato l'interprete durante l'ultima udienza possa essere strumentalizzata per sminuire la portata della testimonianza di uno dei massimi esperti mondiali del settore giunto in città per deporre davanti al giudice Crea

Il coordinamento delle Mamme No Pfas spara ad alzo zero sul tribunale della città del Palladio dopo che durante l'udienza del processo Miteni del 27 novembre l'interprete «aveva fatto alcuni pasticci» durante la traduzione simultanea di uno dei testi chiave dell'intero procedimento penale in corso per l'appunto a Borgo Berga. È questo il tenore di una nota di fuoco diramata dalle attiviste oggi 30 novembre. In data 27 novembre 2023, si legge, presso il Tribunale di Vicenza, nell'ambito del processo per avvelenamento delle acque e disastro innominato a carico di quindici ex manager della ditta Miteni di Trissino nell'Ovest vicentino, è stato sentito il consulente Philippe Grandjean, professore di medicina ambientale presso l'Università della Danimarca meridionale, nonché all'Università di Boston e ad Harvard. L'approccio seguito dalla Corte d'assise per gestire questa fase del dibattimento è stato oggetto di una doglianza infinita da parte del fronte ecologista.

LA MITRAGLIATA
«Il professore - si legge nella nota - ha risposto alle domande della Corte e degli avvocati per oltre sei ore, senza mai mostrare segni di cedimento o rassegnazione». Ma c'è di più. L'interprete nominata dal tribunale, che sui social network si qualifica come persona esperta «di comunicazioni, specialista in  comunicazioni di marketing ed assistente di direzione e coordinatore di eventi, non è stata in grado di fornire una traduzione adeguata» perché non in possesso, accusano le mamme, di una sufficiente dimestichezza con la lingua italiana». Di più, secondo le autrici della nota che al processo sono parte civile l'interprete non ha mostrato «alcuna conoscenza del linguaggio tecnico, per cui la traduzione italiana è stata una sistematica storpiatura di termini e di frasi».

E le bordate non si esauriscono. Un incidente di percorso di questo tipo si era già verificato alcuni mesi fa. Il riferimento è a quanto accadde dopo il caso dell'esame dell'avvocato Robert Bilott che rese necessaria una seconda udienza per la nomina di due interpreti in sostituzione della traduttrice iniziale risultata all'epoca dei fatti inidonea. Oltre tutto il coordinamento spiega che quanto avvenuto il 27 a Borgo Berga ha avuto l'effetto di rendere il risultato di rendere lo stesso esame del teste «completamente travisato».

Si tratta di parole durissime che si innestano su una polemica già in corso da giorni. Nonostante ciò comunque le «Mamme No Pfas» hanno comunque fatto il punto anche su quanto effettivamente reso in aula dal professore Grandjean. Molte di loro infatti l'Inglese lo masticano ed hanno potuto così capire quanto veniva riferito dal teste davanti alla Corte. Durante il suo intervento lo stesso Grandjean ha chiarito, proseguono le attiviste, come le aziende produttrici di Pfas fossero a conoscenza fin dagli anni '70 di studi sugli effetti tossici di tali sostanze sia sugli animali che sugli esseri umani, «ma li hanno tenuti nascosti e resi pubblici solo dopo il 2000».

Stando alla ricostruzione delle attiviste Grandjean ha pure dichiarato che «esiste una documentazione sostanziale che dimostra una chiara associazione tra esposizione a Pfas ed effetti avversi sulla salute umana nella popolazione generale, soprattutto a livelli elevati, come quelli osservati nella «zona rossa del Veneto». E ancora, il luminare ha rimarcato come alcuni gruppi di popolazione, quali «le donne incinte e i bambini piccoli», siano particolarmente vulnerabili tanto da potere «subire effetti negativi a livelli di esposizione particolarmente bassi. Alcuni di questi effetti potrebbero essere rilevabili solo in tempi successivi». In questo modo lo scienziato avrebbe quindi lanciato l'allarme circa la esistenza di un pericolo per le generazioni future.

Il professore poi, continuano le attiviste, «ha evidenziato anche come la valutazione dell'esposizione cumulativa di Pfas nel nostro organismo non possa basarsi semplicemente sulle concentrazioni nel sangue, perché questi inquinanti si accumulano anche nei nostri organi e tessuti, «come evidenziato ormai da diversi studi».

QUESTIONE DI CIFRE E NON SOLO
L'altro aspetto chiave della testimonianza resa davanti al presidente della Corte d'assise Antonella Crea, assai criticata fuori dall'aula, riguarda le soglie di sicurezza in materia di assunzione di assunzione di derivati del fluoro («i temutissimi Pfas appunto») per via alimentare. Si tratta di soglie stabilite dall'ente europeo per la sicurezza alimentare, per l'appunto l'Efsa. Nel 2020 quest'ultimo ha stabilito «che l'assunzione settimanale tollerabile della somma di quattro tipi di Pfas è pari a 4,4 nanogrammi su kilogrammo di peso corporeo, un livello che corrisponde a una concentrazione sierica totale di 6,9 nanogrammi per millilitro. «Anche in questo caso - ha puntualizzato Grandjean - questo livello viene spesso superato nella zona contaminata, talvolta in modo sostanziale». Inoltre, secondo uno studio pubblicato dallo stesso Grandjean (lo studio Jørgensen più altri che risale al  2023), «il limite dell'Efsa è erroneamente elevato a causa di problemi di calcolo». L'accademico ha infatti ricordato che nel 2022, l'agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti «ha raccomandato limiti di esposizione inferiori di un centinaio di volte» rispetto a quelli di Efsa». Tanto che a questo punto le mamme si chiedono se il governo italiano «sia a conoscenza» di tutto ciò e se si sia confrontato in merito con l'Istituto superiore di sanità. In questo senso le Mamme No Pfas ricordano poi che «l'Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti» per deliberare limiti più in linea con la reale tossicità di queste sostanze abbia appunto fatto riferimento agli ultimi studi effettuati dal professore Grandjean, proprio con l'obiettivo ultimo di ridurre ulteriormente i limiti di queste sostanze fino a valori talmente bassi da rasentare lo zero.

LO SCENARIO
Ma che cosa sono i Pfas? Si tratta di una sterminata famiglia di sostanze chimiche, impiegate in tantissimi ambiti produttivi, derivate dal fluoro e dal carbonio. si tratta di componenti che nel Nordest per anni sono stati realizzati e rilavorati dalla Miteni: industria chimica trissinese dell'Ovest vicentino oggi fallita e finita al centro del più grande processo del genere in materia. La contaminazione addebitata alla Miteni ha colpito tutto il Veneto centrale tra Veronese, Vicentino e Padovano soprattutto nei comuni appartenenti alla cosiddetta zona rossa. La produzione, oggi ferma nel Veneto proprio per il fallimento della Miteni, ora prosegue alla Solvay a Spinetta Marengo, una frazione di Alessandria. Epperò quale scenario si proietta sul processo dopo il caso sollevato dalla rete ecologista? A causa della «inadeguatezza della traduzione», precisano le Mamme no Pfas, i tempi della audizione del 73enne scienziato danese si sono dilatati, tanto che il professore dovrà tornare a Borgo Berga il 22 gennaio. Epperò poiché l'interprete sarà lo stesso, le attiviste da giorni stanno storcendo il naso e non poco. Tanto che a più riprese il timore serpeggiato a Borgo Berga è che di questa défaillance possa approfittare qualcuno per sminuire «la portata devastante» di quanto rilevato in aula dal cattedratico danese.

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