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«Non capisco» quella richiesta di «archiviazione»

Davanti alle telecamere di Vicenzatoday.it parla la madre di Luca Ventre, il giovane ucciso nel 2021 nell'ambasciata italiana in Uruguay. La donna, che vive nel piccolo centro della cintura berica, critica la decisione del magistrato. Il quale intravede questioni di improcedibilità nei confronti dell'unico indagato di omicidio preterintenzionale, nonostante le prove raccolte siano tali «da sostenere il giudizio» in aula: l'accusato, sostiene il pm, «non risulta essersi mai recato sul territorio nazionale»

«Non capisco perché a Luca si voglia negare il diritto ad avere giustizia e quindi si chieda l'archiviazione». Palma Roseti, di origini lucane ma da anni residente a Grumolo delle Abbadesse nel Vicentino, è la madre di Luca Ventre il giovane imprenditore che secondo la procura romana il primo gennaio 2021 all'età di trentacinque anni sarebbe stato ucciso nell'ambasciata italiana a Montevideo da un poliziotto uruguaiano. Oggi 24 gennaio alle telecamere di Vicenzatoday.it la donna spiega di non comprendere le motivazioni per cui la procura romana abbia chiesto l'archiviazione per improcedibilità a carico dell'indiziato.

L'INTERVISTA A PALMA ROSETI: IL VIDEO ESCLUSIVO
Si tratta per l'appunto di un poliziotto la cui presenza in ambasciata peraltro «non è mai stata del tutto chiarita». Ma c'è di più, Roseti ai taccuini di Vicenzatoday.it se la prende per come in quel periodo, a suo dire, veniva gestita la sicurezza proprio nell'ambasciata italiana in Uruguay. La donna parla infatti una sede diplomatica «in balia di personale poco informato e poco formato». Ad ogni modo è ormai ad un punto di svolta il caso del quale ha dato conto la gran parte dei media italiani: anche in ragione delle manifestazioni pubbliche organizzate in primis a Vicenza «per chiedere la verità» sulla morte di Ventre. Del caso parla anche Today.it.

INTERVIENE L'AVVOCATO DEL CASO CUCCHI
Fermo restando che la famiglia, «con l'ausilio dell'avvocato Fabio Anselmo del foro di Ferrara», ha  annunciato che intende opporsi alla richiesta di archiviazione «sebbene non abbia ancora formalizzato la stessa opposizione», il Gip romano, ossia il giudice per le indagini preliminari, comunque, a breve sarà chiamato a decidere. «In questo momento - fa sapere appunto l'avvocato Anselmo, noto per aver patrocinato le parti civili nel caso Cucchi e nel caso Aldrovandi - stiamo vagliando attentamente le carte». Di seguito lo scenario è tutto in divenire. Il Gip asseconderà il pubblico ministero Sergio Colaiocco? Oppure, il Gip deciderà di rinviare comunque a giudizio il sospettato che è indagato per omicidio preterintenzionale? O ancora, il Gip ordinerà, ulteriori accertamenti?

IL MAGISTRATO? È LO STESSO DEI CASI «REGENI E ATTANASIO»
Colaiocco peraltro «è lo stesso pubblico ministero che indaga sul caso Attanasio» e sul caso Regeni: la procura romana infatti è competente per i delitti gravi perpetrati a danno degli italiani all'estero. Sullo sfondo comunque rimane l'amarezza della madre di Ventre. Che ai taccuini di Vicenzatoday.it aggiunge un altro spunto di riflessione: «Faccio fatica a comprendere come per il caso Attanasio e per il caso Regeni la procura di Roma abbia deciso, in un certo modo, di cercare comunque i presunti colpevoli in giro per il mondo: mentre per la vicenda che ci riguarda, assai meno complessa sul piano delle indagini, ci troviamo di fronte ad una porta chiusa, quella della richiesta di archiviazione per improcedibilità, le cui ragioni a noi sfuggono del tutto».

L'ARTICOLO 10 «DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE»
Ma quali sono, nel dettaglio, le conclusioni di Colaiocco depositate il 22 novembre 2022 e  così malviste dai familiari della vittima? «Il delitto per cui si procede - scrive il pubblico ministero - richiede, in ossequio all'articolo 10 del codice di procedura penale, perché sia esercitabile l'azione penale, due condizioni: in primo luogo la richiesta di punizione da parte dei familiari della parte offesa o del Ministero della giustizia; in secondo luogo la presenza del reo sul territorio nazionale. Orbene - scrive ancora la toga romana - nel presente procedimento vi è, quanto al primo presupposto, sia la querela dei prossimi congiunti, della parte offesa sia la richiesta di procedere del Ministero della giustizia. Quanto al secondo dei presupposti richiesti invece, deve rilevarsi, che l'indagato non risulta essersi mai recato sul territorio nazionale. Considerato quanto sopra e rilevato - conclude il pm - che malgrado gli elementi probatori siano... idonei... a sostenere il giudizio, la responsabilità dell'indagato per il delitto in esame non risulta, almeno allo stato, nel nostro ordinamento, procedibile per assenza dell'indagato sul territorio nazionale». Ora la patata bollente passa sul tavolo del Gip della capitale.

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