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La Spv? «Una bomba ad orologeria nei conti della Regione»

Al concessionario privato dovrà essere garantita dal contribuente «una media di 300 milioni per quarant'anni» tanto che «sulla sostenibilità economica della Superstrada pedemontana veneta che balla sulla cifra di 12 miliardi «i nodi stanno arrivando al pettine». Questo è il j'accuse distillato del Covepa e da Andrea Zanoni che sparano a palle incatenate su palazzo Balbi: mentre le rogne legate al futuro della infrastruttura si riverberano pure sul budget della sanità

«La Superstrada pedemontana veneta è una vera e propria bomba ad orologeria piazzata nei conti della Regione». Ha usato queste parole l'architetto Massimo Follesa nella sua veste di portavoce del Covepa, il coordinamento ambientalista da anni impegnato nella contestazione del progetto, che ieri 21 settembre col patrocinio del Comune di Asolo, proprio nella cittadina del Leopardo, ha dato vita ad un convegno organizzato «al centro direzionale La fornace». Di fronte ad un centinaio di persone, prima ammutolite, poi preoccupate, Follesa ha parlato lungamente «dei nodi che stanno venendo al pettine ora che la superstrada, nota come Spv, tra mille ritardi» si avvia verso il completamento. A regime infatti l'opera dovrà connettere Spresiano nel Trevigiano a Montecchio nell'Ovest vicentino, comprensorio in cui oggi si stanno registrando le maggiori criticità. La serata ha visto anche l'intervento in veste di relatore del consigliere regionale del Pd Andrea Zanoni che durante tutta la serata ha martellato la giunta regionale capitanata dal governatore leghista Luca Zaia. Il compito di moderare il dibattito è toccato invece al giornalista Davide Nordio.

GIUNTA PRONA COL PRIVATO? LA STAFFILATA DEL CONSIGLIERE
Ieri per vero il primo a mettere «i puntini sulle i» è stato proprio Zanoni, che è uno dei volti di spicco della corrente ecologista del Pd. Il quale consigliere «dati ufficiali alla mano» ha spiegato che «facendo una media ponderata» da qui al 2060, data in cui la concessione per la Spv scade, la Regione Veneto «sarà obbligata a versare un canone al concessionario privato incaricato di progettare l'opera pari a 300 milioni annui. «Più esiguo nelle fasi iniziali, il contributo è destinato a crescere negli anni a venire sino ai 283 milioni del 2035 per concludere con i 485 milioni del 2058»: la concessione infatti ruguarda un quarantennio. E per una scelta definita «inausta» dal Covepa per quattro decenni dovrà riconoscere al privato «una dozzina di miliardi» che andrà a pareggio o farà registrare un guadagno se e solo se le entrate da traffico, «oggi de facto inesistente» sosterranno la quota assicurata ex ante al privato. Una «cifra monstre» che avrebbe dovuto spingere palazzo Balbi a preferire un altro progetto da realizzarsi con una normale gara d'appalto e non con la formula «infida» del partenariato-pubblico privato «gergalmente noto come project financing». All'oggi invece questi sono gli obblighi previsti dal contratto in essere tra Regione Veneto e il concessionario italo-spagnolo Sis. La Regione Veneto per l'appunto dovrebbe compensare queste uscite certe con i pedaggi, ma le proiezioni sui flussi attuali spiega Zanoni anche in ragione «della esosità» dello stesso pedaggio, «ci dicono che se ci va di lusso, cosa assai improbabile, palazzo Balbi incasserà un terzo» di quanto spende. «Un salasso» che in passato aveva spinto il consigliere (che a differenza di molti altri esponenti del suo partito è sempre stato ostile all'opera) a ribattezzare la Spv «come un'opera vampiro». Tanto che poco dopo lo stesso consigliere non senza sarcasmo si è domandato: «Ma la giunta in questi anni ha fatto gli interessi dei veneti o è stata prona rispetto al privato?»

MANO LEGGERA CON LE SANZIONI DOVUTE PER I RITARDI
Ancora, durante la sua prolusione Zanoni ha spiegato come l'amministrazione regionale regionale fino ad oggi si sia ben guardata dal pretendere dal privato «ben venti milioni di Iva indebitamente versata e si sia ben guardata dall'irrogare alla stessa Sis le multe dovute agli impressionanti ritardi cumulati sino ad oggi». Ritardi che ormai ammontano a sei anni abbondanti mentre le penali non riscosse per questi ultimi ammontano «attorno ad un milione di euro». A tutto ciò si aggiunge un'altra rogna. All'appello oltre alla conclusione tout court dell'opera mancano anche «una quarantina di kilometri di viabilità accessoria che per contratto il privato è obbligato a realizzare». Si tratta di decine e decine di milioni di euro che non si sa se e come saranno reperiti dal privato, col rischio altissimo, spiegano Follesa e Zanoni che sia la collettività a doversi sobbarcare una spesa «che invece spetta alla Sis».

LE CRITICHE SUFFRAGATE DALLA MAGISTRATURA E L'INCOGNITA IN VALLE DELL'AGNO
Sempre durante la serata i due hanno sottolineato a più riprese come «ogni singola cifra riportata» nei lucidi presentati al pubblico non sia null'altro che la trasposizione in sintesi «del cahier de doléances» elaborato di recente dalla magistratura erariale ossia dalla Corte dei conti. Un argomento affrontato a più riprese da Vicenzatoday.it anche ieri. Il portavoce del Covepa poi ha messo in guardia l'uditorio proprio in tema di ritardi: spiegando che ci sono problemi ciclopici per il collaudo della galleria tra Malo e Castelgomberto. In quest'ultimo comune infatti l'opera inizia la sua traversata di parte dell'Ovest vicentino.

IL NODO DELLA INTERCONNESSIONE CON LA BRESCIA-PADOVA
Un comprensorio che deve fronteggiare un'altra incognita: quella della ultimazione ancora di là da venire della interconnessione della superstrada col casello della A4 Brescia Padova ad Alte nel Comune di Montecchio Maggiore. L'accesso all'autostrada è ancora da finire. E per questo Regione e concessionario hanno deciso di non aprire il troncone, oggi astrattamente percorribile perché già agibile, che congiunge proprio Montecchio a Castelgomberto. Si tratta di un argomento assai dibattuto che proprio a Montecchio e dintorni tiene banco da settimane e settimane. Durante la serata per di più Follesa e Zanoni hanno espresso un no netto a nuove infrastrutture sulla scorta della disfatta registrata con la Spv. Di lì a poco sono partite bordate a non finire sulal Orte-Mestre, sulla Nogara-Mare e sulla Treviso-Jesolo. Parole incendiarie che si sono sommate all'abbandono di ogni prgetto per il potenziamento ferroviario locale che latita anche per quanto concerne le interconnessioni con la Spv «inconcepibilmente mai previste

LA DÉBÂCLE ERA STATA PREVISTA DAGLI ECOLOGISTI «CON LARGO ANTICIPO»
Ad ogni buon conto durante il suo intevento (assieme a quello di Zanoni è disponibile su Facebook) Follesa si è rammaricato di come, al di là delle questioni legate all'impatto ambientale che rimangono di per sé gravissime, una parte della rete ambientalista, in una con alcuni giornalisti, avesse «previsto» per filo e per segno «e con largo anticipo la débâcle che in questi mesi stiamo raccontando nell'indifferenza di troppe persone» anche in ragione «dei riflessi a tinte fosche» che la querelle germinata attorno alla grana Spv sta proiettando sui servizi alla persona erogati dalla Regione Veneto a partire da quelli sociosanitari.

RIFLESSI SULLA SANITÀ? UNA «TETRA ED ENNESIMA CONFERMA»: IL MONITO AI SINDACI
«Una tetra quanto ennesima conferma» di questa deriva, fa sapere Follesa, la si può trovare in quanto dichiarato ieri al quotidiano La nuova Venezia in pagina 13 dall'ex direttore generale della Sanità veneta Luciano Flor. Che senza giri di parole ha parlato di un necessario ridimensionamento del sistema sanitario regionale pubblico. Il che comporterebbe ancora maggiori esborsi da parte dei cittadini per quanto riguarda la erogazione delle prestazioni sanitarie erogate dalla Regione Veneto. Per tutti questi motivi «le defaillance del welfare pubblico debbono preoccupare in anzitutto gli amministratori comunali. Loro e sidaci saranno i primi ad avvertire la morsa del disagio sociale».

LA BORDATA DI CUNEGATO
Che la situazione sul fronte del versante sanitario abbia preso una piega inquietante per la qualità dei servizi gratuiti e universali erogati dagli enti pubblici, specie in materia sanitaria, lo ha detto oggi il portavoce de Il Veneto che vogliamo: formazione politica in cui lo stesso Cunegato milita come consigliere comunale a Schio e che a palazzo Ferro Fini, sede consiglio regionale esprime anche una consigliera regionale ossia Elena Ostanel. Cunegato nel suo intervento comunque ha allargato lo spettro della discussione. Descrivendo il depauperamento dei servizi pubblici erogati gratuitamente non come un accidente dovuto alla congiuntura economica (questo invece è il punto di vista fatto suo da Flor) ma come una strategia di potere elaborata per decenni dai circoli politico-economici dell'establishment occidentale: che per anni hanno chiesto e ottenuto liberalizzazioni e privatizzazioni con l'obiettivo di concentrare la ricchezza in pochissime mani. Questo in sintesi è l'assunto del consigliere scledense. Ora però l'aria è divenuta pesante: complice uno scenario internazionale che dire incerto è poco.

LO SCENARIO
In alcuni partiti che per anni hanno avallato la dottrina liberista ridimensionando sostanzialmente le politiche di matrice socialdemocratica un tempo patrimonio del Paese, cominciano seppur timidissimamente, ad accendersi alcune spie rosse. Il Pd è tra queste formazioni. E non è un caso che nella sua base si moltiplichino i mal di pancia. Tant'è che si moltiplicano le iniziative per capire quale futuro si stagli sull'orizzonte del Veneto in materia di politiche sanitarie.  Se ne parlerà, per esempio, il 25 settembre alle 20,45 nella Casa delle associazioni di via dell'Artigianato 15 ad Arcugnano nell'hinterland di Vicenza. Dove è atteso tra i relatori il professor Andrea Crisanti, oggi senatore indipendente del Partito democratico, nonché strenuo critico della deriva privatistica del sistema sanitario nazionale.

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