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Venerdì, 26 Aprile 2024
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I misteri dell'affaire Safond? «Palazzo Balbi chiarisca»

Il gruppo ecologista Covepa chiede alla Regione Veneto di fornire spiegazioni  attorno ai «silenzi incomprensibili» che hanno riguardato una vicenda ambientale ancora avvolta nel mistero cui sembrano sempre più legate le vicissitudini di un ex componente dei servizi segreti che rivendica di avere denunciato per primo l'inquinamento sotto la ditta dell'Alto vicentino

«Aspettiamo... di sapere da chi di dovere, a partire da palazzo Balbi e da palazzo Nievo, quattro cose. Uno, chi ha conferito negli anni alla Safond e che cosa è stato conferito. Due, chi eventualmente ha potato via quale materiale e in quale condizioni e dove il materiale sia finito. Tre, se tra il materiale portato via negli anni vi siano sabbie di fonderia finite sotto i sedimi delle grandi opere in costruzione o costruite come Brescia-Padova, Valdastico sud e soprattutto Superstrada pedemontana veneta. Si tratta di dati e cifre debbono essere resi pubblici e illustrati puntualmente». È un attacco ad alzo zero contro la Regione Veneto quello distillato oggi 22 settembre in una nota del Covepa, il coordinamento che da anni si batte contro la realizzazione della Superstrada pedemontana veneta meglio nota come Spv. A scatenare la reazione del gruppo ambientalista sono «i silenzi» appunto della Regione Veneto sul maxi caso di inquinamento che ha interessato la Safond Martini di Montecchio Precalcino nell'Alto vicentino. La ditta infatti, specializzata nella rigenerazione di sabbie di fonderia, si trova a pochi passi da due grandi infrastrutture: la Valdastico nord e la Spv, opera quest'ultima in fase di realizzazione.

TONI INASPRITI
I toni del Covepa sono anche inaspriti per via delle rivelazioni di stampa che negli ultimi mesi hanno interessato proprio la Safond Martini. All'inizio della primavera fu il consigliere regionale trevigiano Andrea Zanoni del Pd a temere «un nuovo caso Miteni» (ne parla diffusamente Vicenzatoday.it del 7 giugno). Uno Zanoni che rispetto al caso Safond parla peraltro di «silenzi incomprensibili» che giungono dalla giunta regionale

LA SPY-STORY
Il 14 di settembre invece era stata l'agenzia di stampa Lineanews.it a pubblicare un lungo speciale dal quale erano emersi alcuni collegamenti degni «di una spy-story» tra la vicenda ambientale e la vicenda giudiziaria di un consulente aziendale di Villa del Conte nel Padovano (il commendatore Riccardo Sindoca) il quale è stato preso di mira dalla magistratura del capoluogo berico con accuse le più svariate. Accuse che il professionista respinge al mittente e che ritiene in qualche modo un frutto avvelenato: sia per le denunce ambientali presentate dallo stesso Sindoca proprio in relazione allo stato di salute del sedime della Safond (finita sotto inchiesta peraltro); sia per i cinque milioni chiesti alla Safond «per una consulenza mai pagata». Consulenza che i manager di Safond ritengono invece il frutto di una vessazione ordita dal padovano Sindoca.

LA PEDEMONTANA E LE DICHIARAZIONI SHOCK DI MARINA LECIS
Ma a rendere ancor più tetro lo scenario ambientale è lo stesso Covepa. Nella nota di oggi firmata dal portavoce Massimo Follesa vengono chiamate in causa le dichiarazioni shock di Marina Lecis, il consulente ambientale del comitato dei residenti a ridosso del cantiere di Malo-Vallugana per lo scavo del tunnel della Spv verso la valle dell'Agno. La Lecis in piena estate alle telecamere di Tv7 aveva dichiarato che dalla galleria di Malo-Vallugana «non esce solo smarino», ossia il materiale di risulta dello scavo, ma pure «vanadio che peraltro è cancerogeno». Il vanadio è noto infatti nel suo impiego nella metallurgia. Ed è per questo che le parole di Lecis hanno allarmato il Covepa quando Follesa le ha messe in relazione alle rivelazioni contenute nello speciale pubblicato da Lineanews.it.

L'EPISODIO INQUIETANTE RACCONTATO DAL LEGALE MILANESE
In quest'ultimo speciale per di più viene menzionata anche una vicenda tutt'ora avvolta nel mistero. E che riguarda un episodio in odore di sabotaggio patito da Fiorino Ruggio, avvocato milanese tra quelli del pool difensivo di Sindoca. Ruggio, svelando nuovi dettagli, ai microfoni di Vicenzatoday.it ha spiegato una cosa precisa. Ovvero che di quella circostanza (in cui lui e il suo autista avrebbero rischiato la vita a causa, per l'appunto, di un atto di un sabotaggio all'auto del legale), proprio l'avvocato avrebbe messo a parte un giudice per le indagini preliminari vicentino ossia il Gip Matteo Mantovani. In questo scenario poi c'è un dettaglio di non poco conto perché proprio Ruggio fa sapere che «l'inquietante episodio» accadde nel 2018 poco dopo una delle tante udienze (si tratta sia di procedimenti penali che civili) che hanno riguardato il suo assistito Sindoca: più nello specifico si trattava di una udienza civile tenutasi al tribunale di Pordenone.

LO SCENARIO
Ora non è dato capire quali siano state le conseguenze del racconto fatto da Ruggio a Mantovani durante una delle tante udienze preliminari che hanno visto protagonista Sindoca. A rigor di norma infatti i giudici (che non sono pubblici ministeri), ogni volta che vengono a conoscenza di una notizia di reato debbono trasmetterla alla procura della repubblica competente.

UN ROVETO SEMPRE PIÙ FITTO
Ad ogni buon conto il caso giudiziario che interessa Sindoca è molto ingarbugliato. A meno di imprevisti dell'ultim'ora domani infatti è in programma un'altra udienza del processo che vede imputato Sindoca (che è un ex agente segreto legato ad una rete informativa della Nato) per calunnia. Non è dato sapere in questo momento se si possa trattare di una udienza importante o meno. Ad ogni modo l'accusa rivolta al commendatore è quella di avere cucinato un dossier con informazioni calunniose all'indirizzo di alcuni uomini della polizia giudiziaria della squadra della Guardia di finanza presso la procura berica. Tale dossier sarebbe stato inserito in una chiavetta Usb che Sindoca avrebbe spedito a sé stesso per poi darne notizia alla magistratura vicentina. Anche in questo caso Sindoca non solo respinge le accuse al mittente ma ritiene che la vicenda processuale nello specifico sia stata inquinata da un comportamento incongruo e scorretto della pubblica accusa. «Il mio diritto di difesa è stato palesemente violato, poiché i miei legali non hanno avuto notifica di avviso di deposito delle intercettazioni e dei brogliacci» relativamente al fascicolo di specie. Notifica che se invece ci fosse stata, questo il succo della doglianza, avrebbe permesso agli avvocati «di potere vagliare eventuali riscontri a mio favore, nel momento della chiusura delle indagini preliminari».

Più il tempo passa quindi e più il caso ambientale della Safond sembra avvilupparsi alla intricatissima vicenda Sindoca, anche per quanto riguarda i trascorsi di Rino Dalle Rive, chiacchierato tycoon dell'Alto vicentino, scomparso nel 2019 e già «patron» della Safond Martini. Da una costola della storia imprenditoriale e personale di Dalle Rive, come già raccontato da Vicenzatoday.it il 25 luglio, si dipana un'altra vicenda incredibile che è quella delle connessioni tra un misterioso tentativo di rapina patito dallo stesso Dalle Rive e alcuni personaggi legati alla camorra presente nel Veneziano: personaggi finiti al centro dell'inchiesta «at Last».

ASCOLTA L'AUDIO-INTERVISTA A FIORINO RUGGIO

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