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Abusi in famiglia? «Più valore al racconto dei figli»

La rete Movimentiamoci chiede più risolutezza ai magistrati nel valutare le denunce che emergono durante i procedimenti giudiziari sia in sede penale che civile: «via le teorie antiscientifiche da tribunali e università»

«Apprendiamo dai media del Nordest di un procedimento penale a carico di un magistrato veneziano finito sotto inchiesta per presunti abusi sessuali sul figlio che, all'epoca dei fatti avvenuti a Vicenza, era minorenne. Al di là della questione specifica, rispetto alla quale saranno i magistrati a pronunciarsi nel merito del procedimento penale, c'è una questione di fondo che rimane sempre sottovalutata. Questa vicenda è l'ennesima conferma di una piaga, quella della violenza domestica contro madri e figli, che la nostra associazione, Movimentiamoci, denuncia da tempo in tutta Italia. L'episodio messo in risalto dalla stampa è la conferma di quanto raccontiamo da anni. E al contempo costituisce la sconfessione di tutte quelle persone che, per malafede o ignoranza, ci hanno additate come visionarie e complottiste». Comincia così una lunga nota diffusa oggi 3 maggio da Emanuela Natoli, l'attivista vicentina volto simbolo e presidente di Movimentiamoci, una rete che si batte per i diritti delle madri e dei figli bersagliati dalle violenze familiari».

Movimentiamoci, che fa parte per vero di una rete più vasta, non è la prima volta che prende una posizione del genere. Proprio un anno fa a Vicenza era stato organizzato un presidio di denuncia cui un pio di mesi dopo era seguita, tra le tante nel Paese, un'altra manifestazione a Venezia.

Come già avvenuto in passato Natoli nella nota diramata oggi allarga lo spettro della discussione chiamando in causa il rapporto tra magistrati e consulenti tecnici nell'ambito dei procedimenti giudiziari: «Tra le tante vicende che seguiamo come associazione a volte ci troviamo di fronte ad accuse di abusi sessuali esternate dai figli contro un genitore e sistematicamente queste accuse, che noi reputiamo naturali confessioni, vengono occultate da esperti chiamati dai giudici per valutare l'assetto familiare e le capacità genitoriali. Alle parole dei bambini, o dei ragazzi, non viene dato alcun valore, nonostante vi siano sentenze della Cassazione sull'ascolto del minore. La testimonianza di questi ragazzi viene screditata grazie all'utilizzo di nozioni anti-scientifiche come quella della cosiddetta alienazione parentale, della amnesia infantile, della suggestionabilità del minore, tra le tante. I magistrati - scrive la presidente - rivestono un ruolo chiave importante. Che si tratti di procedimenti penali o civili hanno il dovere di valutare con rigore le consulenze dei periti, non possono limitarsi ad assorbire in maniera acritica le determinazioni dei tecnici. Soprattutto quando i periti giungono a conclusioni superficiali o peggio ancora errate, con o senza volontà». Detto in altri termini, precisa Natoli ai taccuini di Vicenzatoday.it di fronte alle denunce di abuso occorre dare «più valore al racconto dei figli».

Frattanto sullo sfondo rimane in piedi la vicenda che ha suscitato la reazione di Natoli: ovvero quella del procedimento giudiziario che riguarda un magistrato veneziano rimasto invischiato in una accusa di abuso sessuale sul figlio (i fatti sarebbero accaduti a Vicenza) di cui non si sa ancora molto. Non è ancora chiaro per esempio se l'uomo sia già stato rinviato a giudizio o se l'inchiesta sia alla fase appena appena precedente, ovvero quella della richiesta di rinvio a giudizio da parte del pubblico ministero trentino Maria Colpani: il procedimento è incardinato a Trento perché quella è la procura cui competono le indagini sui magistrati veneti. Il silenzio di queste settimane peraltro non è che la conseguenza del grande riserbo con cui gli uffici giudiziari trentini hanno trattato l'indagine, descritta da più parti come delicatissima.

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