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Un Europeo bello al dente

Italia sul tetto d’Europa, il punto di Alberto Belloni

Non so se il piatto di spaghetti urlato da capitan Bonucci nell’occhio del Ciclope di Wembley fosse al cacio e pepe o all’arrabbiata. Di certo il suo “Ne dovete mangiare ancora di pastasciutta!” basta a fare il pari con i fischi dello sportivissimo popolo albionico all’Inno di Mameli e con il disprezzo ostentato per la medaglia d’argento indossata e subito tolta. Ma si sa, gli inglesi mostrano aplomb solo quando vincono (soprattutto in guerra) mentre in caso di sconfitta appaiono molto meno decoubertiniani. Va bene così.

Hanno scialato il titolo continentale dopo aver rubacchiato la finale e gettato alle ortiche il gol lampo di Shaw che ha annichilito gli azzurri e che avrebbe potuto rendere tutto facile ai padroni di casa. Ma il calcio è strano e si vince col cuore oltre che coi garretti. L’Italietta del primo tempo, passata la bufera, ha presto ritrovato lo spirito della beffa dei MAS a Creta nel 1941, ribaltando l’abbrivio della gara e tenendo saldamente in pugno il gioco per il resto del tempo, supplementari compresi.

Fatti i debiti complimenti per l’eccellente fattura dell’1-0, i tre leoni si sono un po’ alla volta trasformati in innocui gattoni, mentre i ragazzi di Mancini sono riusciti non solo a raddrizzare il risultato, ma quasi a far loro il titolo senza attendere l’over time. Apoteosi per Chiellini & C. e occasionissima persa per gli uomini di Southgate, il quale in campo e nel dopo partita ci ha fatto rimpiangere lo stile da gran signore di Luis Enrique. Un Europeo, tricolore a parte, fatto più di luci che di ombre. Tutte le big hanno deluso. Francia, Spagna, Germania, Olanda, Belgio, Portogallo ecc, accomunate da una specie di “vorrei ma non posso” che testimonia la necessità di ampio rinnovamento del calcio continentale. L’Italia no.

Pur con qualche difetto su cui il Mancio dovrà lavorare in vista del Mondiale dell’anno venturo, la base per un ciclo c’è, eccome. Pochi quelli che io considero rivedibili: Immobile, Di Lorenzo, Toloi, Belotti. Molte le scoperte, almeno ad un certo livello: Chiesa, Spinazzola, Pessina, Palmieri, Locatelli. E naturalmente Gigio Donnarumma, passato da vituperato mercenario al ruolo incontestato di eroe del green britannico.

Tuttavia, uscendo dalle fila azzurre, quali sono stati i giocatori che più mi hanno impressionato in queste settimane di pallone europeo? Il belga De Bruyne, il danese Hojbjerg, il ceco Schick e l’inglese Rice. In senso assoluto, però, quello che più mi ha entusiasmato nelle altre formazioni è stato l’iberico Dani Olmo.

Solo 23 anni, trequartista  ma anche esterno d’attacco sulle due fasce, nato calcisticamente nell’Espanyol ma attualmente di proprietà del Lipsia, che l’ha acquistato dalla Dinamo Zagabria nel 2020 per soli 22 milioni di euro (oggi è valutato 50). Prima di firmare per i tedeschi è stato corteggiato dal Milan ma ora è blindato da un contratto quadriennale. Si tratta di un centrocampista velocissimo, ottimo nel dribbling e nel controllo palla. Mi ha impressionato per la naturale predisposizione a farsi trovare tra le linee, mettendo in crisi la linea mediana degli avversari.

Tornando alle cose di casa nostra, è facilmente immaginabile che il successo della selezione azzurra faccia lievitare l’interesse sui pezzi migliori

Donnarumma è già accasato nel PSG. La Juventus si tiene stretto Chiesa (ma il Bayern lo tenta con un’offerta da 80 milioni di euro e c’è anche il Manchester U.). Dopo l’ottima figura agli Europei, corteggiamento serrato della Vecchia Signora per Locatelli del Sassuolo. Il Diavolo pensa a Barella. L’Inter ipotizza Raspadori. Insomma, azzurri al centro del mercato estivo. Non resta che dedicare un piccolo pensiero alla campagna acquisti del nostro Lane, che ha registrato il primo botto: l’arrivo della punta Davide Diaw dal Monza. Top player doveva essere e top player è stato, dunque, anche perché il ragazzo (il cui tabellino parla da solo) è fortemente motivato a dimenticare a suon di gol la stagione appena chiusa senza troppa gloria in terra brianzola.

Dal punto di vista tecnico il mio voto alla dirigenza è un 9. Scendo a 5, purtroppo, da quello prospettico. Il giocatore è un prestito puro, senza riscatto. Speravo che si potesse aprire con lui la strada della costruzione di un gruppo a medio termine. Al momento non è così. Restano ancora molte cose da fare, ma il tempo è ampiamente sufficiente (attenzione però a non attendere i last minute, nei quali non ho mai creduto). La questione portiere è chiusa col ritorno di Pizzignacco? Mancano tre esterni bassi (due a sinistra per sostituire Beruatto e Barlocco e poi uno a destra per far compagnia a Ierardi).

Dovranno arrivare un centrale di difesa (si è parlato di Terzi, capitano dello Spezia e di lunga militanza in Cadetteria. Ma attenzione, ha quattro anni più di Padella, di cui ci si preoccupava per la carta di identità) e un mediano davanti alla difesa come alternativa a Rigoni. Poi servirà un costruttore di gioco in mezzo al campo. E magari anche un esterno alto d’attacco (mancino, dalla parte di Jack, orfano di Nalini). Mentre dal lato opposto si tratta di capire se ci si affiderà alla coppia Damonte/Vandeputte o se la posizione del belga è in discussione. Già a posto così la prima linea, a mio avviso. Con il duo Meggio/Diaw e alle spalle l’altro duo Lanzafame/Mancini.

Il problema in questo caso sarà la liquidazione del Trio Meravigliao. Gorao è già tornato in riva all’Arno, ma Jallonado rimane in Africa a curarsi il “bao”, mentre Longhigno si allena con i compagni in quota, in attesa che qualche anima pia se lo prenda e porti a casa, magari con l’aiutino del Vicenza.

E ora, esaurita la Coppa Europea, diretta a Roma per arricchire l’armadio della Federazione, attenzione per noi tutta concentrata sulle mosse del Mago Biancorosso. Sembra che il DS abbia qualche nome interessante appuntato sul suo taccuino. Ma ha anche la disponibilità nel borsellino? Stefano Rosso ha promesso di sì. E noi gli crediamo. Anche se per certe cose siamo come San Tommaso…

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