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Domenica, 28 Aprile 2024
Politica Montecchio Maggiore

Proteste: salta il convegno dedicato all'industria bellica

Secondo la Camera di commercio, che ha organizzato l'evento a Villa Cordellina , lo stop è dovuto a motivi organizzativi. Tuttavia il retroscena che nel frattempo ha preso corpo fornisce una lettura ben diversa delle circosatnze: Usb e Unione popolare avevano stigmatizzato l'iniziativa

Il convegno dedicato alle opportunità per le industrie del Nordest nel ramo «difesa» previsto oggi 21 ottobre a Villa Cordellina a Montecchio Maggiore nel Vicentino è saltato. La giustificazione per la cancellazione fornita dalla Camera di commercio di Vicenza, organizzatrice dell'evento è precisa. Si parla infatti di impossibilità a partecipare ai lavori per sopraggiunti impegni da parte del generale Luciano Portolano, ospite principale del simposio che sarebbe dovuto iniziare alle 10 per finire alle 13, nella sua veste di segretario generale della difesa e responsabile della Direzione nazionale degli armamenti in seno al dicastero di via XX Settembre a Roma. Tuttavia la spiegazione fornita dall'ente camerale apre più questioni di quelle che sembra chiudere.

«A DATA DA DEFINIRE»
La cancellazione «a data da definire» dell'evento infatti è giunta dopo che Unione popolare - Up e il sindacato di base Usb Veneto avevano stigmatizzato la natura dell'incontro bollandolo come una sorta di convention dedicata «alla lobby delle armi da guerra» buona solo per spingere un Nordest molto scettico con l'afflato atlantista e anti-russo rispetto alla vicenda della invasione ucraina da parte di Mosca: ne parla Vicenzatoday.it del 19 ottobre. Per rintuzzare le polemiche oggi nel primo pomeriggio la Camera di commercio berica aveva diramato una nota nella quale definiva la protesta annunciata da Up e Usb come tentativo «di strumentalizzare l'iniziativa per scopi politici». Peraltro la Camera di commercio, presieduta dall'imprenditore Giorgio Xoccato, sottolinea come l'incontro fosse «finalizzato a presentare le opportunità di sviluppo per le imprese del territorio nell'ambito della cosiddetta space economy e nell'ambito di alcuni settori ad alto contenuto di tecnologia, come l'informatica, le telecomunicazioni, la ricerca in ambito ingegneristico, la sperimentazione di materiali speciali, la metallurgia e la meccanica di precisione».

PRODUZIONI DUAL USE
Si tratta per vero di ambiti industriali che hanno tutti una valenza «dual use», come sanno gli specialisti del settore: ovvero si tratta di produzioni che possono essere impiegate per ramo civile come in quello militare. E proprio questo aspetto, tra i tanti era stato stigmatizzato in un lungo volantino del 18 ottobre in cui Germano Raniero, segretario veneto di Usb, spiegava le ragioni del sit-in previsto oggi a villa Cordellina. Protesta che poi è stata annullata quando l'evento è stato cancellato dagli organizzatori.

LE BORDATE DI RANIERO
«Le nostre comunità - si legge nella nota del sindacato - stanno vivendo un momento delicatissimo. E la stessa cosa vale per il resto del globo. L'economia, quella capitalista, non è più sostenibile e a fare le spese della sua agonia sono in primis le classi più disagiate. Disastri ambientali, aumento delle disuguaglianze, aumenti del conto energetico dovuto a manovre speculative nonché al calcolo delle bollette su basi assai discutibili, aumento della disoccupazione reale che si manifesta nella carenza di offerta di lavoro buono e stabilizzato, sono tutti segnali, univoci, di un mondo alle corde. Il quale, per ultimo ma non da ultimo, deve fronteggiare alcuni agghiaccianti scenari di guerra a partire da quello ucraino».

In quella nota Raniero spiega i motivi precisi della presa di posizione della sigla di base: «In questo quadro desolante non può passare sotto silenzio l'evento previsto il giorno 21 ottobre a villa Cordellina a Montecchio Maggiore nel Vicentino alle ore 10,oo. Un evento che è in calendario sotto l'egida del Segretariato generale della difesa e Direzione nazionale degli Armamenti. Il quale altro non è che il massimo organismo tecnico-amministrativo della Difesa italiana. L'evento, promosso da Unioncamere del Veneto in una con la Camera di Commercio di Vicenza, vedrà la partecipazione di personalità di spicco a partire dall'assessore alle infrastrutture della Regione Veneto ovvero l'avvocato Elisa De Berti. Ad ogni modo dalla scaletta degli eventi, dal parterre dei relatori, nonché dalla cornice dell'evento stesso, emerge chiaramente come l'appuntamento del 21 ottobre altro non sia che un convegno caro alle lobby delle armi che potranno dialogare così con i referenti delle imprese del territorio che producono armamenti o che realizzano componenti ambivalenti utilizzabili nel ramo civile e in quello militare».

CHIUDERE «UN OCCHIO SUL MALESSERE» DEGLI ITALIANI
Nella sua reprimenda il segretario descrive come conflittuale il rapporto in essere tra spesa militare e spesa sociale: «Che cosa ci fanno nello stesso consesso un generale, responsabile della politica italiana degli armamenti in stretta connessione con gli ambiteti Nato assieme a un noto analista sostenitore dell'aumento delle spese militari? Ci propineranno il dogma per cui l'Italia deve aumentare la spesa militare, magari chiudendo un occhio sul malessere di un Paese che sta facendo i conti con vecchie e nuove povertà? A noi sembra chiaro che questa sarà la solfa che sarà propinata ai veneti e ai vicentini. Prospettare agli industriali del Nordest, i quali pur senza dirlo apertamente sono stati colpiti non poco dalle sezioni alla Russia volute de facto unilateralmente dall'azionista di maggioranza della Nato ossia gi Usa, ha un retrogusto che non ci piace. Anzitutto la cosa sa di lusinga ipocrita, una lusinga pensata da chi alla fin fine sa che anche una classe agiata come quella produttiva alto di gamma è stata colpita non solo dalle sanzioni, ma pure dalla speculazione energetica».

RICONVERSIONE
Ma c'è di più, pur in sordina, secondo l'Usb l'evento in calendario oggi, poi evaporato, costituisce un invito de facto alle imprese del Nordest, almeno a chi «ha le credenziali di accesso giuste», ad entrare nell'ottica «di una vera e propria economia di guerra: anche con l'obiettivo di una riconversione più o meno parziale delle imprese stesse». Del resto «gli ultimi governi non hanno aumentato enormemente i finanziamenti per le spese militari? I quattrini, pubblici o meno che siano, per le assunzioni nella sanità, per aumentare salari e pensioni, per una politica eco-sostenibile non ci sono mai. Per l'economia di guerra invece quei soldi ci sono sempre».

«IL CERCHIO MAGICO»
«Governo e industriali, almeno gli industriali che si candidano a far parte di questo speciale cerchio magico che sarà per pochi non certo per tutti, ci prospettano questo futuro: un futuro di sanguinosi conflitti. Costoro - denuncia Usb - hanno deciso di venircelo a dire nel Vicentino, un territorio chiave per il complesso militare-industriale del Paese anche in ragione della invadente presenza delle truppe Usa nei nostri comprensori».

«MESSAGGIO TRASVERSALE»
Poi una scudisciata che ha fatto molto parlare nei palazzi veneti della politica a partire da palazzo Balbi: «Peraltro a noi risulta abbastanza evidente che una occasione del genere sia utile all'establishment anche per inviare un messaggio trasversale non troppo amichevole a quella parte del mondo produttivo che non vede affatto di buon occhio la china che la politica estera italiana ha preso durante gli ultimi mesi. E questa insofferenza - accusa Raniero - non è riscontrabile solo nella presa di posizione di una sigla sindacale come la nostra. Ci sono cancellerie come quella tedesca e quella francese, che pur di colore politico differente, non guardano con bonomia  alla chiusura verso l'orizzonte euroasiatico che gli Usa stanno di fatto imponendo ad alcuni loro alleati o vassalli che dir si voglia: Italia in primis».

IL «CAZZIATONE» E LA VAMPATA ESTEMPORANEA
Il vespaio sollevato da Usb e Up era giunto alle orecchie dell'inner circle della presidente di Assindustria Vicenza Laura Dalla Vecchia, il quale non aveva gradito che una parte del mondo industriale berico venisse accostato al complesso militare-industriale atlantista messo sulla graticola dal sindacato di base: non tanto perché preoccupata dalle polemiche scatenate a sinistra, quanto perché c'è un pezzo del mondo industriale, silenzioso ma pesante, che sulla guerra e sull'energia la pensa come certi ambienti «della gauche più radicale». E soprattutto la pensa come una parte rilevante del mondo cattolico. Tanto che «la fuga in avanti di Xoccato» le cui ragioni reali ancora non sarebbero state ben comprese a palazzo Bonin Longare (questi i boatos che arrivano da piazza Castello) avrebbero spinto i fedelissimi della Dalla Vecchia a redarguire con un vero e proprio «cazziatone» se no lo stesso Xoccato: sicuramente la dirigenza apicale dell'ente camerale di via Montale, «colpevole di averlo acriticamente assecondato» senza comprendere quanto delicati siano i preparativi di un evento di questa rilevanza e come i medesimi preparativi di una iniziativa del genere non possano essere frutto di una vampata estemporanea».

«PIEGA GROTTESCA»
Ma è la parte più nascosta della vicenda ad aver preso una piega «più grottesca». Quando in questura infatti è giunta la regolare comunicazione con la quale si avvertivano le autorità del presidio voluto da Usb e Unione popolare, pare che, come di prammatica, sia stato avvisato anche l'organizzatore. Al che «apriti cielo», sarebbero partite le telefonate ai piani alti di Questura, prefettura e Viminale affinché fosse proibito il sit-in. Dalla questura e dalla prefettura avrebbero risposto picche, quasi in malo modo, per tre motivi. Uno, per ragioni di natura giuridica: non sussistevano rischi di ordine pubblico anche perché i presìdi organizzati da Usb e Up si svolgono sempre in modo pacifico. Due, per questioni politiche: col governo ancora in via di formazione la eventuale bufera avrebbe investito il Viminale durante il cambio della guardia. Tre la vacatio temporanea al Ministero degli interni avrebbe scaricato de facto le responsabilità di una scelta «inspiegabile» sulla prefettura berica e soprattutto sulla questura berica: lasciandole sole e col cerino in mano. Un rischio che in viale Mazzini e in contrà Gazzolle conoscevano così bene tanto da tenersene alla larga senza nemmeno prendere in esame una condotta diversa.

«POLENTONI E PERACOTTARI»
Ad ogni buon conto quando del sit-in è giunta notizia al Viminale nonché a palazzo Baracchini si sarebbe mossa anche l'intelligence, anzitutto quella militare. Si voleva capire quale sarebbe stato il reale tenore della protesta organizzata dalla sigla di base (perché comunque la materia con una guerra in corso «è delicatissima»). E non solo, l'intelligence avrebbe anche cercato di capire come di preciso sarebbe nata l'iniziativa griffata dalla Camera di commercio berica e da Unioncamere del Veneto. Da quel poco che è trapelato in via XX settembre pare che l'evento in calendario a Montecchio Maggiore non sia stato organizzato seguendo la trafila abituale fatta di condivisione con gli apparati: tanto che quando l'intelligence è entrata a conoscenza di alcuni dettagli l'espressione «polentoni e peracottari» sarebbe riecheggiata più volte nei palazzi del potere romano. Di più non è trapelato, anche se al Viminale, altro caposaldo in cui l'iniziativa montecchiana sarebbe stata passata ai raggi X, «non senza qualche risata», qualche vecchio funzionario, commentando il simposio in programma stamani e poi «fantozzianamente cancellato», se ne sia uscito citando un vecchio adagio dello scrittore Ennio Flaiano: «In Italia tutto è grave ma nulla è serio».

PANZEROTTI NAPOLETANI E SERVIZI SEGRETI AMERICANI
Epperò che la situazione meritasse una certa qual attenzione lo si poteva intuire da quello che in qualche modo può essere considerato il prologo dell'evento abortito nella città dei due castelli. Il 6 ottobre, sempre in provincia di Vicenza a Villa Godi Malinverni a Lugo era andato in scena il gran ballo della intelligence militare americana  organizzato dalla comunità militare Usa di stanza a Vicenza. Il prezzo proposto può considerarsi più o meno popolare vista la cornice, appena 65 dollari come popolari erano gli stuzzichini previsti dall'invito tra cui: olive ascolane, bocconcini di mais e baccalà, olive ascolane, mozzarella in carrozza, pizza e panzarotti napoletani, Asiago Dop.

LA DISFIDA DEL VALDOBBIADENE
E se per il cibo il mix è stato tutto sommato ben guardato dai vicentini alto di gamma che hanno saputo del galà, ben più foriera di problemi è stata la scelta del vino: Valdobbiadene («ossia il fratello riuscito del Prosecco») nel cuore delle colline vicentine e della viticoltura berica. «Sarcasticamente», si è trattato di «una sorta di affronto questo sì capace di provocare l'abbandono da parte dell'Italia, o quanto meno da parte del Vicentino, della Alleanza atlantica. Perché se sull'Ucraina si può transigere, sul vino no». Ma come la pensano sull'intera vicenda la presidente di Confindustria Vicenza e il presidente della Camera di commercio della città palladiana? Chi scrive li ha contattati entrambi per conoscere i rispettivi punti di vista: i due però, almeno per il momento, hanno preferito non rilasciare interviste.

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