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Politica Piovene Rocchette

A31 Nord e Pfas agitano la politica veneta

Dopo la frana che ha colpito il confine tra Trentino e Vicentino piovono le critiche nei confronti di chi vede il prolungamento della Pirubi come soluzione al problema: frattanto due consiglieri regionali fanno la voce grossa chiedendo studi più approfonditi relativi alla tossicità dei derivati del fluoro sugli esseri umani

Se una parte del mondo produttivo e politico vede il completamento della A31 nord da Piovene Rocchette nell'Alto vicentino verso il Trentino, come un antidoto alla ennesima frana che ha colpito proprio la zona di confine tra le due province, non ci siamo proprio: anche le infrastrutture autostradali infatti sono soggette agli stessi se non a maggiori rischi. È questo il succo di una nota diramata ieri 4 aprile dal coordinamento ambientalista «Val d'Astico libera».

Si tratta di una presa di posizione che si inserisce in un dibattito molto effervescente che riguarda il completamento del'autostrada nota come Pirubi nord che dovrebbe trovare sbocco a Rovereto o a Trento sud: ma che da anni è bloccata non solo per le divisioni politiche e per l'opposizione della rete ecologista (che la ritiene troppo cara e troppo impattante sul piano ambientale e sociale), ma pure per una sentenza «tombale» della Cassazione. La quale ha pesantemente censurato l'iter scelto per dare corpo a un progetto che non ha mai avuto seguito.

IRONIA MA NON TROPPO
«Ci si potrebbe ironicamente chiedere se le autostrade siano immuni dalle cadute massi e dalle colate di fango, forse perché espressamente vietate dalle normative e dai capitolati?». E ancora «Ci si potrebbe chiedere come un'autostrada che sbocca a Rovereto, ed il cui unico casello intermedio a servizio di Serrada potrebbe essere poco fattibile a causa della necessità di costruirlo praticamente in galleria, possa essere utile agli abitanti della valle che lavorano sugli altopiani e nella zona dei laghi. Ci si potrebbe chiedere se non fosse invece il caso di intraprendere una seria opera di messa in sicurezza del territorio, come recentemente rimarcato dal presidente della provincia di Vicenza, dato che i recenti eventi e l'intensità delle precipitazioni sembrano andare sempre aumentando, e che i costi per tale operazione sarebbero una frazione rispetto a quelli della A31?». Questi sono per l'appunto i dubbi espressi dal comitato nella nota vergata ieri da Luca Canale.

SCIENZIATI AL LAVORO
Frattanto però a Nordest il fronte ambientale rimane caldo. Non più tardi di due gironi fa sui media (ne parla Veronasera.it) è emersa una vicenda che ha fatto breccia nell'opinione pubblica. Si tratta dello studio condotto da un team di specialisti che ha indagato la incidenza nell'organismo umano (maschile nella fattispecie), nei termini di una maggior frequenza di casi di tumore al testicolo per quegli individui che sono stati esposti ad uno specifico derivato del fluoro: ossia «il temutissimo Pfoa». Questo è il risultato di cui parla per l'appunto la testata scaligera.

Ora questa novità è stata salutata con molta preoccupazione da due consiglieri regionali veneti ossia Anna Maria Bigon e Andrea Zanoni: entrambi del Pd. Il Veneto infatti, a causa dello scandalo Miteni, è considerato uno dei territori più ammorbati d'Europa per quanto riguarda la presenza di Pfas (il Pfoa fa parte di questa famiglia di composti chimici industriali pressoché impossibili da smaltire) nelle matrici ambientali.

BIGON E ZANONI
In una nota diffusa due giorni fa, i consiglieri regionali Bigon e Zanoni (militano tra le fila della opposizione di centrosinistra) commentano giustappunto l'esito di quel lavoro. «I risultati dello studio del gruppo di esperti guidati da Mario Saugo - si legge - che dimostra la correlazione tra esposizione ai Pfoa e tumori testicolari nella zona rossa, presenti in eccesso rispetto alla media regionale, sono l'ulteriore conferma scientifica dei danni provocati dall'inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche: un vero disastro ambientale e per la salute dei cittadini che prosegue e che impone un'azione continua di contenimento e prevenzione». Poi i due concludono con un auspicio: «Occorre in questo senso che si rafforzino gli screening mirati dai testicoli ai reni. E che si realizzino tutte le bonifiche indispensabili, ma ancora non realizzate, a partire dal sito Miteni. Il veronese e gli altri territori della zona rossa subiscono danni alle persone che non si possono più accettare passivamente».

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