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«Per l'omicidio di Dorina il parlamento chieda lumi a Nordio sulla condotta shock della Corte d'appello di Venezia»

Una sentenza di secondo grado riduce da ergastolo a 24 anni la pena per un delitto avvenuto nel Bassanese: e le associazioni che difendono i diritti delle madri insorgono contro i magistrati lagunari

«Non senza sgomento apprendiamo di quanto recentissimamente stabilito dalla Corte d'appello di Venezia. La quale ha ridotto la pena, dall'ergastolo a 24 anni di reclusione, inflitta in primo grado dal tribunale vicentino a Gezim Alla, condannato per avere barbaramente ucciso a martellate a Pove del Grappa nel Bassanese la consorte Dorina Alla nella stessa casa in cui stavano dormendo i figli piccoli. Ora al di là della riduzione della pena, sulla quale la nostra considerazione ha a che fare prima di tutto con la sfera della morale e dell'etica, ancor più grave appare invece la decisione del tribunale di secondo grado di riconsegnare nelle mani del padre femminicida la potestà genitoriale, un tempo conosciuta come patria potestà». È questo l'incipit di una nota diramata ieri da Emanuela Natoli, presidente della associazione «Movimentiamoci», che da anni si batte in difesa delle madri e dei figli bersaglio della violenza domestica. La nota porta pure la firma di Manuela Bruschini nonché di Paola Pieri di «Maternamente», altro gruppo che condivide da tempo la stessa battaglia.

«Sul piano giuridico e politico - scrivono le firmatarie - si tratta di una decisione grave e incomprensibile. Tale scelta infatti permetterà alla persona condannata, anche se con una sentenza non definitiva, di esercitare pressioni indicibili su chi materialmente si occupa di crescere i due orfani: pressioni indicibili che si riverbereranno anche sulla famiglia della donna assassinata, costretta così ad avere a che fare col femminicida fino alla maggiore età dei bambini. A pochi giorni dall'anniversario del femminicidio avvenuto l'anno passato in terra berica di Lidija Miljkovic e di Jenny Gabriela Serrano, ancora una volta la giustizia veneta fa una pessima figura e finisce per tutelare oggettivamente i violenti. Irridendo con disprezzo la Convenzione di Istanbul e i principi giuridici che dovrebbero tutelare le vittime, anche indirette, della violenza domestica una volta che questa è  accertata. Non basta più nemmeno morire, per veder riconosciuta la violenza subita?»

Appresso c'è un altro rilievo: «È auspicabile che i parlamentari veneti, di ogni schieramento, chiedano immediati chiarimenti al Guardasigilli impiegando con decisione ogni strumento a disposizione rispetto all'operato del tribunale veneziano. La cui condotta, come quella italiana complessiva del resto, ci lascia sempre più interdette. Riscontriamo come il furore ideologico della cosiddetta bigenitorialità ad ogni costo, affermato in Italia contro il diritto alla vita ed alla libertà di donne e bambini grazie alla legge numero 54 del 2006, sia più vivo e vegeto che mai. A differenza delle sorelle che ci troviamo a piangere quasi quotidianamente». In questo contesto ai taccuini di Vicenzatoday.it Natoli ribadisce il suo pensiero: «Per l'omicidio di Dorina il parlamento chieda lumi al Guardasigilli, ossia al ministro Carlo Nordio, sulla condotta shock della corte d'appello di Venezia».

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