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Caso Miljkovic Serrano, «l'inchiesta è chiusa»

Ad un anno esatto dal cosiddetto duplice omicidio di Gogna parla Daniele Mondello, che da poco aveva stretto una relazione con una delle due vittime uccise dal killer poi suicida: «Lidija rimarrà per sempre nei nostri cuori». Ma nel frattempo non si sopiscono gli interrogativi sulla evitabilità del fatto di sangue che nel 2022 «sconvolse mezz'Italia». E per il quale fioccarono non poche critiche nei confronti di magistratura e assistenti sociali

Oggi 8 giugno è passato un anno esatto da quando l'altavillese di origini serbo-bosniache Zlatan Vasiljevic freddò le due ex Lidija Miljkovic di quarantadue anni e Jenny Gabriela Serrano di trentasei: scledense di origini serbe la prima e rubanese di origine venezuelana la seconda. La morte della Miljkovic tra l'altro squassò la vita, tra le altre, di Daniele Mondello, l'imprenditore vicentino che da poco aveva cominciato «sotto i migliori auspici» una relazione con 42enne tanto che i due figli della donna, avuti col serbo-bosniaco avevano immediatamente legato col nuovo compagno della madre. Il caso venne ribattezzato omicidio di Gogna dal nome della località della periferia di Vicenza in cui venne uccisa la serba di mezz'età.

«NOI TRE SEMPRE UNITI»
«Io continuo a vivere con i figli di Lidija. Noi continuiamo a vivere in tre, sempre uniti, col supporto delle rispettive famiglie, anche se magari nella comunità non tutti sono perfettamente d'accordo con questa nostra scelta» fa sapere Mondello ai taccuini di Vicenzatoday.it che ricordando la compagna uccisa dice: «rimarrà per sempre nei nostri cuori». All'epoca «del duplice femminicidio» si parlò di un Vasiljevic, morto poche ore dopo suicida in circostanze non ancora del tutto chiarite, che non volle sentire ragioni nel non accettare la fine di una storia travagliata fino a spingersi ad una condotta criminale. Il caso destò moltissimo clamore. E allo stesso tempo venendo accesi i riflettori sul comportamento di quelle autorità che non avrebbero vagliato nel modo dovuto i trascorsi violenti del killer.

LE INDAGINI
«Da quanto ci è dato sapere - rimarca ancora Mondello - la magistratura avrebbe concluso le indagini e archiviato il caso. Insomma secondo alcuni riscontri avuti di recente possiamo dire che l'inchiesta è chiusa». In casi del genere l'indagine viene per l'appunto archiviata per morte del reo. Anche se, almeno sul piano astratto, rimarrebbe aperto il filone relativo al soggetto o ai soggetti che avrebbero procurato la pistola con cui l'uomo fece fuoco sulle vittime e le bombe a mano con cui cercò di crearsi una via di fuga. L'altra ipotesi che all'epoca si materializzò è che le granate rientrassero in un piano criminale diverso che poi non è stato portato a termine.

«In questi mesi io non posso che ringraziare la squadra mobile di Vicenza che oltre aver condotto le indagini, sul piano professionale e umano si è comportata in maniera straordinaria. Ad ogni modo - aggiunge Mondello - è nostra intenzione di chiedere l'intero fascicolo per conoscere più da vicino come si sono svolti i fatti perché di ufficiale al momento non sappiamo alcunché».

LA STILETTATA DI EMANUELA NATOLI
Tuttavia la vicenda continua a suscitare non pochi interrogativi presso l'opinione pubblica e presso i gruppi di volontariato che si occupano di violenza nei confronti delle donne e dei figli. «Com'è possibile che a quell'uomo, che aveva già una condanna alle spalle, sia stato possibile uscire dal carcere visto e considerato quando accadde poi?». È questo il monito lanciato dalla vicentina Emanuela Natoli, presidente della associazione Movimentiamoci. Associazione che un anno fa mise nero su bianco una serie di critiche al vetriolo nei confronti delle istituzioni. Critiche che assieme ad altre furono la premessa per l'avvio di una indagine disciplinare (promossa dall'ex Guardasigilli Marta Cartabia) nei confronti dell'operato della magistratura berica.

«La nostra associazione - fa sapere Natoli - non ha ancora avuto risposte in relazione alle possibili negligenze da attribuire a chi negli anni ebbe il compito di valutare il profilo personale di Zlatan Vasiljevic. E mentre, pur a fronte della tragedia, la memoria di Lidija ha potuto contare sulle iniziative dei suoi cari, iniziative meritorie anche di carattere pubblico, poco o nulla si sa della vicenda di Gabriela. Della cui parabola, che l'ha portata alla morte sempre per mano di Vasiljevic, non si sa pressoché nulla. Non dimentichiamoci che quel caso lo scorso anno scosse mezz'Italia». In questo senso Natoli riprende «un Leitmotiv» che era circolato a margine delle numerose manifestazioni organizzate sotto il tribunale di Vicenza per chiedere chiarezza rispetto ai mille dubbi «che ancora incombono su quel caso».

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