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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Femminicidi a Vicenza: «Presidio sotto il Tribunale»

L'iniziativa è stata annunciata dalla associazione Movimentiamoci mentre la tensione sul caso Vasiljevic schizza alle stelle di pari passo con l'avvio di una ispezione ministeriale che dovrebbe interessare non solo Borgo Berga ma pure la Corte d'appello di Venezia

«Lidija Miljkovic e Gabriela Serrano sono vittime dell'inerzia di Stato?». È questo il quesito contenuto in una missiva che venerdì 17 giugno attorno alle 11,00 sarà consegnata a Borgo Berga al presidente del tribunale di Vicenza Alberto Rizzo dalle attiviste della rete delle madri bersaglio della violenza familiare: rete che sarà coordinata dalla associazione Movimentiamoci, da tempo attiva su questo versante. L'iniziativa, che è stata resa nota oggi 13 giugno poco dopo le 14,00, rientra nel novero delle azioni dimostrative che hanno preso corpo nel Vicentino dopo il duplice femminicidio del giorno 8 giugno.

IL SIT-IN
Nel dare conto della iniziativa del giorno 17 giugno, che sarà un vero e proprio presidio con inizio previsto alle 10,30 che si terrà appunto al tribunale di Vicenza, Emanuela Natoli, la presidente di Movimentiamoci, spara a palle incatenate. E ricalca così il tenore delle critiche distillate pochi giorni fa. Il riferimento è all'approccio che il sistema giudiziario ha nei confronti di casi più o meno simili al duplice omicidio di Vicenza. Un approccio che Movimentiamoci critica da tanto tempo peraltro.

«INGIUSTIZIA PERPETRATA DALLO STATO: PROVE SOTTOSTIMATE»
«Vogliamo dare conto - si legge nella nota - della ingiustizia perpetrata dallo Stato italiano nei procedimenti civili e penali di separazioni giudiziali, di affidamento dei figli minori, di violenza diretta e assistita». Parole che pesano come macigni soprattutto quando Natoli parla di «un sistema istituzionale che sottostima, svilisce, ignora le denunce delle madri oggetto di violenza in ambito familiare» e che per di più sottostima «le prove e le testimonianze relative agli abusi e alla violenza» sui «figli e sulle figlie, anche con il ricorso sistematico da parte dei giudici dei tribunali civili e per i minori allo strumento tecnico della consulenza tecnica d'ufficio per determinare l'esito degli affidamenti dei figli minori, con conseguente frequente ribaltamento delle evidenze emerse nel procedimento penale».

I MINORI E IL «PRELEVAMENTO BRUTALE»
L'ultimo affondo di Natoli riguarda le «violenze dirette ed assistite, i maltrattamenti, gli abusi» che non sarebbero tutelati visto il frequente ricorso «brutale ai prelevamenti coatti di minori, strappati alle loro madri, in assenza di oggettivi e concreti pericoli per la sicurezza dei minori e in contrasto con la volontà espressa dai minori, in spregio dell'articolo 403 del codice civile». Detto in termini più essenziali Movimentiamoci lamenta l'eccessivo uso da parte delle autorità dello strumento dei prelievi coatti per fare in modo che i figli possano essere visti dai padri, anche quando la condotta di questi ultimi è conclamatamente violenta.

IL GUARDASIGILLI
Tuttavia a rendere incandescente la situazione c'è anche una ispezione ministeriale che il Guardasigilli Marta Cartabia ha ordinato dopo il duplice omicidio (della scledense Miljkovic e della rubanese Serrano) seguito dal suicidio del killer Zlatan Vasiljevic: un triplice fatto di sangue che la settimana passata ha scosso non solo Vicentino e Padovano ma tutto il Veneto. Da quanto emerso in via Arenula l'ipotesi di lavoro nell'agenda in mano agli ispettori riguarda due ambiti che hanno a che fare non solo con il tribunale berico ma pure sulla Corte d'appello veneziana.

IL CENTRO ARES SCONFESSA LA SENTENZA D'APPELLO
Il primo riguarda le incongruenze tra l'esito di un percorso di riabilitazione che Vasiljevic avrebbe seguito a Bassano con gli psicoterapeuti del Centro Ares. Stando a quanto reso noto dal procuratore di Vicenza Lino Giorgio Bruno (Vicenzatoday.it ha pubblicato la nota integrale del dirigente della procura) i giudici di secondo grado avrebbero ridotto i mesi di detenzione, motivando lo sconto di pena che per alcuni avrebbe tenuto il killer fuori dal carcere, in relazione all'esito positivo del percorso di riabilitazione seguito da Vasiljevic.

Se si legge però con un minimo di attenzione l'attestato prodotto dalla Ares e vergato dal dottore Mattia Bordignon in data 18 maggio 2020 (che Vicenzatoday.it ha potuto compulsare integralmente) si capisce chiaramente come la stessa Ares semplicemente si sia limitata a certificare che Vasiljevic (residente a Altavilla ma originario della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina) abbia frequentato «venti colloqui» sui «28 colloqui individuali a cadenza settimanale» previsti per la conclusione del ciclo. Ora se la discrepanza materializzatasi nelle motivazioni della sentenza uscita dalla Corte d'Appello a Venezia il 2 febbraio 2021 sia solo un banale incidente di percorso o se invece sia una défaillance per la quale dare abbrivio a un procedimento disciplinare saranno gli ispettori di via Arenula a valutarlo. Se però la condotta della magistratura veneziana dovesse avere un profilo degno di una valutazione sul piano penale (basti pensare al falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale), dovrebbe essere la procura di Trento, competente per i procedimenti in carico ai magistrati veneti, ad intervenire d'impulso.

IL CARTEGGIO E LE ULSS
Il secondo aspetto riguarda invece il programma terapeutico che il Vasiljevic ha seguito presso il centro per la lotta alle dipendenze dell'Ulss 8 di Vicenza, meglio noto come Serd. Dall'incartamento agli atti (0064234/20 - Uoc SERD del 6 luglio 2020 nota firmata dal medico Mario Moretto e controfirmata dal direttore del Serd Vincenzo Balestra) si evince che lo stesso programma sia durato dal 17 maggio 2019 al al 26 giugno 2020. L'esito di quel percorso, si legge, «è da considerarsi... a tutti gli effetti positivo». In quello stesso documento, consegnato brevi manu all'imputato, si scrive nero su bianco che dal 6 marzo 2020 a causa dell'emergenza da Covid-19 sono stati sospesi tutti i test alcolimetrici (che rivelano l'assunzione di alcolici da parte «del soggetto nelle ore precedenti» mentre quelli urinari (utili a capire se il soggetto «ha assunto bevande alcoliche nei giorni precedenti») sono stati ridotti da una frequenza settimanale ad una frequenza quindicinale. Pur a fronte di questo gap il Serd scrive che in relazione alla assunzione di sostanze alcoliche, «tutti i controlli dal 17 maggio 2019 al 26 giugno 2020 hanno avuto esito negativo». Poi un'altra annotazione: «Si precisa altresì che rimanere astinenti per più di un anno... senza l'ausilio di alcuna terapia farmacologica di supporto è un fatto raro». Queste parole, riferita anche dai media, hanno però fatto storcere il naso a chi ad Altavilla di tanto in tanto incontrava l'omicida al bar descrivendolo tutt'altro che sobrio.

LE INCOGNITE
Se la valutazione del Serd sarà vagliata o meno dagli ispettori o se questa sarà oggetto di altre valutazioni non è dato sapere. Come non è dato sapere se qualcuno accenderà i riflettori su come la magistratura veneziana abbia valutato l'operato del Serd. Quello che è certo è che agli atti del sistema sanitario regionale c'è anche un ciclo di incontri con cui una assistente sociale e una psicoterapeuta dell'Ulss 7 Pedemontana avrebbero valutato un percorso di riavvicinamento di Vasiljevic ai figli pur a fronte delle indagini penali o dei processi a suo carico.

SCENARI INVESTIGATIVI
C'è poi un ultimo elemento che riguarda l'intera vicenda giudiziaria, almeno quella nota, a carico del 42enne di Altavilla. Se è vero come si è letto in questo giorni sui media che avrebbe brutaluzzato la Miljkovic oltre ogni misura perché non è stata presa in considerazione nel modo dovuto una accusa per tentato omicidio? C'era spazio per muoversi in questa direzione? Se il camionista di origine serbo-bosniaca fosse stato condannato in riferimento a questo illecito penale sarebbe stato libero o no? Sullo sfondo poi rimane un altro aspetto inquietante. In che modo il camionista è entrato in contatto con il soggetto o con i soggetti che gli avrebbero consegnato l'arma da fuoco e le bombe a mano delle quali i media hanno parlato a più riprese? Queste ultime sono armi da guerra: come se l'è procurate l'uomo? Le forze dell'ordine o eventualmente l'intelligence disponevano di informative riservate che lo collocavano in uno scenario di per sé degno di ben altre attenzioni investigative? Queste domande di solito sono il pane quotidiano per la polizia giudiziaria. E non è da escludere che siano parte integrante dello schema investigativo coordinato dalla procura di Vicenza. La quale sta operando sotto i riflettori mediatici di mezza Italia.

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