Nei cibi bolliti possono aumentare le concentrazioni dei Pfas
È il risultato di uno studio condotto da Cnr e Greenpeace presso una famiglia dell'Ovest vicentino che per anni ha usato in cucina l'acqua del pozzo contaminata dai temibili derivati del fluoro
I cibi cotti in acqua contaminata da Pfas, i temutissimi derivati del fluoro noti nel Vento per essere al centro dello scandalo Miteni, possono diventare a loro volta una fonte di questi pericolosi inquinanti. L'ebollizione insomma non riduce la presenza di queste «sostanze chimiche permanenti», estremamente persistenti nel nostro ambiente e nell'organismo. È quanto ha scoperto un'indagine di laboratorio preliminare condotta da Greenpeace Italia e Cnr-Irsa, secondo cui la presenza di Pfas negli alimenti cotti in acqua contaminata può essere decine di volte superiore rispetto agli alimenti crudi. A dare conto dei dettagli dello studio oggi 8 novembre è il portale della agenzia Help consumatori che dedica all'argomento un approfondimento ad hoc.
In fase di sperimentazione si legge sempre sul portale dell'agenzia, durante i test di riferimento sono state lessati porzioni di pasta, riso, carote, patate e manzo in acqua contaminata da Pfas proveniente dal pozzo di una famiglia di Lonigo nell'Ovest vicentino che, per decenni e fino alla primavera 2023, «ha usato quest'acqua come unica fonte».
I risultati della ricerca, spiega Greenpeace, sebbene condotta su un numero limitato di campioni e impiegando acqua con livelli di contaminazione molto elevati, hanno evidenziato che, «per via dell'evaporazione», la concentrazione di Pfas nell'acqua di cottura aumenta al crescere del tempo di ebollizione: si sfata quindi un luogo comune, questo riporta ancora Help consumatori, secondo cui l'ebollizione ridurrebbe la presenza di inquinanti. Il contenuto di Pfas a catena atomica corta, ad esempio, aumenta invece di diminuire. La presenza di Pfas nei cibi cotti varia poi in base al tipo di alimento: pasta e riso, che assorbono più acqua durante la cottura, mostrano i livelli più elevati di inquinanti, seguiti nell'ordine da patate, carote e manzo. Il Veneto centrale tra Veronese, Vicentino e Padovano è uno dei territori più inquinati al mondo per quanto riguarda proprio i Pfas: il cui inquinamento è in larga parte addebitato alla Miteni, una industria chimica trissinese oggi fallita. Domani fra l'altro a Vicenza è in programma una nuova udienza del processo penale che vede imputati per vari reati, fra cui quelli ambientali, una quindicina di ex manager della Miteni o legati in qualche modo alla società di Trissino oggi fallita. Tra i testi è in calendario anche la presenza della leonicena Michela Piccoli, uno dei volti di spicco della associazione ecologista «Mamme No Pfas».