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Lunedì, 29 Aprile 2024
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Berlato sulla class-action: "Anziché a caccia di streghe, vanno a farfalle"

L'onorevole Sergio Berlato risponde alla class action del Coordinamento protezionista per i rimborsi ai proprietari dei terreni attraversati dai cacciatori: "Sono disinformati, la legge statale dice ben altro"

Sergio Berlato, europarlamentare nonchè segretario provinciale del Pdl, indossa la giacca da cacciatore, ambiente al quale è molto vicino, e risponde alla class action promossa dal Coordinamento protezionisti vicentini, per risarcire gli agricoltori dai danni provocati nei campi.

 "Un famoso adagio, molto conosciuto nelle realtà rurali, riportava la definizione “prendere lucciole per lanterne” oppure “fischi per fiaschi”. E’ proprio il caso di dire che il Coordinamento protezionista vicentino, anziché approfittare della stagione per andare a caccia di tordi come fanno i cacciatori, nel tentativo di fare la caccia alle streghe si trovano a cacciare le farfalleLeggi anche: "Via la Brambilla, troppo animalista"

In una nota diramata nei giorni scorsi a firma di Renzo Rizzi, il Coordinamento protezionista vicentino dichiara di aver attivato un “class action” per indurre i cacciatori a pagare agli agricoltori una fantomatica servitù di passaggio prevista dalla legge. Non vorrei stroncare i facili ed ingiustificati entusiasmi che hanno prematuramente colto gli anticaccia vicentini, ma la legge statale 157/92 prevede ben altra cosa rispetto a quella sostenuta dai disinformati anticaccia. L’art. 23 della legge statale 157/92 prevede la creazione di un fondo alimentato con le tasse di concessione regionale pagate annualmente dai cacciatori (che si vanno a sommare alle altre tasse di concessione governativa pagate sempre dai cacciatori). Questo fondo serve, tra le altre cose a pagare i danni provocati dalla fauna selvatica (sia quella cacciabile che quella non cacciabile) ed i danni provocati nell’esercizio dell’attività non altrimenti risarcibili. Va ricordato che ogni cacciatore è obbligato per legge a stipulare una polizza di assicurazione per i danni causabili a terzi (persone e cose).

Ecco invece cosa prevede l’art. 26 della legge statale 157/92: “(Risarcimento dei danni prodotti dalla fauna selvatica e dall'attività venatoria)
1. Per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili arrecati alla produzione agricola e alle opere approntate sui terreni coltivati e a pascolo della fauna selvatica, in particolare da quella protetta, e dall'attività venatoria, è costituito a cura di ogni regione un fondo destinato alla prevenzione e ai risarcimenti, al quale affluisce anche una percentuale dei proventi di cui all'articolo 23.
2. Le regioni provvedono, con apposite disposizioni, a regolare il funzionamento del fondo di cui al comma 1, prevedendo per la relativa gestione un comitato in cui siano presenti rappresentanti di strutture provinciali delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e rappresentanti delle associazioni venatorie nazionali riconosciute maggiormente rappresentative.
3. Il proprietario o il conduttore del fondo è tenuto a denunciare tempestivamente i danni al comitato di cui al comma 2, che procede entro trenta giorni alle relative verifiche anche mediante sopralluogo e ispezioni e nei centottanta giorni successivi alla liquidazione.
4. Per le domande di prevenzione dei danni, il termine entro cui il procedimento deve concludersi è direttamente disposto con norma regionale.” Se ne deduce che i danni causati dalla fauna selvatica (sia quella cacciabile che quella non cacciabile) e dall’esercizio dell’attività venatoria sono pagati con le tasse di concessione pagate esclusivamente dai cacciatori. Nessun corresponsione economica è prevista a vantaggio dei proprietari dei fondi per inesistenti servitù di passaggio, considerando che il transito sui fondi agrosilvopastiorali è normato dall’art. 842 del Codice. E’ vero che in altri paesi europei non esiste il diritto di passaggio, ma in quei paesi la fauna selvatica non è considerata come Patrimonio indisponibile dello Stato ( come invece avviene in Italia ) ma è considerata come proprietà del proprietario del fondo che ne dispone come ogni altro frutto della sua terra. Tanto per riportare la verità su questa questione, più volte oggetto di miserabili speculazioni.

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