Romina Mondello in Jackie: segreti, malattie, sesso, alcol e morte
Scritto nel 2002, il testo di Elfriede Jelinek mette al centro della sua “indagine” un personaggio controverso come Jacqueline Lee Kennedy Onassis. Una testimone feroce di un’epoca in cui il “sogno americano” di democrazia e pace era governato dal potere di una famiglia che offuscava con sorrisi patinati, abiti e gioielli, una trama fatta di segreti, malattie, sesso, alcol e morte.
mercoledì 16 febbraio 2022 ore 20.45
Sala del Ridotto
ROMINA MONDELLO
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di Elfriede Jelinek
regia di Emilio Russo
Scritto nel 2002, due anni prima di ricevere il Nobel per la letteratura, “Jackie” testo teatrale di Elfriede Jelinek, mette al centro della sua indagine un personaggio controverso e, per molti versi inafferrabile, come Jacqueline Lee Kennedy Onassis, nata Bouvier. Protagonista di una narrazione, testimone a tratti feroce di un’epoca in cui il sogno americano di democrazia e pace “un po’ alla buona” era governato dal potere di una famiglia che offuscava con il bianco splendente di sorrisi patinati, abiti e gioielli, figli biondi e felici, una trama fatta di segreti, malattie, sesso, alcol e droga e morte.
Però i miti, restano miti. E quindi la drammaturga austriaca vede Jackie in un altrove, che non è più la vita, dalla quale si è già congedata, ma nemmeno un aldilà; probabilmente è il paradiso o l’inferno in cui lei continua ad esistere nell’epoca della comunicazione di massa, un’epoca di cui è stata protagonista assoluta. Jackie è morta, e a rivelarlo sono la scenografia dai colori freddi e i manichini, stesi per terra o seduti, che rappresentano i simulacri dei personaggi conosciuti, con cui lei continua a parlare del suo tormento, della sua sofferenza infinita nel ruolo di “principessa da rotocalco”: il monologo adotta la narrazione di un eterno tempo presente. Colpisce l’ossessione dell’autrice e del personaggio sull’immagine dei sedili posteriori della limousine presidenziale nel momento dell’omicidio di Dallas, forse il fotogramma più famoso della storia. Jackie dice che con quello sparo è finito tutto questo, anzi tutto è iniziato da quello sparo; nell’unica didascalia al testo del monologo la Jelinek invita a pensare al famoso tailleur rosa indossato a Dallas. L’altra ossessione è quella dei suoi “troppi” abiti, della “troppa” carne di Marylin, del “troppo” sesso di Kennedy. Il suo racconto è in apparenza privo di morale e di giudizio, quasi leggero, ma in realtà si sente tutto il peso della sua vita, dei suoi morti, dei tradimenti, della sua stanchezza, del suo essere icona per le edicole dei giornali (cosa di cui non si ribella affatto). Sicuramente è una storia, anzi più storie (almeno tre, Jackie, JFK, Marilyn) viste da un’angolazione inaspettata che sicuramente pone allo spettatore molte domande.
Il monologo, un’ora e dieci di profonde emozioni in un climax di grande intensità, rappresenta una prova straordinaria per Romina Mondello, attrice di grazia, forza e spessore e consente al pubblico di confrontarsi con una scrittura contemporanea, come quella della Jelinek, in una messa in scena assolutamente originale per incontrare un personaggio controverso e dalle mille sfaccettature.
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