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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca Tezze sul Brenta

Morto sul lavoro a soli 25 anni, l'appello della famiglia: «Riaprite le indagini»

Andrea Soligo è stato vittima di un incidente avvenuto in una azienda del Vicentino. La Procura berica ha archiviato il caso ma i legali dei familiari chiedono che il caso venga riesaminato

Riaprire l'indagine sulla morte di Andrea Soligo. E' quello che chiedono gli avvocati Fabio Capraro e Marco Bonazza, legali dei familiari del 25enne di Vedelago che, il 5 gennaio del 2022, morì sul lavoro in una azienda di Tezza sul Brenta, in provincia di Vicenza. Come riporta Trevisotoday, a dicembre il pubblico ministero Paolo Fietta aveva chiesto e ottenuto l'archiviazione del caso, che vedeva indagati Luciano Giacomelli, 60enne titolare della ditta per cui il giovane lavorarava come installatore di impianti elettrici (la Veneta Impianti di Riese Pio X) e Benedetto Umberto Selvatico Estense, 52 anni, il titolare della Fen Impianti, con la sede appunto nella località vicentina. 

«Gli elementi raccolti - aveva scritto il pm a dicembre - non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio, posto che non può affermarsi al di là di ogni ragionevole dubbio una responsabilità o corresponsabilità dell’indagato nella determinazione dell’evento». Dal momento che il titolare di Soligo non era stato verbalizzato subito dopo l'evento a causa di un suo "stato di choc emotivo", le indagini Spisal, scrive Fietta «non hanno potuto dissipare i dubbi sull’effettiva dinamica dell’incidente», al punto da non escludere che la vittima abbia compiuto «una manovra imprudente e mortale». Il gip Nicolò Gianesini aveva quindi firmato un decreto di archiviazione, ritenendo che non fosse chiaro come e perché la scala, che non sarebbe stata in regola, sia caduta. Non sapendo se l’operaio abbia continuato a lavorare da solo «per iniziativa autonoma» o se il suo datore di lavoro si sia allontanato mentre Andrea era già sulla scala, le accuse sono cadute. 

La vedova di Soligo, Giorgia Gatto rimasta sola a 25 anni con due figli di 3 e 5 anni da crescere, il papà Gianni, la mamma Paola e il fratello Alessandro, avevano dato mandato agli avvocati di opporsi ma l'udienza non ha sortito gli effetti sperati. Da cui l'istanza per la riapertura del caso, basata sul fatto che, nel corso delle indagini, non sarebbe stato prodotto il piano sicurezza, oltre al fatto che la scala utilizzata non sarebbe stata a norma e che il datore di lavoro si era poi avvalso della facoltà di non rispondere.

Giorgia, la voce rotta dall'emozione, legge la lettera che, saputo della decisione della Procura berica, ha scritto al Presidente della Repubblica Sergio Matarella. «Andrea il 5 gennaio 2022 ci ha salutati per andare a lavorare e non è più tornato da noi - recita la missiva - ora sono qui in preda ad una disperazione lancinante e con le lacrime agli occhi. Scrivo a Lei, che vedo come il padre di tutti noi, quale mia ultima speranza di giustizia. Lo faccio perché lo devo a mio marito e ai nostri bambini. Non conosco il diritto, eppure dai documenti che mi hanno consegnato i miei avvocati ho l’impressione che i giudici non vogliano andare a fondo nella ricerca delle responsabilità».

Quel giorni Andrea Soligo, spirato per il trauma cranico riportato nella caduta, doveva raggiungere il sottotetto dell'azienda, avendo come incarico quello di sistemare alcune lampade. Gli è stata data una scala da un dipendente della ditta Fen Impianti che era all’interno dello stabile. Ha iniziato a manovrare la scala sotto la botola alla presenza del titolare e poi quest’ultimo è uscito dalla stanza per prendere un faro, lasciando  Andrea da solo. Fatti pochissimi passi Giacomelli ha sentito un forte rumore, è tornato indietro e ha trovato il 25enne a terra, immobile in una pozza di sangue e con i piedi ancora incastrati nella scala. 

Giacomelli e Selvatico Estense erano stati indagati in quanto il primo avrebbe dovuto provvedere alla sicurezza del proprio dipendente, mentre era uscito dalla stanza, come aveva dichiarato subito agli ispettori dello Spisal mentre il secondo era finito nell'inchiesta a causa della scala non regolamentare per accedere alla botola. Si trattava, infatti, del terzo elemento di una scala estensibile ed estraibile, messa a disposizione a causa della mancanza della scala regolamentare.

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