La tradizione: vecia al rogo in tutto il Vicentino, tra lamentele e speranze
Sono stati migliaia i vicentini che, nelle piazze o nei campi, hanno celebrato lo storico rito: ressa a Montecchio, Recoaro, Breganze e Cornedo, con lo sfondo dei falò sulle colline, ma anche riflessioni sulla tutela ambientale
"Vecia", "stria", "Befana": ognuno la chiama come preferisce ma in pochi, il 6 gennaio, hanno rinunciato al rito del rogo, nelle piazze o nei campi. Come vuole l'antica tradizione, il fantoccio dalle sembianze stregonesche simboleggia l'anno appena trascorso che viene bruciato assieme a tutte le cose negative avvenute. Una catarsi collettiva che vuole essere di buon auspicio per i mesi a venire.
Migliaia di persone hanno affollato le piazze di Montecchio, Recoaro, Cornedo e in molti altri comuni per assistere al "processo" che si chiude con l'affascinante maxi falò, ma sono moltissimi anche i vicentini che scelgono di celebrare la festa in privato, nei propri campi.
Di tenore diverso "L'Epifania della Terra", che si è svolta a Breganze, organizzata dal Coordinamento Veneto Pedemontana Alternativa, dal Coordinamento Tutela Territorio Breganze e da L'ABC laboratorio civico. Nel corso della celebrazione eucaristica, Don Albino Bizzotto, dei Beati costruttori di Pace, ha usato parole pesanti contro la Pedemontana veneta: "Quale dramma è stato aperto in questa parte del Veneto! Sono sicuro che questa strada non la finiranno, perché essa è un’ingiuria”. Quanto al modello di sviluppo, don Bizzotto si è augurato che si realizzi “un modello di lavoro diffuso, non ad alto reddito, ma nel quale ci sia lavoro per tutti”.