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Cronaca Trissino

Pfas, verso bonifica "mini" per la Miteni

Le parole dell’amministratore delegato della fabbrica al centro dell’affaire Pfas aprono nuovi scenari. Intanto tra mille ritardi la Commissione regionale speciale dovrà re-insediarsi per avere il tempo di redigere la relazione finale

Ma allora coma mai parlando ai suoi collaboratori Nardone sostanzialmente afferma che con gli enti di controllo ci sia stata una sostanziale schiarita? A che cosa e a quali enti si riferisce esattamente?

La procura della repubblica berica è a conoscenza di questa presa di posizione? E come la valuta? Ma soprattutto quanto un eventuale atteggiamento soft degli enti in questione potrebbe alla fin fine risultare provvidenziale per la Miteni a causa della stretta finanziaria che l’ha portata fino all’avvio del concordato che poi altro non è che una anticamera del fallimento? Detto in altre parole un eventuale minore esborso in termini di bonifica può essere un viatico necessario per mantenere in piedi fabbrica e dipendenti?

Oppure anche a fronte di una richiesta di bonifica “light”, che sicuramente farebbe arrabbiare comitati e ambientalisti sul territorio e sulla quale molto ci sarebbe da discutere in termini di legittimità, le maestranze comunque rischierebbero il posto? Magari perché comunque ci sarebbero esuberi? Magari perché l’intera forza lavoro della spa è a rischio?

Il silenzio del sindacato

Da questo punto di vista non è privo di peso il silenzio del sindacato. Non che Cgil, Cisl e Uil in questi mesi si siano tirate indietro sul piano delle iniziative concrete. Però quello che è mancato è stato il concerto con i lavoratori per la messa in campo di iniziative di natura legale, sia in ambito penale, sia in ambito civile.

Questa stasi avrebbe lasciato molto amaro in bocca tra le maestranze le quali in alcuni casi ritengono che molto di più si sarebbe potuto fare in termini di contenzioso, anche lasciando da parte il riconoscimento della malattia professionale che segue una strada propria e che al momento è molto incerto.

Ciò che è certo invece, almeno da questo punto di vista, è che i livelli di Pfas nel sangue dei lavoratori superano di gran lunga quello delle persone più esposte che vivono nei territori che si ritengono contaminati dai derivati del fluoro. Di più, la prova di tale contaminazione dei dipendenti, è arcinoto, è tutta lì: nelle loro vene e nei loro visceri.

I ritardi della Commissione Regionale

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