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Affaire «dossieraggi»? Sbagliato «indagare i giornalisti»

Renato Ellero, già docente di diritto all'Università di Padova, critica severamente la procura perugina che ha aperto un fascicolo anche a carico di alcuni cronisti con l'obiettivo di individuare gli autori di numerosi accessi ad alcuni database riservati dell'amministrazione statale

In queste ore la burrasca che riguarda l'affaire dei cosiddetti «dossieraggi» illegali del quale avrebbe fatto le spese una platea vastissima di personalità di ogni genere, politici in primis, non accenna a placarsi. Anche il Veneto in questa vicenda sta facendo la sua parte. Il motivo?  Tra i soggetti bersaglio di una presunta centrale abusiva operante a Roma ci sarebbero la senatrice, vicentina di Trissino, Erika Stefani della Lega, il consigliere regionale democratico Andrea Zanoni (che risiede a Paese nel Trevigiano), il sindaco veneziano Luigi Brugnaro di Coraggio Italia, nonché Gianni Mion, trevigiano pure lui, già top manager del Gruppo Benetton. «Si tratta di una caso sul quale occorre fare chiarezza in modo adeguato» spiega ai taccuini di Vicenzatoday.it Renato Ellero.

Già docente di diritto all'Università di Padova, vicentino d'adozione ma veneziano di nascita, Ellero (in foto), decano dei penalisti veneti, è stato anche un senatore della Repubblica. «Tuttavia - aggiunge il professore - nutro dei fortissimi dubbi sull'operato della procura perugina allorquando quest'ultima ha deciso di indagare anche alcuni giornalist». Stando alle cronache infatti, e stando a quanto è stato possibile ricostruire sulle primissime, otto giornalisti sarebbero finiti indagati per concorso in accesso abusivo a banche dati e rivelazione di segreto da parte della procura perugina. La quale è stata investita della inchiesta perché tra gli indagati figura anche un magistrato capitolino: per evitare conflitti di interesse quindi è Perugia a indagare sui colleghi del distretto dell'Urbe.

Professor Ellero l'indagine della procura perugina sulla presunta raccolta abusiva di informazioni riservate in danno di politici, imprenditori, sportivi e uomini di spettacolo sta avendo ampia eco sui media. Lei se l'aspettava?
«Sì, l'argomento è scottante. Tuttavia le informazioni trapelate sui quotidiani non sono moltissime. Però già da ora c'è un dato di quella inchiesta che stona».

Quale?
«Io non capisco a che titolo siano stati indagati i giornalisti».

Sarebbe a dire?
«In astratto, non entro nel dettaglio perché non ho nozione diretta sull'accaduto, capisco l'indagine a carico del magistrato o del sottufficiale che eventualmente rivelino informazioni riservate. Ora se però quelle carte finiscono in mano al cronista e quest'ultimo le pubblica, quale diamine di reato si può addebitare al giornalista? Ma stiamo scherzando».

In questo caso che cosa dice la legge?
«Nel diritto penale esiste la nozione di concorso necessario».

Ovvero?
«Facciamo un esempio. Se un uomo si macchia del reato di bigamia, la condotta della seconda donna è necessaria perché si producano gli effetti dell'illecito penale: ma non per questo la donna può essere perseguita. Mi pare ben ovvio».

Perché la responsabilità penale è in capo al solo marito?
«Esattamente. Ecco, facendo ora un parallelismo è quello che è successo nella vicenda del cosiddetto dossieraggio illegale. L'indagine va fatta sui pubblici ufficiali: non certo sui giornalisti».

Non manca chi ritiene che sia necessario indagare proprio il giornalista per conoscere la sua fonte. Da quanto si legge sui media addirittura il ministro della difesa Guido Crosetto di Fdi, una delle parti offese, avrebbe chiesto di risalire alle fonti dei cronisti. Lei che dice al riguardo? Va indagato il giornalista per scoprire la sua fonte?
«Ma stiamo scherzando? La cosa è vietatissima dalla legge. E ci mancherebbe altro. La fonte va tutelata. E va tutelata la professione giornalistica tout-court».

E poi?
«E poi, sul piano strettamente giuridico, come si fa a indagare il cronista quando questo non è proprio perseguibile? Ecco, se io fossi nel procuratore capo di Perugia Raffaele Cantone, presterei molta attenzione al dettato delle leggi penali».

E quindi?
«E quindi mi auguro che la posizione dei giornalisti coinvolti sia immediatamente archiviata perché se si è usato lo stratagemma di co-indagarli per conoscere le loro fonti, ci troveremmo di fronte ad una condotta molto grave».

Più in generale sull'inchiesta che cosa si può dire?
«Al momento gli elementi per tracciare un primo bilancio sono pochi. Ma credo che a breve le novità saranno numerose. Ad ogni buon conto, alla fin fine, fermo restando il fatto che ogni violazione della norma va sempre perseguita, chi  non ha commesso illeciti non ha nulla da temere. Anzi io, quando ero senatore della Repubblica, proprio perché non ho mai avuto scheletri nell'armadio sarei stato soddisfatto: perché avrei avuto una certificazione ulteriore circa la irreprensibilità della mia condotta».
 

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