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Paniz: «la Cassazione» ha sgonfiato l'inchiesta «su Jannacopulos»

Dopo il pronunciamento dei giudici romani che affloscia il castello investigativo sul patron di Rete veneta, accusato di stalking mediatico nei confronti del direttore generale dell'Ulss 7 Bramezza, l'avvocato dell'indagato, intervistato da Vicenzatoday.it rincara la dose. E spiega che, qualora si andrà ugualmente a processo «discuteremo su come e perché siamo arrivati a questa indagine

I servizi «di Rete veneta» dedicati alle condizioni organizzative in cui versa l'ospedale bassanese non sono null'altro che l'esercizio «sacrosanto» del diritto e dovere di cronaca. E non costituiscono né una condotta minacciosa né molesta, né uno stalking mediatico o giornalistico nei confronti del direttore generale dell'Ulss 7 Pedemontana, il trevigiano Carlo Bramezza. Un assunto del genere peraltro è pure già stato confermato durante alcuni passaggi intermedi (Tribunale del Riesame veneziano e Cassazione a  Roma), rispetto ai quali i giudici si sono espressi non nel merito dei capi d'accusa, ma sulla bontà delle misure cautelari nei confronti dell'azionista di riferimento dell'emittente, il rosatese Giovanni Jannacopulos. Ad ogni modo se i giudici vicentini decideranno comunque di dare credito all'impianto accusatorio del pubblico ministero Serena Chimichi, rinviando così a giudizio l'imprenditore, allora nella sede del processo emergeranno una serie di elementi di peso sui quali al momento, anche per ragioni di opportunità, chi assiste il patron del network triveneto con sede a Bassano del Grappa (nella stessa città in cui hanno sede l'ospedale di zona il San Bassiano e l'Ulss 7) non intende soffermarsi. A descrivere così lo scenario del cosiddetto affaire Bramezza è Maurizio Paniz, il decano del foro bellunese che ha assunto le difese dello stesso Jannacopulos. Paniz, uno degli avvocati più noti del Veneto, con un passato di primo piano nel partito di Forza Italia, in una intervista fiume pubblicata oggi 10 luglio su Vicenzatoday.it misura al millimetro le parole. Spiega che la stampa, almeno in parte, nonostante i brani di alcune intercettazioni pubblicati sui quotidiani, non ha approfondito i retroscena «della vicenda»: dando ad intendere che nella manica della stessa difesa gli assi non scarseggino.

L'AUDIO-INTERVISTA
Comunque ai microfoni di Vicenzatoday.it il legale non si sbilancia. Epperò in un quadro del genere non è ancora chiaro quali siano gli addebiti penali in capo al tycoon nordestino dell'etere. Il caso è complesso. Rete veneta peraltro è una emittente che non è mai stata considerata ostile nei confronti di palazzo Balbi, men che meno nei confronti del presidente della giunta regionale veneta il leghista Luca Zaia: da anni considerato per di più molto vicino allo stesso Bramezza. Più che un caso natura giudiziaria il sindacato Cub il 30 ottobre del 2022 definì la querelle «una vera e propria sciarada di potere». I confini della quale però ancora non sono nitidi. Sul piano penale poi rimangono due questioni dirimenti.

QUESTIONI DIRIMENTI
Uno, fino ad oggi la difesa ha avuto gioco facile nel dimostrare che i servizi messi in onda da Rete veneta, seppur caratterizzati da una certa asprezza, mai avevano travalicato la sfera penale. Una tesi accolta prima dal Tribunale del riesame, poi dalla Cassazione allorquando questi ultimi si sono trovati a confermare o respingere la interdizione dell'indagato dalla sua qualifica di dominus de facto della politica editoriale di Rete veneta. Sia in prima che in seconda battuta infatti i magistrati hanno respinto di sana pianta le richieste della pubblica accusa: facendo calare in qualche modo  sull'inchiesta tutta, come scrive pure Il Fatto quotidiano del 17 giugno, una sorta di «pietra tombale».

DOPPIO PASSAGGIO
Due, se Paniz e soprattutto se i giudici del Riesame e della Cassazione ci hanno visto giusto, sarà difficile continuare a coltivare l'azione penale. Il procedimento infatti, ricorda proprio la difesa, dopo la richiesta del rinvio a giudizio formulata dalla dottoressa Carunchio dovrà affrontare un doppio passaggio: quello del giudice delle indagini preliminari, «il Gip» e quello avanti «al Gup» ossia al giudice della udienza preliminare. E tant'è che così stando le cose le parole di Paniz assumono un sapore particolare.

Quando i quotidiani veneti diedero conto di alcune intercettazioni in cui comparivano, pur senza alcuna valenza penale, le interlocuzioni con alcuni nomi di primo piano della politica veneta come il vicentino Giacomo Possamai (oggi sindaco di Vicenza e all'epoca capogruppo regionale veneto del Pd) e Nicola Finco (vicepresidente del Consiglio regionale veneto) apparve chiaro come si trattasse di normale confronto politico ripetto ad una situazione come quella dell'Ulss 7 Pedemontana che da mesi sta affrontando problemi a non finire. Tanto che in quei giorni soprattutto Possamai ebbe gioco facile nel dimostrare che i colloqui avuti con Jannacopulos avessero a che fare con le normali dinamiche che un consigliere deve affrontare quando si presentano problemi sul territorio. Di contro non passarono inosservati i silenzi del governatore Zaia nonché della plenipotenziaria per il bassanese di Fdi: ossia l'assessore regionale alla formazione Donazzan. Che a Jannacopulos è tutt'altro che sconosciuta.
 
LO SCENARIO
E così a fronte di un pronunciamento tanto clamoroso da parte del Riesame e della Cassazione non è chiaro come mai l'ufficio del pubblico ministero in una con «la Guardia di finanza di Bassano del Grappa» che lo ha supportato sul campo, abbia comunque deciso di dare alle indagini una piega tanto decisa. Se si tratti di una scelta ben sostanziata o di un azzardo gravido di conseguenze tutte da decifrare lo dirà chiaramente il prosieguo del procedimento.

ASCOLTA L'INTERVISTA A MAURIZIO PANIZ

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