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La resistenza partigiana nel vicentino: donne e uomini coraggiosi

Cosa successe nella nostra provincia dal 8 settembre 1943 al 25 aprile 1945

In seguito allo sbarco alleato in Sicilia, il 25 luglio 1943 il Gran Consiglio del Fascismo sfiduciò nelle sue funzioni di capo del governo Mussolini che venne fatto arrestare da Vittorio Emanuele III. Il re nominò capo di governo, il generale Pietro Badoglio, che, con un proclama, l’8 settembre 1943, rese noto al Paese che l’Italia aveva stipulato alcuni giorni prima l’armistizio con gli Alleati. 
Il nostro esercito, rimasto senza ordini dallo Stato Maggiore, venne in gran parte catturato dai tedeschi e internato nei campi di concentramento in Germania, ma coloro che riuscirono a scappare si rifugiarono sulle colline e sulle montagne rifiutandosi di partecipare ancora ad una guerra insensata. A loro si unirono i vecchi antifascisti fuggiti dalle carceri, socialisti e comunisti, i cattolici del partito popolare e moltissimi giovani, i renitenti che si rifiutarono di rispondere ai bandi di chiamata alle armi della Repubblica Sociale italiana (Rsi), sorta, per esclusivo volere germanico, una decina di giorni dopo la liberazione di Mussolini dalla prigione sul Gran Sasso. 

La resistenza partigiana nel vicentino

Nell’inverno tra il 1943 e il 1944 si formarono i primi gruppi armati che trovarono rifugio nelle contrade sparse sulle colline e sulle montagne del Vicentino. Sulle alture sovrastanti Schio, sul Tretto e sul Novegno, sui dorsali delle valli dell’Agno e del Chiampo, le formazioni garibaldine, d’ispirazione comunista, confluirono nella brigata “Ateo Garemi”, sotto il comando di Nello Boscagli, con Lino Marega ed Elio Busetto. 
I nuclei partigiani della zona di Thiene e dell’altopiano di Asiago nella primavera 1944 diedero vita al battaglione Sette Comuni, al battaglione Mazzini e ad altre unità minori, al comando di Giacomo Chilesotti, con Giovanni Carli e Francesco Zaltron.
Sul massiccio del Grappa, invece, trovarono rifugio giovani e uomini di ogni colore politico, nelle brigate Italia Libera Archeson (magg. Pierotti) e Campocroce (Lodovico Todesco), Matteotti (Livio Morello) e Gramsci (Paride Brunetti).
In città e nei paesi del circondario operavano le squadre di sabotatori partigiani: le Sap e i Gap successivamente inquadrati nella brigata “Argiuna” della divisione “Vicenza”, comandati e addestrati da Nino Bressan, Gino Cerchio e Carlo Segato, che compirono atti di sabotaggio alla stazione ferroviaria, al distretto militare, all’aeroporto, alle linee di comunicazione, alle caserme, ai depositi nemici. 
Una delle azioni partigiane più clamorose e importanti compiute nel territorio vicentino fu il disarmo del Sottosegretariato di Stato alla Marina repubblicana, trasferitosi dopo l’8 settembre da Roma a Montecchio Maggiore. L’azione fu organizzata e messa in atto dalla brigata garibaldina “Stella”, guidata da Luigi Pierobon (Dante) nella notte tra il 23 e il 24 luglio 1944: in modo rapido e silenzioso un gruppo di circa 25 partigiani penetrarono nei dormitori di truppa e ufficiali e li disarmarono senza spargere sangue. Furono asportati fucili, mitra e casse di munizioni e di bombe a mano, ma pure titoli di Stato, buoni del Tesoro e denaro per un ammontare di diciotto milioni di lire che finirono a finanziare la Resistenza.
Nelle formazioni partigiane operavano anche un numero imprecisato di donne, tanto che, finita la guerra, venne creato un battaglione femminile vero e proprio che prese il nome di Amelia, dal nome di battaglia di Cornelia Lovato caduta negli ultimi giorni del conflitto. Se la nomina fu sulla carta, essa però rispecchiava una realtà di fatto, dal momento che moltissime ragazze, quasi un centinaio avevano aderito alla Resistenza nella valle dell’Agno. Comandante fu nominata Flora Cocco e commissario politico Wilna Marchi.
Nell’estate del 1944 ad una crescita esponenziale delle bande partigiane, aumentate dalla convinzione diffusa che la fine del conflitto fosse vicina, corrispose una feroce repressione delle truppe di occupazione tedesche coadiuvate da reparti inquadrati nella Rsi. In particolare, drammatica fu l’“Operazione Piave” condotta contro le brigate partigiane del Grappa, che tra il 20 e il 29 settembre 1944, si concluse con un massacro di circa 300 tra civili e partigiani, impiccati o fucilati. Un numero difficile da accertare perché ancora oggi, dopo 77 anni, ci sono nomi senza corpo e corpi senza nome.
La repressione si abbatté sul movimento partigiano non solo con l’eliminazione fisica dei combattenti, ma anche con l’incendio di interi paesi per colpire la collaborazione data dalla popolazione ai partigiani e con l’uso sistematico e terroristico della tortura (utilizzata con i sistemi più diversi: mani, scarponi, bastoni, nerbo di bue, nastro cinese, fiammiferi e sigari accesi, corrente elettrica, violenze e umiliazioni sessuali) poiché attraverso l’annientamento dei singoli si voleva attaccare i valori collettivi della Resistenza. Nei confronti delle donne, nello specifico, veniva impiegata diffusamente l’arma dello stupro dal momento che l’onore della nazione, come quello della comunità di appartenenza, passava simbolicamente attraverso il corpo delle donne, tracciando i confini di una proprietà, di un territorio, di uno spazio.
Nonostante il prezzo altissimo pagato in termini di dolore e sofferenza, nell’aprile 1945, i reparti partigiani, con l’insurrezione generale nelle proprie zone, combatterono a fianco a fianco delle Forze militari alleate che, a Vicenza, entrarono in città il 28 aprile 1945. 
La guerra ebbe termine con la resa delle forze armate tedesche, entrata in vigore il 2 maggio successivo, alle ore 14.

Vicenza - Medaglia d'oro al valor militare

«Già insignita della massima onorificenza al valore militare per la strenua difesa opposta agli austriaci nel maggio-giugno 1848, la città non smentì mai, nel corso di due guerre mondiali, le sue elevate virtù patriottiche, militari e civili. Nel periodo della lotta di liberazione occupate dalle truppe tedesche, costituì subito, fra le sue mura, il comitato di resistenza della Regione Veneta che irradiò poi, in tutta la Provincia ed oltre, quella trama di intese e di cospirazioni che furono necessarie premesse di successive e brillanti operazioni militari. Le sue case, i suoi colli, le sue valli servirono allora da rifugio ai suoi figli migliori che, da uomini liberi, operarono per la riscossa e che, braccati e decimati da feroci rappresaglie,sempre tornarono ad aggredire il nemico, arrecando ingenti danni alle sue essenziali vie di comunicazioni ed alla sua organizzazione,logistica e di comando. I primi nuclei partigiani e dei G.A.P., operanti in città, e, in seguito, le numerose Brigate delle Divisioni "Vicenza", "Gerami" e "Ortigara", gareggiando in audacia e valore, pagando un largo tributo di sangue alla causa delle Liberazione, mentre gran parte della popolazione subiva minacce, deportazione, torture e morte e centinaia di altri suoi cittadini in divisa combattevano all'estero, per la liberazione di altri paesi d'Europa. Benché devastata dai bombardamenti aerei, che causarono altre 500 vittime e che d'altrettante straziarono le carni, mutilata nei suoi insigni monumenti, offesa nei suoi sentimenti più nobili, la città mai si arrese al terrore tedesco, ma tenne sempre alta la fiaccola della fede nel destino di una Patria finalmente redenta.» — Vicenza - (10 settembre 1943 - 28 aprile 1945)

La storica Sonia Residori ha scritto questo resoconto sulla resistenza per Vicenza Today. Sonia Residori, dottore di ricerca in Storia economica presso l’Università degli Studi di Verona, è una studiosa di storia sociale, di demografia storica e di storia della criminalità; da anni si occupa di storia delle donne e di tematiche legate alle vicende della seconda guerra mondiale. Tra le sue pubblicazioni: Donne in guerra. La quotidianità femminile nel Polesine del secondo conflitto mondialeE all’alba venne il gelo. La deportazione di quattro fratelli nei lager nazistiIl coraggio dell’altruismo. Spettatori e atrocità collettive nel Vicentino 1943-’45Il Guerriero giusto e l’Anima bella. L’identità femminile nella Resistenza Vicentina (1943-’45)Nessuno è rimasto ozioso. La prigionia in Italia durante la Grande GuerraIl massacro del Grappa. Vittime e carnefici del rastrellamento (20-27 settembre); Una legione in armi. La Tagliamento tra onore, fedeltà e sangueL’ultima valle. La Resistenza in Val d’Astico e il massacro di Pedescala e Settecà (30 aprile-2 maggio 1945)Partigiani del Grappa. Il rastrellamento nazifascista del settembre 1944.  Sovversive, ribelli e partigiane Le donne vicentine tra fascismo e Resistenza (1922-1945).

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