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Cronaca Zermeghedo

Caso Demetra, odori al biodigestore? "Norme rispettate"

Dopo la denuncia di una famiglia di Zermeghedo, arriva la replica dell’azienda

Dopo le lamentele della famiglia Cecchin è Giuseppe Necco, amministratore unico della società che lo gestisce, la Demetra energy srl, a respingere fieramente le accuse al mittente. «La nostra ditta - sottolinea il manager - rispetta rigorosamente le norme, gli odorigeni sono ben al di sotto dei livelli più stringenti attualmente codificati, che sono quelli dell’Emilia. E per questo non capisco quali siano le vere finalità dell’ingegnere Gianfranco Cecchin che ci attacca senza alcun motivo» puntualizza ancora lo stesso manager.

IL PREAMBOLO

Quest’ultimo in prima battuta fa una precisazione: «Vorrei fosse chiaro che l’iniziativa che ha portato alla realizzazione di quell’impianto è stata pubblica. Il Comune di Zermeghedo è stato il capofila nell’operazione giacché possedeva un 30% delle quote della compagine azionaria iniziale, una quindicina di soggetti tra i quali c’erano imprese di primaria importanza come Acegas. Pubblico è stato il bando col quale si invitavano le imprese che lo desiderassero a partecipare; sotto la supervisione municipale è stato l’iter urbanistico-edilizio alla base del progetto, al quale hanno partecpato anche enti come Arpav ed Ulss per le competenze di specie».

Appresso un’altra precisazione: «Non si può sottacere che il babbo dell’ingegnere Cecchin per cedere il terreno sul quale è stata realizzata parte dell’impianto ha incassato due milioni di euro. Ragion per cui la famiglia ben sapeva quale fosse la destinazione ultima di quell’appezzamento che è stato pagato così tanto proprio in virtù del fatto che l’area da agricola è divenuta a vocazione industriale».

E ancora: «La famiglia Cecchin, in qualità di confinante, per legge è stata invitata a tutte alle conferenze di servizio intavolate dal comune e dagli altri enti preposti per le verifiche del caso, durante le quali, peraltro, non è emerso alcunché. Ragion per cui debbo arguire che l’ingegnere Cecchin si ostini in questa battaglia per una qualche forma di ossessione. Mi risulta che all’Arpav non ne possano più delle sue segnalazioni, visto che in passato le sue attenzioni si sono rivolte anche alla vicina fonderia e alla vicina conceria. Poi - rimarca ancora Necco - è arrivato l’impianto a biogas e quel signore ha cominciato con noi. Non ho parole. È un comportamento che si commenta da sé».

LA PRESENZA DELLE STALLE

In realtà Necco entra più nello specifico e spiega che nei paraggi, ovvero ad appena un kilometro dal centro del paese si trovano «ben quattro stalle che in termini di odori presentano emissioni ben più pungenti». Poi Necco, che come la sua controparte ha una formazione tecnica giacché pure lui è ingegnere aggiunge: «Vorrei ricordare a tutti che la materia prima che noi  utilizziamo, dalla cui fermentazione otteniamo il gas che poi alimenta il generatore che a sua volta produce energia elettrica, altro non è che insilato di mais». Si tratta delle piante del noto cereale che una volta compattate, digerite e fermentate in appositi vani di fermentazione, il termine più appropriato è digestate, «vengono da noi gratuitamente cedute come liquame, ovvero fertilizzante, di alta qualità a bassissimo impatto ambientale perché a differenza delle deiezioni delle mucche è povero di nitrati che generano gli odori tipici del letamaio zootecnico».

LE LAMENTELE DEI VICINI

Ed è proprio in questo senso che Necco definisce «come prive di fondamento le lamentele dei vicini» anche in ragione del fatto che «al mese di agosto i depositi sono soggetti alle operazioni di carico, la materia prima è fresca e quindi eventuali processi che generano cattivi odori sono fuori discussione. Se a ciò si aggiunge che la nostra ditta spende ben 16.000 euro l’anno per l’acquisto di fermenti lattici al fine di arginare ancor più il processo di fermentazione fuori dall’impianto, visto che è al suo interno che è utile e profittevole, non si capisce il perché di tanta acrimonia».

L’altra critica mossa da Cecchin (ne parla diffusamente Vicenzatoday.it del 9 agosto) riguarda la copertura dei depositi dell’insilato. Sebbene questa sia prevista da una ordinanza del comune, secondo il confinante, il privato non ottempererebbe al meglio a questa prescrizione. Anche in questo caso, secondo il manager, si tratta di un rilievo scorretto e stucchevole «perché i depositi sono ben coperti con l’unica eccezione, prevista dalla disciplina comunale, di lasciare scoperta la parte in cui le benne dei trattori gioco forza devono raccogliere il materiale. Per scrupolo - aggiunge ancora Necco - abbiamo suddiviso il cielo dei depositi in due parti in modo che una sempre sia coperta, mentre rimanga libera solo una parte della metà in quel momento interessata dal fronte di carico dei trattori».

IL RAPPORTO CON GLI ENTI PUBBLICI

Per quanto concerne poi il rapporto con gli enti pubblici l’amministratore unico lo definisce molto stretto. «Forniamo puntualmente tutte le precisazioni che ci vengono richieste. Quando i consulenti dei Cecchin hanno messo nero su bianco le loro perplessità abbiamo collaborato con la magistratura che ha aveva avuto alcuni dubbi circa un aspetto marginale relativo alla comunicazione ad Arpav dei dati di alcuni gas prodotti che sono comunque ben al di sotto delle soglie di legge. Quell’inchiesta, che non vedeva indagate persone fisiche ma solo la società quale persona giuridica, come era naturale che fosse, è stata archiviata tra il 2016 e il 2017».

E sempre nel 2016, racconta l’amministratore unico, «abbiamo avuto un problema poiché a causa della scarsa pulizia di un fosso da parte di alcuni nostri confinanti, che non sono i Cecchin per inciso, la pioggia improvvisa dopo aver allagato il loro campo è defluita sulla nostra proprietà facendo poi finire una piccola frazione del materiale lì presente in una roggia vicina. In quel caso l’Arpav ha fatto i suoi rilievi e il tutto si è concluso con una raccomandazione da parte del Comune di Zermeghedo ai nostri vicini a tenere pulita la sponda di loro pertinenza».

LA QUESTIONE DEGLI INCENTIVI

Necco però ci tiene ad intervenire anche sul tema delle accuse che di frequente investono il mondo degli incentivi alle energie rinnovabili o a quelle cosiddette affini. Tra coloro che in passato hanno espresso giudizi assai poco lusinghieri verso gli incentivi c’è uno dei più stimati giornalisti economici del Paese, ovvero l’ex vicedirettore del Corsera Massimo Mucchetti, che durante la passata legislatura era peraltro stato eletto senatore indipendente nella fila del Pd.

«È scorretto affermare tali incentivi droghino il mercato - puntualizza Necco - visto che un po’ alla volta dobbiamo governare il passaggio ad una economia che faccia sempre meno affidamento sulle fonti fossili. Mi pare chiaro che queste critiche provengano dalle lobby del petrolio che hanno interessi cospicui da difendere». Appresso poi il manager fa una precisazione alle critiche di Cecchin il quale si domandava che senso avesse che l’approvvigionamento della materia prima dell’impianto di Zermeghedo arrivasse dal comprensorio di Legnago.

«Smentisco categoricamente questa illazione – precisa il manager - giacché la nostra materia prima da tempo per oltre il 50% arriva da Zermeghedo e dai comuni contermini. È vero che nei primi anni di vita della nostra azienda qualche bega tra i vecchi soci non ci ha fatto guadagnare immediatamente la simpatia dei produttori di mais più prossimi al nostro impianto. Ora però che i soci sono solo tre la situazione è ben cambiata e il rapporto con le aziende agricole del posto è assai buono. Tanto per dirne una quando dobbiamo dismettere il digestato, gli operatori agricoli che rimangono senza ci salutano con un po’ d’amaro in bocca, proprio perché non ce n’é per tutti. A loro quel digestato fa gola in ragione della qualità di un prodotto che può immediatamente essere utilizzato come fertilizzante e che non deve soggiacere ai limiti di spargimento in termini di rapporto tra peso e superficie cui debbono sottostare, per esempio, i prodotti di origine animale».

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