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L'intervista

Zaia: «Sanità forte nonostante i pochi medici. Influenza, stiamo per scollinare»

Nel 2023 sono cresciuti ricoveri, interventi e prestazioni. Intervista al presidente del Veneto: «Dati incontrovertibili, abbiamo una sanità all'avanguardia»

In un momento storico difficile per la sanità di tutta Italia, il Veneto riesce comunque a realizzare risultati significativi: i dati pubblicati dalla Regione, relativi all'attività del 2023, mostrano che le prestazioni sono aumentate praticamente in tutti i campi, dall'attività operatoria, a quella ambulatoriale, a quella dei pronto soccorso. Per fare di meglio, e rispondere in modo più efficace alle necessità dei cittadini, c'è bisogno di forza lavoro: «Sul mercato mancano medici, vale per tutti. Se li avessimo, potremmo performare ancora di più», spiega il governatore Luca Zaia commentando il report.

Cosa dicono i dati?

Nonostante le ristrettezze di personale medico, la sanità veneta chiude il bilancio 2023 con un +4% di prestazioni. Abbiamo assunto 4mila persone e gestito quasi 1 milione di chiamate al Suem, quasi 2 milioni di accessi al pronto soccorso, erogato 80 milioni di prestazioni sanitarie. Sono dati incontrovertibili: siamo i primi per trapianti d'organi (cuore, polmoni, fegato e reni) e gli screening funzionano, basti pensare che il tumore alla mammella al seno ha il 95% dei casi con soluzione positiva, il dato più alto in Italia; abbiamo un parco macchine per la diagnostica all'avanguardia, l'età media dei mammografi è di due anni e mezzo. La strumentazione per tac e risonanze è tra le più innovative a livello internazionale, e a questo si aggiungono gli investimenti per gli ospedali: il nuovo policlinico universitario e la pediatria di Padova, il nuovo ospedale di Treviso, quello di Arzignano-Montecchio. Le nuove tecnologie, l'intelligenza artificiale e la telemedicina, associate alla competenza dei professionisti, ci permettono progressivamente di curare meglio.

Il problema è la carenza di medici.

In tutta Italia, a causa della programmazione sbagliata nella formazione, ci sono 50mila medici in meno rispetto a quelli che servirebbero: di questi, 3500 in Veneto. Quest'anno abbiamo fatto 131 concorsi e siamo riusciti a coprire solo un terzo dei posti. Se avessimo i medici mancanti - che, ricordo, non ci sono sul mercato per nessuno - potremmo performare di più. Aspettiamo a braccia aperte i nuovi professionisti che si formeranno. Il futuro ci farà ancora penare sul fronte delle liste di attesa, perché oltre alla mancanza di medici abbiamo ereditato 500mila prestazioni inevase dal Covid, quando gli ospedali sono stati chiusi per mesi. Penso che arriveremo per l'estate al giro di boa.

I numeri del 2023 nella sanità veneta

Cita spesso, tra le cause, il numero chiuso nelle università.

Il numero chiuso nelle facoltà di medicina ha rovinato tutto. Già anni fa dichiaravo che ci saremmo ritrovati senza medici, perché i dati erano chiari. E questo soprattutto a scapito delle zone periferiche, perché è più probabile che i medici scelgano di lavorare in una città capoluogo. Io penso che sia fondamentale dare a tutti l'opportunità di iscriversi all'università, poi la naturale selezione permette di garantire il percorso ai più bravi. La futura star della chirurgia non la puoi selezionare a 18 anni con un test: la devi portare in sala operatoria. Così, invece, è come far vedere il parco giochi dal di fuori.

A questo proposito ci sono novità a livello nazionale?

Ci sono delle aperture, si sono ampliate le maglie e quindi ci sono più spazi per gli iscritti. Quando studiavo io veterinaria funzionava così: il primo anno non c'erano neanche sedie per tutti, al terzo-quarto anno le aule erano semivuote. Nel corso di studi la selezione la facevi sul campo. Ma tutti devono averne l'opportunità. Si dice che Einstein non fosse uno studente modello, ma se fosse stato buttato fuori dalla scuola con i test non sarebbe mai stato Einstein.

L'epidemia di influenza mette in difficoltà la sanità?

Prevediamo di raggiungere il picco nel giro di una settimana, poi dovremmo scollinare. Non siamo nelle condizioni di altre Regioni, che non riescono a fare interventi chirurgici se non quelli urgenti. Abbiamo i malati ma andiamo avanti regolarmente con la nostra tabella di marcia. Abbiamo ancora posti nelle terapie intensive, qualora servissero per casi di deficit respiratori importanti. In questo momento non ipotizziamo di chiudere gli ospedali o rivedere i servizi.

Resta l'invito a vaccinarsi per le categorie a rischio.

Il Covid ci ha insegnato che bisogna avere un approccio rispettoso delle idee di tutti. Posso dire che c'è l'opportunità di vaccinarsi, che la vaccinazione è libera ma non obbligatoria e che i cittadini, soprattutto quelli fragili, possono valutarla assieme ai loro medici di base. Dopodiché, ognuno è responsabile del proprio futuro.

C'è sempre più bisogno di strutture per anziani. Che contributo può dare la Regione?

In questo momento abbiamo 30mila ospiti distribuiti in 300 strutture. Le strutture per anziani, però, non sono regionali: la partita dell'anziano ci sta a cuore, ma deve essere definita a livello nazionale come strategica per tutto il paese. In generale, tutto il sociale dovrebbe diventare sempre più strategico, perché se da un lato ci sono gli anziani dall'altro ci sono anche giovani non autosufficienti, la disabilità, eccetera. Abbiamo criticato tanto il reddito di cittadinanza perché la persona sana prendeva 800 euro al mese e il disabile 200. Adesso dobbiamo pensare a tutto questo mondo del sociale.

I finanziamenti del Pnrr nel capitolo sanità saranno utili?

Le risorse ci sono, sicuramente di risultati ne vedremo.

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