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Morte Davide Rebellin, la moglie sull'investitore: "Deve essere condannato per l'orrore commesso"

Françoise Marie, coniuge del campione vicentino commenta gli ultimi sviluppi dell’inchiesta a carico del camionista tedesco e sulla sua imminente estradizione

Il cammino giudiziario sarà ancora lungo ma l'importante è che la persona che ha ucciso mio marito, restando a guardare subito dopo la tragedia senza chiamare i soccorsi, fuggendo e non avendo mai espresso una sola parola di scuse e rimorso, venga arrestata e giudicata per quello che ha fatto”. Così Françoise Marie, la moglie di Davide Rebellin, commenta la notizia della prossima estradizione (“consegna” in ambito europeo) in Italia del camionista, il tedesco Wolfgang Rieke, che ha travolto e ucciso il compianto campione di ciclismo, nonché i risultati dell’inchiesta condotta dalla Procura di Vicenza e la sconcertante condotta tenuta nell’immediatezza dall’imputato, perfettamente conscio di aver schiacciato una persona con il suo mezzo pesante, ma praticamente “impassibile”.

“È giusto che sia messo di fronte alle sue azioni: un drammatico incidente può capitare, ma la sua reazione, terribilmente vile e senza rimpianti, non è quella di un uomo”, prosegue la moglie di Rebellin, assistita anch’essa, come gli altri familiari della vittima, attraverso il consulente Alessio Rossato, da Studio3A-Valore S.p.A., e dall’avvocato Davide Picco, del foro di Vicenza.

“Per me è importante anche che l'inchiesta sia riuscita a dimostrare che la responsabilità dell'incidente è al cento per cento del camionista, che aveva perfetta visibilità per poter scorgere Davide, il quale percorreva la strada in totale sicurezza per se stesso e senza recare disturbo a nessuno - sottolinea poi la donna - Ho letto tante cose che hanno acuito il mio dolore, come se fosse stato Davide ad andare addosso al camion, pedalando senza rispettare gli altri utenti della strada, laddove invece mio marito era una persona particolarmente e profondamente rispettosa di tutti, anche sulla strada: per lui era molto importante non intralciare mai nessuno, restare sulla destra, fermarsi al semaforo rosso, mettere il casco. E se una persona pedalava per un po’ assieme a lui e procedeva troppo a sinistra, gli diceva subito di stare attento, di tenere la destra, di mettersi davanti o dietro a lui, preoccupato per la sua sicurezza e per il rispetto degli automobilisti. In trent’anni d’intensi allenamenti su strada, pedalando per ore e ore ogni giorno, non aveva mai avuto incidenti, a riprova di quanto fosse attento, sempre “al suo posto” e prudente”.

“Davide – conclude la signora Rebellin - aveva molti nuovi progetti, anche come coppia ne avevamo di bellissimi da realizzare, ora che la sua carriera di ciclista professionista era appena giunta al termine, e la cosa ci rendeva particolarmente felici: finalmente avevamo più tempo per noi stessi, per seguire i giovani, organizzare stage, partecipare alle gare di “Gravel bike” che tanto amava. Quest'uomo che ha spezzato tutti questi progetti, che ha schiacciato senza rimorsi o rimpianti una persona così pura, così dolce, così amorevole, così rispettosa, così gentile, deve pagare per quello che ha fatto, per la sua reazione disumana: come se Davide non avesse valore. Deve essere giudicato e condannato per l'orrore che ha commesso e che continua a togliermi il fiato. Una vita senza mio marito non l'avrei mai immaginata così, tanto eravamo in simbiosi, molto uniti, innamorati, e sarà per sempre così”.

Con un ringraziamento finale “a tutte le persone che si prendono cura dell'avanzamento della giustizia, nel rispetto di Davide, e gli danno la dignità che merita: dignità e pace. Mio marito era un uomo di valori e di pace”.

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