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Politica Arzignano

Pfas e concia, è ancora burrasca

A palazzo Ferro Fini e a livello locale si inaspriscono le critiche al settore della pelle che era stato preso di mira anche da Presa diretta. Frattanto i comitati puntano, politicamente parlando, l'indice anche contro la Sicit e le trasferte dei suoi manager in Toscana, dove la Regione è stata investita da uno scandalo colossale che ha interessato il mondo della depurazione

Dopo la messa in onda di Presa diretta di una puntata dedicata anche agli squilibri ambientali causati dal mondo della concia in Consiglio regionale veneto era scoppiata una polemica al calor bianco. Oggi 21 ottobre l'aria è rimasta arroventata. A palazzo Ferro Fini la componente ecologista della opposizione di centrosinistra continua ad infilzare l'amministrazione mentre a livello locale gli attivisti sparano sul comparto e sugli ambienti politici, a partire dalla opposizione in consiglio comunale di Arzignano che in qualche modo starebbero difendendo il comparto chimico-conciario. Il quale viene preso di mira anche per immettere nell'ambiente i Pfas, ossia i temutissimi derivati del fluoro già finiti al centro dell'affaire Miteni.

IL PROLOGO
In realtà il prologo rispetto alla giornata di oggi era stato ieri quando in tarda serata Massimo Follesa, già consigliere comunale a Trissino, uomo di peso della galassia ecologista veneta e fustigatore delle condotte della chimica dell'Ovest vicentino ha deciso di sparare a palle incatenate contro gli industriali. «La puntata di Presa diretta andata in onda due giorni fa su Rai tre fotografa per l'ennesima volta un comparto della concia che si cuce addosso il diritto a contaminare l'ambiente nella più totale impunità pasciuta grazie ai soavi silenzi della Regione Veneto. Il distretto Agno-Chiampo - precisa l'architetto Follesa - fa l'ennesima figuraccia: arroganti e grezzi senza misura, il che sommato alla nomea di evasori fiscali che rimane incollata addosso al comparto sin dai temi dell'altra memorabile inchiesta di Presa diretta ai tempi del caso Dirty leather, la dice lunga su quanto il comprensorio in questi anni sia rimasto al palo».

MANO TESA ALLA PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA VICENZA
Appresso un'altra bordata in cui si chiede l'intervento della magistratura: «Ora ci aspettiamo che l'autorità giudiziaria batta un colpo. Ascoltare per l'ennesima volta che la catena di controllo fa acqua da tutte le parti è un insulto anche a quegli imprenditori che le regole le rispettano. Ascoltare che ad Arpav venga chiesto di non vagliare alcuni illeciti ambientali patiti dal depuratore del distretto, la cui dirigenza sembra addirittura inerme, a causa della condotta di molte imprese, è agghiacciante e ridicolo al contempo». Di seguito un appello: «Faccio quindi appello alle donne, ossia a una donna: alla neo-presidente di Confindustria Laura Dalla Vecchia. È stata eletta per svecchiare e fare pulizia in una delle più importanti associazioni datoriali del Paese».

E l'attivista non si risparmia quando spiega come sia arrivato «il momento di prendere le distanze da certi personaggi. Personaggi che sono arrivati al parossismo di criticare la Volvo perché a breve la casa svedese vuole produrre veicoli leather free. L'Ovest vicentino non ha bisogno di personaggi coi lembi cerebrali foderati in pelle che cercano di mascherare l'imbarazzo della loro miseria umana guidando suv tanto rumorosi da riuscire a coprire la loro parlata: né dialetto, né italiano, ma grezzo. L'idioma concia style per affari di bassa lega. Pensare - si legge - che occorra disboscare un pezzo di Amazzonia per permettere al settore nostrano di fornire il semilavorato per alimentare una industria del lusso che scarica i costi ambientali e quelli sociali sui deboli e sulla collettività non è terribile, è ignobile: ma soprattutto è idiota perché questa giostra non è sostenibile».

«LA GERMANIA TAGLI I FONDI» ALLE GRANDI OPERE
In ultimo c'è un altro appello agli industriali: «Faccio appello a chi tra gli industriali pensa che la concia sia o sia stata una tara del sistema sociale e produttivo più moderno e sostenibile: un appello affinché, ci si perdoni il francesismo, la si finisca di mettere merda chimica nel ventilatore dell'ambiente e si avvii una serie riconversione di quel comparto produttivo. Le alternative ci sono e vanno programmate. I professionisti e gli imprenditori che la pensano in questo modo sono tanti ma hanno paura di far sentire la loro voce. Se questo cambio di passo non avverrà, credo che sarà lecito appellarsi a chi in Europa controlla i cordoni della borsa, perché ogni singolo euro del Pnnr usato per continuare a conciare così tutto il Paese venga restituito. Se tale andazzo dovesse proseguire sarà lecito chiedere all'Europa ossia al Paese leader cioè la Germania, di tagliare i fondi destinati a tutte quelle grandi opere a tutti quegli investimenti ambientalmente urticanti e socialmente inaccettabili. La cupola degli inquinatori è ora sotto i nostri riflettori. La loro narrazione è stata ancora una volta smascherata».

L'ARCHITETTO SCATENATO
Follesa è scatenato perché anche oggi l'ex consigliere comunale trissinese ha deciso di rincarare la dose. Stavolta prendendosela con l'opposizione in consiglio comunale ad Arzignano, accusandola de facto di marciare su posizioni troppo vicine a quelle degli interessi della industria conciaria. «Fa quasi tenerezza, se non ci fosse un calcolo politico di bassa cucina alle spalle, la presa di posizione assunta dalla opposizione in consiglio comunale ad Arzignano di cui in queste ore leggiamo sui media. Ora sollevare il problema della questione di opportunità sulla presenza quale presidente del cda di Acque del Chiampo, controllata dal Comune di Arzignano, del babbo del vicesindaco Enrico Marcigaglia ci può stare. Ma non sollevare contemporaneamente - si legge nel dispaccio diramato oggi - il problema della presenza nel cda di Acque del Chiampo degli imprenditori del settore concia, quelli che dalla stessa Acque del Chiampo vengono de facto controllati è un macroscopico atto di puerile malafede, forse ascrivibile a qualche poco attento spin doctor, che memore dei suoi trascorsi poco felici in qualche ente locale, ha ben pensato così di darsi la zappa sui piedi: identificando il mandante politico di una doglianza, così miracolosamente monca».

Ma le botte da orbi non finiscono. «Ai signori della opposizione di Arzignano, fra i cui scranni non manca il rampollo di una nota casata conciaria con velleità da influencer di provincia, farei notare una cosa. Non una parola lorsignori hanno detto sulla ingombrante presenza degli imprenditori nel cda di Acque del Chiampo. A dire il vero questa anomalia inaccettabile viene tollerata da anni. E solo perché il settore della concia paga salatissime bollette alla società. E ci mancherebbe altro visto il carico ambientale che queste attività, tra odori, solventi e miasmi chimici e economici, scodellano sul territorio. Non una parola è giunta da lorsignori rispetto alle rivelazioni della stampa che parlano di manager Sicit che sarebbero andati in Toscana a proporre, a quel comprensorio colpito da una gigantesca inchiesta penale, il loro expertise. Un expertise i cui echi, così si legge nella ordinanza del Gip riportata di Vicenzatoday.it, sarebbero dovuti giungere fino alla presidenza del consiglio regionale toscano». In questa circostanza Follesa fa un chiaro riferimento ad un retroscena svelato da Vicenzatoday.it poco prima che Presa diretta andasse in onda.

Poco appresso Follesa «per completezza» cita un intero passaggio della ordinanza del Gip fiorentino che ha vagliato le carte della maxi inchiesta sulle malversazioni del settore conciario in toscana di cui media parlarono ad aprile del 2021: «In particolare, nel corso delle indagini emergeva una conversazione, in cui il 18 dicembre 2020 la Famiglietti, Noti, Fabrizio e Francioni, tutti referenti dell'associazione conciatori, aggiornavano il direttore dell'associazione Gliozzi in merito all'incontro che gli stessi avevano appena concluso con i responsabili della società Sicit di Arzignano..., al fine di valutare l'ipotesi di conferire i rifiuti di Sgs presso l'impianto della predetta società e di far ricevere e trattare i fanghi del depuratore del distretto conciario di Arzignano, per produrre Keu, dall'impianto di Aquarno ex Ecoespanso. In tale contesto il Francioni ad un certo punto riferiva di aver contattato il sindaco di Santa Croce, affinchè quest'ultima potesse metterli in contatto con Mazzeo Antonio, presidente del consiglio regionale». Più nel dettaglio Sicit non ha alcun coinvolgimento penale nella inchiesta ma il quesito che Follesa si pone è di natura politica.

Tanto che subito dopo Follesa muove alla minoranza nella città del Grifo un addebito squisitamente politico. «Anche di questo - si legge - lorsignori della minoranza arzignanese non parlano. Perché è difficile capire come una spa privata come la Sicit che, si occupa di rigenerazione di scarti conciari, possa proporre, in quei termini, il conferimento di fanghi del depuratore arzignanese presso le strutture della toscana Sgs, la società consortile a maggioranza privata, nel cui azionariato ci sono importanti concerie dell'Ovest vicentino, finita nello scandalo scoperchiato dalla magistratura fiorentina. Di questo avrebbero dovuto inquietarsi i componenti della opposizione».

IL DIRETTORE GENERALE
Poi c'è un ultimo passaggio che riguarda una comunicazione inviata dall'ex direttore generale di Acque del Chiampo, Alberto Piccoli, il quale chiede ad Arpav di non procedere con alcune segnalazioni penali in caso di sforamenti nei livelli di Pfas nelle acque di scarico afferenti ai depuratori. Acque del Chiampo è infatti la società intercomunale che gestisce il ciclo idrico proprio nel distretto del Chiampo. «Allo stesso tempo - bastona Follesa - lorsignori della opposizione non hanno detto una parola sul contenuto di una raggelante comunicazione dell'ex direttore generale di Acque del Chiampo Alberto Piccoli ad Arpav. Il quale de facto chiede una sorta di impunità per eventuali versamenti illeciti di Pfas ascrivibili a qualche conciatore che nei suoi cicli produttivi esagera con quelle stanze immettendole senza freni nel circuito di depurazione pubblico: chissà se l'ex dirigente non molto a suo agio col diritto, capisca la portata delle sue parole. E chissà se l'opposizione arzignanese, che si condanna ad essere una apposizione del metodo concia emerso dall'inchiesta di Presa Diretta... sia riuscita a capire la immane portata di quelle affermazioni sulle quali servirà chiarezza da parte della magistratura. Anche per capire non solo a Vicenza ma pure a Padova e a Venezia, se qualche dirigente ha dato seguito a quella balzana comunicazione. La direzione generale di Arpav si trova a Padova infatti mentre le strutture regionali che a palazzo Balbi sono deputate a vigilare sul comparto si trovano a Venezia».

LA STILETTATA A POSSAMAI
In ultimo l'ex consigliere comunale, non senza ricorrere all'ironia, se la prende con la componente più moderata del Partito democratico a palazzo Ferro Fini: «Trovo miracoloso poi il silenzio sull'argomento del capogruppo del Pd al Consiglio regionale del Veneto. Possa mai che il vicentino Giacomo Possamai, possa dire qualcosa di puntuto sul comparto concia? O preferisce, il lettiano soave, magari con qualche imbarazzo, demandare l'incombenza al resto della opposizione come è già accaduto?».

LE CANNONATE DI BIGON E ZANONI
E non è un caso infatti che in consiglio regionale le cannonate contro i malanni della concia arrivino dai Verdi, che si sono fatti sentire ieri nonché dai democratici Anna Maria Bigon e Andrea Zanoni. Quest'ultimo peraltro è il componente di spicco dell'ala Ecodem del Pd. E oggi, assieme alla Bigon ha deciso di non andare per il sottile. I primi affondi di una nota diramata oggi sono ancora per l'ex direttore generale di Acque del Chiampo: «Quanto emerso nell'ultima puntata di Presa diretta sull'inquinamento del distretto conciario e relativo impatto su ambiente e salute - si legge - non è purtroppo nuovo. Quello che invece colpisce è la lettera inviata dall'ex direttore generale di Acque del Chiampo... ad Arpav con cui chiede che venga doverosamente evitata qualsiasi formulazione di notizia di reato in relazione a eventuali difformità della concentrazione di Pfas rilevati allo scarico dei reflui depurati dalla sua azienda, trattandosi di condotte certamente ascrivibili ad inesigibilità o comunque alla causa di giustificazione dello stato di necessità».

Secondo Bigon e Zanoni si tratta di un fatto grave rispetto al quale i due intendono presentare una interrogazione. Ma i colpi arrivano anche alla agenzia veneta per la tutela ambientale. «Arpav - si legge - ha denunciato alla magistratura la richiesta dell'ex direttore di Acque del Chiampo di bloccare le notizie di reato? Crediamo che per autotutela avrebbe dovuto comunicare il contenuto della missiva alla Procura».

In ultimo si dà spazio ad alcune considerazioni di ordine generale in merito ai mancati impegni che invece Regione e imprese avrebbero dovuto assumere in tema di tutela ecologica: «Non solo l'impatto zero resta una chimera, ma l'accordo per ridurre i danni ambientali come intimato dal Tribunale superiore delle acque non ha avuto gli effetti sperati, anche per la sostanziale inerzia della politica che continua a essere troppo timida su questo tema, come abbiamo  visto con il caso Miteni. Agire soltanto sui siti contaminati, magari quando il danno è già stato fatto, non basta: è invece indispensabile sostengono i due - evitare che gli impianti produttivi non scarichino acqua inquinata nei fiumi, depurandola in loco così da permettere il suo riutilizzo. E sono necessari controlli seri. Per questo siamo rimasti basiti nell'apprendere della lettera spedita dall'ex direttore generale di Acque del Chiampo ad Arpav e vorremmo sapere quale risposta ha avuto. Gli ispettori sono pubblici ufficiali e quindi obbligati a segnalare eventuali reati all'autorità giudiziaria, altrimenti diventano punibili per omessa denuncia, come previsto dal codice penale: su questa vicenda va fatta assoluta chiarezza, non possono esserci dubbi sull'affidabilità dei controlli».

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