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Presa diretta: una inchiesta tra confezioni, Pfas e moda

La popolare trasmissione giornalistica di Rai tre si cimenta con un approfondimento col settore della pelle, compreso quello dell'Ovest vicentino. Ma si parlerà, oltre che delle tematiche ambientali connesse, anche dello scandalo che ha colpito la concia toscana: il quale in passato ha avuto una eco politica pure nella città del Grifo

Oggi 18 ottobre alle 21,20 su Presa diretta, popolare programma di approfondimento giornalistico di Rai tre condotto da Riccardo Iacona (in foto), va in onda una puntata intitolata «Il sassolino nella scarpa: Luci e ombre dell'industria delle calzature». Lo fa sapere la stessa Rai con una breve nota diramata già il 15 ottobre. L'approfondimento toccherà anche il peso ambientale che deriva dalle lavorazioni dei distretti della concia, Arzignano incluso. Allo stesso modo si parlerà di prodotti chimici usati nel settore, Pfas inclusi, ossia i temibili derivati del fluoro che prodotti dalla Miteni di Trissino hanno compromesso la falda del Veneto centrale, almeno stando alle accuse della magistratura.

DIATRIBE CONSILIARI
E c'è di più, Presa diretta si occuperà anche dei vortice giudiziario che ha investito la cosiddetta concia connection dell'Arno in Toscana. La cui eco, sotto forma di polemica politica, si è avvertita persino fra i banchi del consiglio comunale di Arzignano. Nella città del Grifo infatti la giunta di centrodestra a trazione leghista ha difeso a spada tratta il sistema adottato in quel distretto, basato su un ferreo controllo da parte degli enti pubblici e ha bacchettato invece il modello toscano incentrato sul privato, che fino a prima della maxi inchiesta della magistratura fiorentina, veniva dipinto dalle opposizioni riferibili ai centristi, a Fi e al Pd come un modello se non da imitare quanto da valutare con parecchia attenzione.

L'OPINIONE DEL MANAGER NERESINI
Ma ad ogni buon conto quanto pesa lo smaltimento dei reflui e il trattamento degli stessi sui sistemi produttivi? Massimo Neresini è un dirigente d'impresa che conosce il settore a menadito essendo l'amministratore delegato della Sicit, una società leader attiva tra Chiampo e Arzignano specializzata, anche, nella rigenerazione degli scarti conciari. Il manager ai taccuini di Vicenzatoday.it spiega come certi allarmismi (anche tra gli imprenditori) che fanno capolino quando i media parlano di impatto ambientale, sono fuori luogo. Nei distretti più avanzati come quello dell'Ovest vicentino, puntualizza il manager, si sono fatti notevoli passi in avanti. Basti pensare ai progressi della Sicit «durante gli ultimi trent'anni». Anni in cui la Sicit stessa è stata in grado di realizzare «impianti, laboratori e unità dedicate al controllo qualità» di grande levatura anche grazie «ad una ricerca costante e continua» messa in campo giorno dopo giorno dall'azienda. In questo senso il dirigente parla di una spa che vanta clienti «in ottanta Paesi» in cui si trovano alcuni brand di spessore mondiale «come Bayer e Basf». Un motivo in più  per cui l'impresa della valle del Chiampo è particolarmente attenta a tenere una condotta irreprensibile perché oltretutto in questo contesto «sarebbe gravissimo se noi facessimo qualcosa che non funziona». Parole precise con cui il top manager, pur con toni molto garbati, prende nettamente le distanze da quanto accaduto in riva all'Arno «con lo scandalo Keu».  

DOCUMENTO DI 81 PAGINE
La Sicit, spiega lo stesso Neresini aveva provato anche ad avvicinare in Toscana alcuni addetti alla filiera dello smaltimento, perché la ditta dell'Ovest vicentino, «senza voler insegnare il mestiere a nessuno, per carità» riteneva di avere un expertise adatto anche al comparto conciario dell'Arno, il quale insiste principalmente nel Pisano. Di questo approccio ci sarebbe  addirittura una traccia (Sicit non ha alcun coinvolgimento di natura penale come sottolinea lo stesso Neresini peraltro) nel provvedimento del Gip fiorentino Antonella Zatini, relativo alla maxi inchiesta condotta dalla Dda del capoluogo regionale toscano, la quale in data 8 aprile 2021 aveva emesso una lunga ordinanza di 81 pagine.

Nelle quali si legge che alcuni referenti della associazione toscana dei conciatori aggiornavano un loro diretto superiore «in merito all'incontro che gli stessi avevano appena concluso con i responsabili della società Sicit di Arzignano al fine di valutare l'ipotesi di conferire i rifiuti di Sgs» una delle società della filiera dei rifiuti coinvolta nello scandalo toscano, «presso l'impianto della predetta società e di far ricevere e trattare i fanghi del depuratore del distretto conciario di Arzignano, per produrre» un aggregato da rifiuto, il Keu, «dall'impianto di Aquarno... ex Ecoespanso». In tal senso uno dei referenti della associazione dei conciatori riferiva di avere contattato un elemento di spicco della giunta comunale di Santa Croce sull'Arno affinchè quest'ultimo «potesse metterli in contatto con Antonio Mazzeo, presidente del consiglio regionale» toscano. Questo viene messo nero su bianco a pagina 45 dell'ordinanza.

Nella pagina successiva si legge poi che un esponente di spicco della associazione dei conciatori toscani avrebbe avuto un incontro «con i responsabili dell'impianto Sicit di Arzignano» nel quale si sarebbe parlato di «possibili scenari, per la gestione condivisa dei rifiuti dei due distretti». Lo stesso funzionario, scrive sempre il Gip Zatini, precisava che il ragionamento verteva sulla eventualità per cui «si sarebbero potuti trattare presso l'impianto» toscano «per il recupero del cromo anche i rifiuti contenenti cromo provenienti da Arzignano». Nell'ambito degli eventuali processi autorizzativi la pratica non sarebbe finita sul tavolo di un funzionario di Arpa Toscana considerato ostico da alcuni componenti della associazione dei conciatori toscani.

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