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La tradizione di uccidere il maiale: un rito antico

Le famose sopresse vicentine provengono da un gesto che nelle campagne tutte le famiglie facevano per sopravvivere. Forse qualcuno se lo ricorda

L'uccisione del maiale è un vero e proprio rito che si perde nella notte dei tempi. Un uso cruento per alcuni mentre per altri "la più nobile fra le tradizioni della vita contadina". Una festa alla quale partecipa tutta la famiglia, parenti, compari, vicini di casa. Un sacrificio sanguinoso, comunque inevitabile, perché da esso dipendeva un anno di cibo per la famiglia.

Nella civiltà Veneta il maiale è stato considerato una risorsa alimentare importantissima, era la dispensa per l’inverno! Sino al ‘900 era un privilegio di pochi, la carne di maiale era destinata ai ricchi, mentre i meno agiati ed i contadini dovevano accontentarsi dei fagioli, la cosiddetta “carne dei poveri”. Man mano che il tempo passò le abitudini cambiarono, ma per tanto tempo l’allevamento del maiale in corte era d'obbligo.

Aver "el mascio” era una sicurezza ed una garanzia di autosufficienza alimentare, una tradizione volta alla sopravvivenza, il maiale è stato per secoli una garanzia di grasso e proteine per la stagione fredda. Difatti, fino a pochi decenni fa, la dieta delle famiglie contadine era principalmente vegetariana, e non per scelta. La carne era consumata esclusivamente durante le ricorrenze e i giorni di festa, e non sempre.
Alla sua cura e crescita si dedicavano tutti i membri della famiglia,  bambini e le donne erano incaricati di nutrirlo, con avanzi agricoli ed alimentari della corte.

Il maiale veniva sacrificato spesso in prossimità delle feste natalizie, nelle case contadine si facevano salami, pancette, prosciutti e il lardo che doveva durare un anno. Le braciole venivano disossate e immerse nello strutto entro recipienti di legno per essere consumate durante l’inverno.
Gli ossi venivano messi dentro cassette di legno, disposti a strati alternati al sale, che ha la proprietà di conservante e si usavano per fare il brodo un mese.
Storicamente, a gennaio le macellazioni di maiale si stavano concludendo e si cominciavano ad assaggiare i primi insaccati.

Del maiale non si butta niente

In tempi di miseria e fame il maiale spesso era l’unica fonte di proteine ( a parte i legumi), delle famiglie. Del maiale si usava tutto persino il sangue (sanguinaccio), le budella (per gli insaccati), lo stomaco (trippe), le orecchie e i piedi, insomma veramente tutto, anche le setole per fare pennelli. Gli ossi, inoltre, venivano macinati e sciolti per confezionare il sapone.

Con i prodotti del maiale si riempivano le vuote dispense, visto che altre carni più pregiate, come quella dei vitelli, erano destinate alla vendita e non al consumo diretto.

Questo è il periodo in cui il maiale veniva ucciso per ricavarne ogni ben di Dio, un rito con un senso di sacro.
Quando il ricavato della lavorazione era lì, sul tavolo, in bella mostra, pronto per essere messo a stagionare, per la famiglia era una festa.
Era un giorno triste quello in cui si sacrificava il maiale, ma anche felice per l'abbondanza di carne, sembrano storie lontanissime, ma i nostri nonni hanno vissuto i tempi di povertà.

"El pion de clintòn" per dissetare i lavoranti, le "cicioe" nella stufa, e alla fine della giornata tutti a tavola a cenare a base di pasta con tastasale, braciole, costine, "fasioi" e tanto altro, il tutto anaffiato da tanto vino.

I salumi della tradizione vicentina

Prosciutto Berico 
Un prosciutto crudo tipico dell’area della Val Liona, al confine meridionale delle province di Padova, Vicenza e Verona, caratterizzato da un sapore particolarmente dolce. Il Prosciutto Veneto è ottenuto dalla lavorazione delle cosce di suini, nati e allevati nella zona di produzione.  Al taglio il prosciutto si presenta morbido, di un bel colore rosa, con profumo invitante e sapore dolce, non molto sapido, ora un prodotto conosciuto e di altissima qualità.

Soprèssa Vicentina 
L’insaccato vicentino è famoso non solo per l'inconfondibile sapore dolce e leggermente pepato ma anche per la sua stagionatura che può arrivare fino ai due anni.
Essa viene infatti preparata con carni suine pregiate - comprendenti spalla, prosciutto, capocollo – con particolare attenzione alla temperatura e al grado di umidità, fattori molto importanti per la stagionatura del salume stesso.
La tradizione vuole che il maiale debba essere alimentato con castagne e patate che contribuiscono a rendere ancor più buona la sopressa. Questo salume è una colonna portante della tradizione culinaria veneta: “Polenta (poenta), funghi e soprèssa” (in particolar modo la polenta fatta con il Mais Marano macinato finemente) e “pane e soprèssa” (pan e sopressa).

Cotechino del Basso Vicentino
La produzione del cotechino è tipica dei comuni del basso vicentino dove si realizza con numerose varianti. Questo insaccato di maiale è fatto con cotica (coèssa), parti muscolari più dure (orecchie, pezzi di tendini), polpa nervosa e lardo che viene aggiunto secondo necessità; il tutto viene impastato con sale grosso, con la concia (cónza) fatta con cannella, pepe, chiodi di garofano e aglio tritato o a spicchi; insaccato in budello (buélo) di vacca o cavallo, il prodotto finito ha una forma cilindrica, lunghezza di circa 20 cm e peso medio di 500 g. La produzione di cotechini è diffusa oggi su tutto il territorio; sono reperibili nel periodo invernale e fino a primavera.

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