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Cronaca

Sfruttamento alla prostituzione, armi e abusi sessuali: incontri anche nel Vicentino

Scoperto un sodalizio criminale composto da individui di nazionalità italiana, residenti nella provincia scaligera, i quali avrebbero diversificato le proprie “attività”

Polizia di Stato e la Guardia di Finanza, alle prime luci di venerdì, hanno eseguito un'ordinanza di otto misure cautelari, emessa dal gip del Tribunale di Verona su richiesta della Procura scaligera.

Come riporta Veronasera due indagini parallele confluite poi nella stessa, grazie all’intuizione della Procura di Verona guidata dal dottor Raffaele Tito, avrebbero portato alla luce un sodalizio criminale composto da individui di nazionalità italiana, residenti nella provincia scaligera, i quali avrebbero diversificato le proprie “attività”.

Un gruppo ritenuto pericoloso da polizia di stato e guardia di finanza, che alle prime luci dell’alba di venerdì 23 febbraio hanno dato il via all’operazione. Il personale della Squadra Mobile e del Comando provinciale, insieme agli equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine del Veneto e dei Baschi Verdi della guardia di finanza, hanno dato esecuzione a 8 ordinanze di custodia cautelare, di cui 6 in carcere e 2 ai domiciliari, nei confronti di altrettanti individui indagati, a vario titolo, per associazione per delinquere, violenza sessuale aggravata, truffa, ricettazione e detenzione di armi clandestine: reati che sarebbero stati commessi, anche in forma associativa, nel Veronese ed in altre province del Nord Italia, tra agosto 2021 ed aprile 2023.

Il provvedimento emesso dall’autorità giudiziaria è stato eseguito nei Comuni veronesi di Castel d’Azzano, San Giovanni Lupatoto, Valeggio sul Mincio, Bosco Chiesanuova, Erbezzo e Vigasio, in seguito ai primi risultati delle indagini condotte dalle Fiamme gialle e dal personale della questura.

L'indagine della Guardia di finanza

L’indagine della Guardia di finanza ha preso il da un’attività antidroga svolta nell’ottobre 2022. Un uomo residente a Zevio venne arrestato dal Gruppo di Verona, con le accuse di spaccio di sostanze stupefacenti, ricettazione e detenzione di arma da fuoco clandestina. La perquisizione domiciliare infatti aveva permesso di rinvenire circa 100 grammi di hashish e una pistola Taurus calibro 9x21 con matricola abrasa.

Il lavoro delle Fiamme Gialle è poi proseguito con una serie di approfondimenti, che già nei primi mesi del 2023 avrebbero permesso di identificare un altro cittadino italiano il quale, essendo in possesso di regolare porto d’armi, aveva acquistato una pistola e commissionato nel tempo l’acquisto di diverse armi da fuoco, tra cui un kalashnikov ed un fucile a pompa, oltre a più di 2 mila munizioni di vario calibro: secondo gli investigatori, avrebbe aiutato il sodalizio ad ottenere armamenti, oltre a quelli che sarebbero stati recuperati in occasione di alcuni furti.

Nuovi riscontri avrebbero poi consentito ai finanziari di risalire ad un terzo cittadino italiano (uno destinatari delle ordinanze), al quale sarebbero state cedute illegalmente le armi e le munizioni precedentemente citate, per essere vendute al mercato “nero” e verosimilmente quindi destinate ad altre attività criminali ed atti intimidatori. Quest’ultimo infine sarebbe anche responsabile di una serie di truffe online, riguardanti la vendita di veicoli e l’affitto di appartamenti, per i quali incassava le relative caparre senza poi fornire quanto richiesto. 

L'indagine della Polizia di Stato

In quello stesso periodo, per la precisione nel maggio 2023, sono partite le indagini della Squadra Mobile della questura di Verona, in seguito alla notizia di presunti reati relativi a violenza sessuale, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.

Un’attività che ha preso il via dal racconto di una giovane donna che aveva spiegato di aver subito degli abusi per poi essere costretta a prostituirsi insieme ad altre due (mentre su una quarta sono in corso accertamenti), le quali sarebbero state invece succubi di chi le faceva prostituire, in virtù di legami passati. Attraverso le dichiarazioni della vittima e grazie all’acquisizione del contenuto del suo telefono cellulare, avvenuta prima che il dispositivo venisse resettato da remoto (le forze dell’ordine ipotizzano da uno degli indagati per non far scoprire le loro attività illecite), i poliziotti avrebbero raccolto numerosi elementi che sarebbero utili non solo a provare la responsabilità degli indagati per i reati in questione, ma anche per avere riscontro dei fatti al centro dell’altro procedimento penale.

Stando ai risultati delle indagini, lo sfruttamento della prostituzione sarebbe stato organizzato dagli accusati, i quali si sarebbero occupati sia di reperire i clienti (anche attraverso siti d’incontri), sia di stabilire luoghi e modalità di pagamento: gli incontri si sarebbero tenuti in appartamenti a Verona, ma anche a Mantova, Vicenza e Padova, mentre per incassare il denaro sarebbero state utilizzate delle carte prepagate appositamente attivate a nome della parte offesa, ma di fatto gestite dagli indagati.

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