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Le ombre del caso Safond sulla Pedemontana

Una associazione ambientalista presenta un esposto fiume in cui chiede di verificare eventuali interramenti illeciti sotto il sedime della Spv. La segnalazione al Noe chiede anche verifiche sulla presenza di Pfas nei cantieri della grande opera: frattanto sulla intricata vicenda della società dell'Alto vicentino spunta un carteggio bollente

Il coordinamento ambientalista Covepa ieri 4 dicembre ha organizzato un sit-in davanti alla Safond Martini di Montecchio Precalcino per dare conto di un articolato esposto al Noe in cui si chiede alle autorità di vagliare «alcune liason dangereuse» che incombono sul noto scandalo ambientale che ha investito la nota società dell'Alto vicentino specializzata nella rigenerazione di sabbie di fonderia: nel mirino del coordinamento finiscono così anche i lavori in corso lungo la Superstrada pedemontana in una con la presenza di Pfas che è stata rintracciata a ridosso dei cantieri. E sempre ieri questi ultimi sono stati oggetto delle doglianze dei comitati che da anni denunciano i disagi causati dalle opere in corso.

«A metà ottobre - spiega l'architetto Massimo Follesa portavoce del Covepa, gruppo che da illo tempore contesta la Spv - con l'ausilio dell'avvocato Giorgio Destro che da anni supporta i comitati, abbiamo indirizzato un articolatissimo esposto ai carabinieri del Nucleo ecologico ambientale, ossia del Noe di Treviso, nel quale alla luce di una serie di circostanze da noi riscontrate abbiamo chiesto di fare luce su alcuni aspetti poco chiari».

METALLI PESANTI
Il primo riguarda «la presenza di metalli pesanti - spiega l'architetto - riscontrata nel acque di scolo a monte del cantiere Spv di Malo-Vallugana. Vogliamo capire - aggiunge il portavoce - se ci sia una correlazione tra il materiale ferroso uscito dalla Safond ed eventuali sostanze riscontrate a ridosso degli scavi della Spv». I timori del Covepa peraltro, almeno in parte erano già stati esplicitati in una lunga nota di cui aveva dato notizia Vicenzatoday.it il 22 settembre.

I PERFLUOROALCHILICI
Il secondo aspetto oggetto dell'esposto, rimarca il Covepa, riguarda la presenza dei temibili derivati del fluoro noti come Pfas o perfluoroalchilici, proprio a ridosso dei cantieri della Superstrada pedemontana veneta: il caso per era deflagrato tra la fine di luglio e i primi di agosto. Follesa fa sapere di avere chiesto al Noe di verificare eventuali condotte da codice penale. «Se ab absurdo - precisa l'architetto - un giorno si venisse a sapere che i soggetti finiti al centro delle segnalazi dell'Arpav se la sono cavata con un obbligo di ripristino o con una multarella da quattro soldi, saremmo di fronte ad un comportamento vergognoso da parte di chi amministra la giustizia. La fonte di quell'inquinamento va scovata e i responsabili vanno puniti duramente».

LA DELEGAZIONE ONU-OHCHR
Oltretutto «la presenza di Pfas a ridosso dei cantieri della Spv - sottolinea Follesa - in queste ore è stata oggetto di una specifica segnalazione alla delegazione dell'Alto commissariato per i diritti umani dell'Onu Ohchr che proprio in questi giorni nel Veneto centrale sta svolgendo una investigazione speciale sulla presenza dei temibili perfluoroalchilici nell'ambiente». Del problema, spiega Follesa, è stato investito personalmente il capo delegazione Marcos Orellana. Il quale ieri ha terminato la sua ispezione nei luoghi simbolo del caso Pfas a Montagnana nel Padovano dove in un lungo summit a porte chiuse lo stesso Orellana ha ascoltato le testimonianze di moltissimi attori delle lotte ambientaliste venete.

L'AREA SIC MALTRATTATA
Il terzo aspetto, ha spiegato Follesa nel suo lungo intervento di ieri riguarda lo sconvolgimento del territorio in zona Poscole tra Castelgomberto e Cornedo. Si tratta di un'area umida di valore naturalistico interessata da una tutela comunitaria di tipo Sic. La possibile presenza di Pfas in quei terreni in una con lo sconvolgimento correlato ai lavori avevano spinto proprio l'avvocato Destro a indirizzare per conto di Isde Medici per l'ambiente un esposto alla Commissione europea: «esposto che - spiega il legale patavino - è stato illustrato dal sottoscritto proprio ai funzionari di Bruxelles non più tardi della fine di agosto». Più nel dettaglio Destro e Follesa intendono chiedere al Noe di verificare «se il rude  trattamento» riservato da chi realizza la Spv, ossia il consorzio Sis, a quel lembo di terra possa costituire un illecito penale. «Fermo restando - aggiungono i due - che sarà invece la Commissione europea a verificare possibili infrazioni di rango comunitario le quali ove accertate darebbero il là ad una procedimento sanzionatorio».

NUBI SPESSE E TRASCORSI POCO CHIARI
Ad ogni modo il fanale acceso dal Covepa sull'affaire Safond, un caso giudiziario dai risvolti ancora poco chiari, ha fatto riemergere tutta una serie di interrogativi sullo stato dell'inquinamento sotto lo stabilimento di via Terraglioni a Montecchio Precalcino.

COMUNE E TRIBUNALE: IL DOSSIER SCOTTANTE
Le domande di fondo sono tre. Uno, le rassicurazioni più volte fornite dagli enti preposti rispetto al fatto che la magagna ambientale non sfugga di mano sono reali o no? Due, la procedura di concordato che davanti al giudice fallimentare berico interessa la Safond sta mettendo a rischio la bonifica? Tre, i soggetti preposti a vigilare sulla medesima proceduaq di bonifica (Comune di Montecchio Precalcino, Provincia di Vicenza e Arpav per la parte amministrativa, magistratura berica per la parte relativa al concordato e per quella relativa all'inchiesta penale) sono in grado di assicurare che la Safond adempia ai suoi doveri e non sfugga a questi ultimi lasciando i costi del risanamento sul groppone della collettività?

Il 7 giugno infatti due consiglieri regionali del Pd (Anna Maria Bigon e Andrea Zanoni) avevano indirizzato una puntuta interrogazione alla giunta regionale capitanata dal governatore leghista Luca Zaia. Nella quale chiedevano lumi rispetto alla situazione ambientale della Safond, almeno per quanto concerne le notizie in possesso di Arpav, l'agenzia ambientale regionale. La riposta dell'esecutivo regionale era arrivata ben cinque mesi dopo. Il tono e contenuto della risposta erano rassicuranti allorché la giunta precisava che «non sono emerse criticità ambientali dalle analisi dalle analisi eseguite sui terreni naturali». Zanoni però ai primi di novembre giudicò la riposta poco esaustiva, riservandosi la facoltà di approfondire ancora il caso. Nella risposta fornita dalla Regione Veneto si rileva poi che la Safond lavora materiale da destinare alla produzione di «premiscelati cementizi».

IL VERBALE FORMATO MIGNON
Tuttavia se si legge il verbale della Conferenza dei servizi, ovvero il tavolo tra gli enti coinvolti, incaricata di valutare la fotografia della situazione ambientale proposta dal privato in previsione di una possibile bonifica (procedura di caratterizzazione in gergo amministrativo) si può notare un aspetto inquietante. La riunione, pur a fronte di un caso ambientale di così vasta portata, dura appena un'ora e quaranta minuti. In secundis manca completamente un vero confronto in contraddittorio. Addirittura l'unico rilievo di Arpav è costituito da una lode al privato giacché il suo «piano di investigazione risulta ben strutturato e completo». La cosa più sorprendente è che il verbale relativo ad un dossier così spinoso è costituito da due pagine striminzite. Il che è testimoniato dal verbale stesso, agli atti presso il Comune di Montecchio Precalcino, di cui Vicenzatoday.it è entrata in possesso e che porta la data del 27 febbraio 2019.

INCOGNITE TIMBRATE BORGO BERGA
Ma c'è di più. Se si compulsa l'ordinanza del Tribunale civile di Vicenza della sezione concorsuale sul caso Safond (ordinanza del 28 ottobre 2021relativa al procedimento RGn23/2017 CP, presidente Giuseppe Limitone) si può cogliere un altro aspetto inquietante della vicenda. Uno dei raggruppamenti che si era dichiarato disponibile a rilevare la Safond (promittente assuntore in gergo civilistico) aveva vincolato tale impegno con «la disponibilità ad eseguire le opere di bonifica delle aree che dovessero necessitare di interventi di natura ambientale entro il termine massimo di cinque anni dall'immissione in possesso degli impianti e comunque nell'alveo delle determinazioni della Conferenza dei servizi». La cosa, se letta in filigrana, desta una certa apprensione. Anzitutto perché  premesse del genere ove confermate potrebbero dare il destro a chiunque sarà il legale rappresentante della società a rigettare la richiesta di bonifica passati cinque anni. Infatti considerato che in situazioni del genere burocrazia e inghippi legali sono la regola, il tutto si potrebbe tramutare in una sorta di «tana libera tutti» rispetto agli obblighi di risanamento ambientale. E ancora, in quella ordinanza non c'è alcun riferimento al fatto che l'obbligo di risanamento potrebbe giungere dalla magistratura penale. La ragione di questa mancanza è ignota.

VOCI DI CORRIDOIO
E non è finita. Da settimane infatti le voci all'assessorato all'ambiente della Regione Veneto si rincorrono. La perizia che nell'ambito del procedimento penale legato al caso Safond è stata chiesta a due professionisti (perizia che porta la data del 18 settembre 2020) sarebbe poco efficace nel rispondere ai quesiti posti dal Gip Matteo Mantovani. Sull'area infatti era intervenuto un sequestro. E proprio quest'ultimo aspetto ha mandato in escandescenze il Covepa. «In questo momento vale la pena di chiedersi come mai sia bastata una promessa di acquisto del sito non mantenuta - una proposta riferibile alla procedura di concordato in essere, spiega Follesa - per per togliere il sequestro». Appresso un'altra stoccata del portavoce: «Vorremmo sapere come mai il sequestro dell'area non sia stato esteso nuovamente all'area stessa visto il mancato acquisto del sito. Vorremmo sapere poi se sia vero o meno che l'acquirente si sia ritirato dopo la promessa bonifica. Non vogliamo pensare che sia bastato questo dribbling amministrativo e ambientale per consentire a quest'area di operare ancora sulla linea d'ombra del lecito e dell'illecito».

DESTRO, VIERO E I COMITATI
Secondo Follesa sul caso Safond le contraddizioni emerse sono «davvero tante» anche in ragione del fatto che se l'azienda chiudesse i cancelli «ci potrebbero essere ripercussioni serie sulle più importanti acciaierie del Veneto, che forse non saprebbero dove conferire i loro reflui. Ma le necessità dei portatori d'interesse ossia delle lobby industriali non possono mai anteporsi alla salute, all'ambiente e alla legge». L'ultima parola ieri poi è toccata ai comitati. Per quello di Vallugana Malo ha parlato il presidente Andrea Viero che ha lamentato lo scarso supporto ricevuto dalla Regione. La quale da troppo tempo sarebbe sdraiata sui desiderata di chi sta realizzando la Spv proprio in ragione della concessione fornita dalla Regione. Viero ha ribadito come siano stati i cittadini a doversi di fendere per proprio conto ingaggiando con il concessionario Sis e con la Regione un contenzioso fatto di polemiche e carte bollate. L'avvocato Destro ha poi riferito che nonostante le difficoltà della materia i procedimenti civili pendenti davanti al tribunale berico per i disagi lamentati in zona Malo-Vallugana e in zona Cornedo Vicentino in contrada Palazzina stiano viaggiando spediti. Critici sono stati infine i rappresentanti dei comitati che, intervenuti ma righe del sit-in, hanno spiegato come da mesi contestano il bacino sull'Astico che la Regione intende realizzare tra Breganze e Sandrigo.

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