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Vaccini e canali paralleli: deflagra l'affaire Veneto

Tra inchieste, approfondimenti e retroscena il governatore Zaia è chiamato a rendere conto sul caso degli stock che secondo alcuni mediatori sarebbero acquisibili presso canali alternativi a quelli Ue-Stati: e a palazzo Ferro Fini Guarda e Bigon chiedono lumi alla giunta

Ieri 18 febbraio in commissione salute è andato in scena un confronto «non proprio tranquillo» tra maggioranza di centrodestra e opposizioni di centrosinistra. Oggetto del contendere? Il ventilato acquisto, perfezionabile tramite l'intervento di mediatori privati, da parte della Regione Veneto di uno stock di oltre venti milioni di dosi di vaccino per contrastare la diffusione della pandemia da Covid-19. Il consigliere regionale leoniceno Cristina Guarda (milita nei Verdi) si dice preoccupata non solo perché ieri dalla commissione sono arrivate risposte pressoché nulle sulla sicurezza e sulla natura, «di queste offerte», ma soprattutto perché nelle ultime ore i carabinieri del Nas di Treviso, su ordine della magistratura umbra, hanno passato al setaccio gli uffici regionali per capire qualcosa in più sulla congruità dell'offerta (sulla cui trasparenza da giorni il governatore leghista del Veneto Luca Zaia per vero sta mettendo la mano sul fuoco): ma anche sulla sua natura di quest'ultima nonché sulla sua provenienza.

SI MUOVONO GLI INQUIRENTI
E così dopo giorni di polemiche appena appena velate l'affaire vaccini è deflagrato definitivamente ieri quando, come ricorda anche Perugiatoday.it, la procura della repubblica della città dell'arco etrusco capitanata dal dottor Raffaele Cantone ha deciso di accendere i suoi fari su una offerta che la Regione Umbria aveva ricevuto da un intermediario siciliano per una fornitura di uno stock vaccinale utile ad arginare la pandemia da coronavirus. Stock che però si sarebbe dovuto reperire fuori dai canali governativi: che per le case farmaceutiche Pfizer e Astrazenica in primis nonché per la Ue sono gli unici disponibili e autorizzabili. E tant'è che i contorni di questa offerta non avevano convinto pienamente l'assessore alla sanità umbro (si tratta del leghista veronese Luca Coletto, già assessore alla sanità del Veneto) il quale con l'ausilio del suo assessorato aveva indirizzato a Cantone (noto per essere stato il capo della autorità nazionale anti corruzione, l'Anac) un dettagliato esposto.

DALLA CITTÀ DELL'ARCO ETRUSCO ALLA LAGUNA
La magistratura perugina riscontrando alcune affinità con una offerta simile giunta agli uffici dell'assessorato veneto alla sanità avrebbe deciso di inviare i carabinieri del Nas non solo a Perugia, ma pure a Roma, presso la sede del Commissariato per l'emergenza coronavirus, presso l'Aifa, ossia l'Agenzia nazionale del farmaco, ma anche presso gli uffici dell'assessorato alla sanità del Veneto. La notizia chiaramente ha fatto il giro di tutte le agenzie di stampa nazionali nonché dei media regionali. Per di più le inchieste sul caso Veneto andate in onda ieri su Piazza Pulita, popolare approfondimento de La7, hanno ulteriormente fatto salire l'asticella della tensione.

ATMOSFERA ROVENTE
Chiaramente dopo l'intervento dei militari l'atmosfera politica si è arroventata. Ieri l'opposizione in commissione sanità c'è mancato poco che facesse il diavolo a quattro per avere gli incartamenti (al momento non disponibili) che delineino il quadro dell'offerta: ma senza risultati giudicati apprezzabili. Tanto che sono cominciate le bordate all'indirizzo della giunta Zaia. «Chi non vuole vaccinarsi? Sappiamo che è l'unico modo per tornare prima possibile alla normalità e lasciarci alle spalle la pandemia. Capiamo quindi che di fronte a proposte per milioni di dosi non si possa restare indifferenti. Tuttavia, considerati i segnali d'allerta lanciati sia dall'Unione europea che dalle aziende farmaceutiche, Zaia avrebbe dovuto mostrarsi più prudente, anziché indossare i panni del salvatore della patria». Questo è il pensiero del consigliere democratico veronese Anna Maria Bigon.

Molto critica si è detta anche il consigliere regionale dei verdi Guarda. La quale non solo chiede chiarezza sui vaccini ma ricorda che il suo partito con un esposto in sede penale (di cui parla diffusamente l'Espresso uscito in edicola domenica) ha chiesto lumi sulle valutazioni che hanno permesso nel Veneto, ma non solo nel Veneto l'utilizzo massiccio dei cosiddetti test rapidi per il rilevamento del coronavirus: test sui quali da settimane il professore Andrea Crisanti (direttore della microbiologia della clinica universitaria dell'ospedale patavino) nutre dubbi fortissimi. Per di più Crisanti in una lunga lettera aperta pubblicata oggi a pagina 5 sul Corriere veneto sembra intenzionato a smontare pezzo per pezzo le convinzioni di Zaia in merito ad una eventuale acquisizione sul mercato alternativo dei vaccini anti Covid (sullo stesso argomento Vicenzatoday.it ha pubblicato una breve).

LA PREMONIZIONE
Ma c'è di più. A palazzo Balbi l'atmosfera non è serena anche perché non più tardi di avant'ieri l'agenzia di stampa Lineanews.it aveva pubblicato una lunga intervista all'avvocato Renato Ellero, già docente di diritto penale all'Università di Padova. Un'intervista nella quale aveva de facto delineato in anticipo quello che sarebbe stato l'intervento della magistratura sull'affaire vaccini.

Ai taccuini di Vicenzatoday.it Ellero spiega e ribadisce le ragioni delle sue critiche ai vertici della Regione Veneto rincarando ulteriormente la dose: «Il governatore Zaia è politicamente e moralmente responsabile della Caporetto cui il Veneto e l'Italia potrebbero andare incontro per la vicenda dell'acquisto piú o meno ventilato di vaccini fuori dai canali ufficiali: ossia quelli delle forniture agli stati per il tramite della Ue. Zaia, la cui condotta ha sputtanato l'Italia davanti all'Europa tutta e per la qual cosa bisogna ringraziare anche i veneti che lo hanno votato in massa, deve spiegare come sia stato convinto di avere pronta disponibilità per lui o per chi in sua vece di piú di venti milioni di dosi di vaccini per il coronavirus quando questo è, piú o meno, lo stesso quantitativo fornito dalle case farmaceutiche a tutti i Paesi Ue».

Poi un'altra stilettata: «In questo senso la smentita ai pigolii e alle velleità di Zaia, fatta pervenire dalla presidente della Commissione europea in persona, ovvero Ursula Von der Leyen, presa di posizione che ribadisce ancora una volta che i canali di approvvigionamento sono solo quelli definiti dalla intesa Italia-Ue, costituisce un macigno proprio sulla condotta tenuta dai vertici dell'amministrazione regionale. Che di tutto ciò si stia poi occupando la procura di Perugia, la dice lunga sulla celeste calma che da troppo tempo ammanta gli uffici giudiziari veneti e veneziani in primis. Sui quali è ora doveroso attendersi dal nuovo guardasigilli Marta Cartabia una draconiana ispezione ministeriale».

I SILENZI DELL'ESECUTIVO
Ma come la pensa al riguardo il vertice della amministrazione regionale veneta? Chi scrive ha interpellato il presidente della giunta regionale Zaia, l'assessore alla sanità (ossia la leghista Manuela Lanzarin), il direttore generale della sanità veneta Luciano Flor in una con Patrizia Simionato,  il direttore generale della Azienda zero, che è poi una sorta di centrale acquisti unificata delle Ulss venete. Dai quattro però, almeno per il momento, non è giunta alcuna replica.

ASCOLTA LA AUDIO-INTERVISTA ALLA CONSIGLIERA ANNA MARIA BIGON
ASCOLTA LA VIDEO-INTERVISTA ALLA CONSIGLIERA CRISTINA GUARDA

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