rotate-mobile
Martedì, 30 Aprile 2024
Attualità Trissino

Pfas nel suolo? «Marghera come la Miteni»

Alcuni saggi sui terreni della laguna effettuati dal coordinamento «No inceneritore di Fusina» avrebbero dato risultati assimilabili a quelli riscontrati a ridosso dello stabilimento dell'Ovest finito al centro dello scandalo dei derivati del fluoro

La rete ambientalista veneziana torna a rivolgere i suoi riflettori sul caso Pfas, il caso del maxi inquinamento da derivati del fluoro (i Pfas appunto) che ha colpito Veronese, Vicentino e Padovano attribuito alla Trissinese Miteni: una industria chimica oggi fallita e a processo per disastro ambientale. In una nota diffusa ieri 17 febbraio da Mattia Donadel, volto di spicco dei comitati ecologisti del Veneziano, si dà conto di come questa contaminazione potrebbe aver interessato pesantemente, ogni oltre previsione, il distretto industriale di Marghera. Si tratta di una preoccupazione corroborata da una rivelazione shock. Proprio a Marghera le concentrazione di questi composti avrebbero toccato soglie elevatissime. Questo almeno è il responso di un saggio indipendente condotto proprio dai comitati. Il dato eclatante è che le i livelli rilevati sono, in molti casi, addirittura maggiori di quelle riscontrati a suo tempo attorno alla stessa Miteni di Trissino.

Ed è proprio per questa ragione che il coordinamento torna a chiedere a gran voce che si blocchino realizzazione e potenziamento dei maxi inceneritori, «anche di fanghi»,  che la municipalizzata Veritas nonché il gruppo stanno progettando a Fusina e dintorni: un sito che rientra nel distretto di Marghera, una frazione di Venezia che ha una storia industriale iniziata decenni e decenni fa.

AMARO RISVEGLIO
«L'inquinamento da Pfas è molto più grave di quello che ci vogliono far credere, e i nostri campionamenti indipendenti - si legge nella nota - sono la riprova che anche il territorio intorno a Porto Marghera è pericolosamente esposto a questo tipo di contaminazione. Un elemento pesantissimo che va a peggiorare ulteriormente - si legge ancora - il quadro ambientale nell'area metropolitana di Venezia. Chiediamo fin da subito una indagine approfondita da parte dell'agenzia ambientale della Regione Veneto, l'Arpa e lo stop immediato agli inceneritori di Eni Rewind e di Veritas, sicure fonti di emissione di Pfas. Invitiamo i cittadini ma anche le autorità a partecipare all'assemblea popolare convocata per il 22 febbraio alle ore 18.00 al Teatro Aurora a Marghera per discutere insieme di questa drammatica situazione e dei rischi per la salute e per l'ambiente». Si tratta di una novità che molti attivisti hanno definito «un amaro risveglio».

PAROLE COME MACIGNI: TRA DIOSSINE E BIFENILI POLICLORURATI
E comunque le parole usate nel dispaccio pesano come macigni. Peraltro non è la prima volta che timori del genere siano stati messi nero su bianco. «Il Coordinamento No Inceneritore - si legge ancora - aveva deciso di ricercare i Pfas nei terreni, dopo che dal precedente studio sulle uova di galline allevate in pollai familiari, erano state riscontrate concentrazioni altissime di diossine, bifenili policlorurati ossia Pcb e per l'appunto anche di Pfas».

DUE PUNTI DI PRELIEVO: A 20 CENTIMETRI DI PROFONDITÀ
Poi un'altra bordata. «Il campionamento, per ragioni di costi, ha riguardato solo due punti nei pressi di Malcontenta, precisamente un campione di terreno è stato prelevato in un parco giochi in via Moranzani, e l'altro in un'area verde incolta lungo la stessa via ma molto più vicino alla centrale Enel e all'inceneritore di Fusina. I comitati precisano che i campionamenti sono stati effettuati sulla parte più superficiale del suolo fino a una profondità di circa venti centimetri, seguendo tutte le procedure del caso e affidando le analisi a un laboratorio certificato e accreditato con sede nel Veneto».

ZONA ROSSA? UN CONCETTO DA RIVEDERE
E il j'accuse di Donadel aumenta di intensità poco appresso quando spiega come in passato la Regione Veneto abbia suddiviso i territori esposti alla contaminazione da Pfas in zona rossa, zona arancio, zona gialla e zona bianca. Alla grossa la rossa afferisce alle aree a partire da Lonigo che tra Vicentino, Veronese e Padovano sono state maggiormente interessate dalla contaminazione da Pfas attribuita alla Miteni. Arancio e giallo sono i colori in cui il fenomeno è meno grave ma meritevole di attenzione. Bianche invece sono le zone in cui la contaminazione toccherebbe soglie assimilabili con quelle del resto del Paese.

Tuttavia, come in passato era già emerso, almeno in Europa, sono moltissimi i siti in cui queste presenze oltrepasserebbero le soglie di guardia. Basti pensare alle rivelazioni del quotidiano Le Monde. Ora non è chiaro se la contaminazione scoperta dalla rete ecologista veneziana sia attribuibile, direttamente o meno, alla Miteni.

Tuttavia i valori riscontrati, a giudizio degli attivisti, renderebbe superata la suddivisione del Veneto in tre aree, tanto da rendere necessario un monitoraggio a tappeto. Non solo perché i Pfas, a causa dei cascami dell'affaire Miteni, si sarebbero diffusi seguendo il bacino di falda dell'Agno-Guà, fino all'Adriatico: ma anche perché la presenza di questi contaminanti «ubiquitari» potrebbe essere tranquillamente attribuibile anche ad altre fonti: fra questi i cantieri delle grandi opere.

LE CIFRE SHOCK
E così Donadel snocciola i numeri rilevati sul campo. «Nel primo campione... la concentrazione di Pfos+Pfoa, due dei composti più noti tra la famiglia dei Pfas, è risultata pari a 3,37 microgrammi per kilogrammo di sostanza secca, mentre la somma totale di Pfas si attesta su un valore di 4,3 microgrammi su kilo di sostanza secca». Va molto peggio per il secondo campione, quello più vicino all'inceneritore di Veritas, che registra «9,6 microgrammi per kilo di sostanza secca mentre per Pfos e Pfoa la somma totale di Pfas è di 10,6 microgrammi su kilo di sostanza secca.

«Per avere un parametro di riferimento - si legge - basti pensare che la media riscontrata della somma di Pfoa e Pfos in 5700 campioni raccolti in più di 1400 aree in tutto il mondo, che comprendevano giardini residenziali, campi agricoli, cortili di scuole, siti commerciali e parchi, è stata di 5,4 microgrammi su kilo», posto che comunque queste sostanze non sono presenti in natura e derivano solo dalle attività umane.

LA PROVINCIA BERICA
Appresso c'è un passaggio che riguarda l'Ovest vicentino. «Una ulteriore conferma della gravità della situazione arriva dal confronto con l'indagine di Arpav effettuata tra il 2016 e il 2019 sui terreni interessati dal disastro della Miteni: ebbene i valori di Pfas rilevati nei due campioni di terreno prelevati a Malcontenta risultano di gran lunga superiori a quelli riscontrati in molti campioni analizzati da Arpav nella zona rossa del Vicentino, tanto da essere paragonabili con quelli che hanno registrato le concentrazioni più alte. Infatti, nello studio di Arpav solo in due campioni su venti la somma totale di Pfas si attesta sul valore di 12 microgrammi su kilo di sostanza secca, mentre gli altri sono tutti al di sotto dei nove microgrammi su kilo». Che sono comunque cifre da allarme rosso.

LO SPETTRO E LA PAURA SENZA FINE
Alla luce dei dati raccolti i comitati tornano a ribadire un timore già espresso in passato: quello per cui siano gli inceneritori stessi una fonte di derivati del fluoro proprio perché brucerebbero fanghi urbani che contengono queste sostanze ab origine: con l'effetto ultimo di concentrarle in loco. «In considerazione del fatto che le aree testate sono distanti da stabilimenti di produzione o lavorazione di Pfas e che l'indagine ha riguardato la parte più superficiale del suolo, - si legge - si può ipotizzare che la fonte sia dovuta alla deposizione di queste sostanze a seguito dell'incenerimento di rifiuti urbani e di fanghi contenenti Pfas, vista anche la vicinanza dell'inceneritore di Veritas, e della centrale termoelettrica Palladio che per anni ha bruciato rifiuti insieme al carbone».

ENI E VERITAS SULLA GRATICOLA
Poi un ultimo affondo: «D'altra parte diverse ricerche nel mondo hanno dimostrato come nelle aree intorno agli inceneritori nel raggio di diversi kilometri la concentrazione di Pfas nei suoli è significativamente più alta. Una evidenza che smentisce clamorosamente le rassicurazioni sia di Eni Rewind sia di Veritas circa la non pericolosità dei loro impianti, in particolare per quanto riguarda proprio i Pfas».

E così in queste ore i malumori della rete ecologista si sono moltiplicati. Gli attivisti sono preoccupati. E chiedono di sapere come mai le concentrazioni di Pfas a Marghera siano alte come quelle riscontrate in alcuni terreni superficiali attigui alla Miteni. Il discorso chiaramente è ben diverso per il sedile sotto la fabbrica.

A PALAZZO BALBI: INTERROMPERE «L'ITER DEI PROGETTI»
In quel caso i valori sono ben altri e quell'inquinamento è oggetto di uno studio di caratterizzazione così complesso che ancor oggi non si sa se mai quel comparto potrà essere davvero bonificato. «I comitati - conclude la nota - tornano a chiedere con forza alla Regione Veneto e alle autorità competenti di interrompere l'iter di approvazione dell'inceneritore di fanghi di Eni Rewind, lo stop alla seconda linea di Veritas e il divieto di incenerire fanghi nella linea L1. Il coordinamento sollecita la massima partecipazione all'assemblea del 22 febbraio alle ore 18 al Teatro Aurora di Marghera per rilanciare la mobilitazione con ancora più forza dopo questi risultati così preoccupanti».

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Pfas nel suolo? «Marghera come la Miteni»

VicenzaToday è in caricamento