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«Troppe incognite sul ciclo dei Pfas»

È questo il grido d'allarme lanciato durante un convegno dalla rete ambientalista veneta mentre nella bassa Veronese deflagra definitivamente l'affaire Chemviron

«Ci sono ancora troppe incognite sul ciclo dei Pfas». Questi «temibilissimi derivati del fluoro» prodotti dalla Miteni di Trissino, finita al centro di uno dei più clamorosi scandali ambientali italiani che ha colpito parte del Veronese, del Vicentino e del Padovano. La filiera dello smaltimento di queste sostanze è finita al centro di un incontro organizzato ieri 7 aprile nella sala civica di Legnago nel Veronese dal collettivo ambientalista Pfas.land incontro coordinato da Alberto Peruffo, volto noto della rete ambientalista berica.

L'ANALISI DI MURGIA
Tra gli interventi più ascoltati c'è stato quello della dottoressa Vitalia Murgia. Esponente di spicco della giunta nazionale di Isde - Medici per l'ambiente, Murgia, ha snocciolato le criticità della filiera della produzione e soprattutto dello smaltimento dei Pfas, spiegando, dati alla mano come il loro corretto smaltimento sia allo stato attuale una chimera anche perché di questa grandissima famiglia di composti chimici artificiali, i Pfas, appunto, se ne conoscono in modo approfondito solo pochi rispetto «a tutti quelli adoperati oggigiorno dall'industria». La dottoressa poi si è detta molto scettica sulla possibilità di incenerire i fanghi contenenti Pfas sia per i rischi generalmente intrinseci nelle pratiche di incenerimento; sia perché dal punto di vista termico «questa scelta» appare tutt'altro che ottimale; sia perché poco si sa degli esiti delle combustioni. Di conseguenza, detto alla grossa, più che di corretto smaltimento di queste sostanze nocive si dovrebbe parlare di un loro sparpagliamento più o meno indistinto sul territorio.

IL J'ACCUSE DI FAZIO E DONADEL
Ed è in questo contesto che si è collocata la presa di posizione di Mattia Donadel, volto di spicco della galassia ambientalista della riviera del Brenta tra Veneziano e Padovano. Donadel proprio in ragione del quadro fornito da Murgia ha confermato i timori dei comitati dei comprensori. Il timore è che il tentativo di smaltire i Pfas (che sono contenuti anche nei fanghi conciari) possa avvenire attraverso la loro combustione negli inceneritori in via di potenziamento nel sito di Venezia-Fusina e nel sito di Padova. Allo stesso modo Donadel teme che questi scarti possano anche finire nei terreni agricoli mascherati da compost o da gessi da defecazione. La querelle, che non riguarda solo i Pfas per vero, è nota da tempo e negli anni le polemiche avevano toccato soprattutto il Padovano e il Veronese.

Poco prima di Donadel era intervenuto anche Giovanni Titta Fazio, medico arzignanese, noto per le sue battaglie nel distretto dell'Agno-Chiampo. Fazio, «facendo affidamento sugli studi pubblicati e sulla letteratura scientifica a disposizione degli esperti» ha parlato della «tremenda moltiplicazione del fattore di rischio, anche in termini di mortalità» che interessa i territori in cui la presenza dei Pfas è riscontrata da anni. Fazio ha ribadito tra l'altro la pericolosità di queste sostanze che una volta immesse nel circolo alimentare finiscono per interferire pesantemente con gli ormoni degli esseri umani, «specialmente dei giovani e dei piccoli». Poco appresso il medico ha fatto un elenco interminabile di patologie. Al quale ha aggiunto un'altra considerazione. Per anni la Regione Veneto, «almeno in parte» aveva negato questi fattori di rischio. Recentemente però a palazzo Balbi, anche in ragione delle risultanze del processo Pfas a carico di Miteni  davanti alla corte d'assise di Vicenza, si sono dovuti piegare di fronte alle evidenze fornite dagli scienziati.

QUESTIONE DI FILTRI
Parlare di filiera dei Pfas però significa anche parlare di quei filtri a carbone attivo che servono a contenere, più o meno drasticamente, la presenza di anche di questi componenti nelle acque potabili. Proprio a Legnago c'è uno stabilimento, la Chemviron, che si occupa per l'appunto di rigenerare questi carboni. Da mesi questo processo di rigenerazione è finito nel mirino degli ambientalisti. Poi è arrivata una indagine dei Carabinieri del Noe alla quale se ne è affiancata una dell'Arpav. Se dalla prima sarebbero emerse svariate criticità, la seconda avrebbe dato risultati assai meno preoccupanti. Risultati che però non convincono i residenti che hanno chiesto l'intervento della giunta comunale. La quale, tra le polemiche, peraltro reclama fieramente di essersi mossa in maniera adeguata.

LE BORDATE DI PERUFFO
Peruffo però ieri rispetto all'affaire Chemviron che è deflagrato anche sulla tv di Stato si è detto tutt'altro che rinfrancato dalle rassicurazioni di Arpav-Verona. «La cosa che sconcerta è che di fronte a un'azienda che sta per così dire pulendo i Pfas di quasi tutto il Veneto e anche da altre parti d'Europa, pensiamo, non ci siano dati a sufficienza per una seria disamina del rischio» fa sapere Peruffo. Il quale non si è limitato a dire la sua ieri davanti ad un uditorio di una ottantina di persone ma ha anche diramato una dura nota nella quale puntualizza il suo pensiero al riguardo.

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