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Politica Piovene Rocchette

La Valdastico nord e il «bluff» di Fugatti

La Provincia autonoma trentina vorrebbe fare giungere l'opera, che oggi è ancora ferma nel nord del Vicentino, sino a Rovereto. Il mondo ecologista però è in subbuglio e ricorda come il prolungamento della Pirubi sia «ormai superato dalla storia», mentre non manca chi definisce l'ok all'opera come un escamotage per occultare la partita in corso sulle concessioni: e tra i più critici c'è Angelo Bonelli, uno dei leader nazionali di Europa verde

Il sì, tra varie riserve, alla prosecuzione della Valdastico nord recentemente fatto proprio dalla giunta della Provincia autonoma di Trento è solo un atto teorico: per di più il fatto che lo sbocco dell'arteria sia stato previsto a Rovereto dove è di fatto impossibile, è la dimostrazione plastica di come l'opera sia stata promessa a molti, sebbene in realtà sia indigesta alla maggior parte dei trentini. Motivo per cui sarebbe meglio mettersi l'anima in pace e porre la pietra tombale su un prolungamento che non solo è insostenibile e dannoso per l'impatto sull'ecosistema ma che è pure fuori dalla storia nonché economicamente insostenibile. È questa a grandi linee la posizione assunta dal fronte ecologista veneto dopo la recente decisione dell'esecutivo provinciale trentino che ha approvato la prima stesura del nuovo piano urbanistico: il quale prevede appunto un possibile sbocco della A31 Nord a Rovereto anziché a Trento-Besenello, approdo da anni caldeggiato dalla giunta regionale veneta. La scelta propugnata dal presidente della provincia autonoma, il leghista Maurizio Fugatti, ha comunque lasciato l'amaro in bocca alla politica veneta e agli stakeholder delle Venezie. Che vedono in quella decisione un no definitivo ad un progetto osteggiato dai territori ma molto caro appunto ad alcuni ambienti economici e politici del Nordest. In una nota diramata ieri 31 ottobre peraltro il consigliere provinciale trentino Alex Marini del M5S ha sganciato un siluro ad alto potenziale definendo il progetto «inutile e dannoso». Un progetto che per vero era stato affossato senza appello anche dalla Corte di cassazione che aveva giudicato fondato il ricorso amministrativo proposto dal Comune di Besenello: ricorso che una volta vinto a mani basse dalla piccola municipalità della Vallagarina aveva riportato l'orologio dell'iter all'inizio, di fatto schiantando l'iter stesso rispetto ad un'opera, la Pirubi, che inizia nel Rodigino, passa per Vicenza per poi troncarsi a Piovene Rocchette sempre nel Vicentino.

LA LEGNATA DI MARINI
«I comuni trentini per la maggior parte, tranne quelli controllati dalla Lega - attacca Marini - quel prolungamento non lo vogliono come del resto non lo vogliono i cittadini visto che per fare un favore ad alla Brescia Padova e ai suoi patroni politici si vanno a minacciare addirittura le fonti d'acqua» presenti nei rilievi tra Veneto e Trentino. Una eventualità che Marini vede come il fumo negli occhi anche in ragione della siccità che da mesi il Settentrione sta fronteggiando. «Forse governando a Roma a Venezia e a Trento questi signori - attacca il consigliere - pensano di avere mani libere per fare qualsiasi tipo di speculazione contro l'interesse pubblico, ma finché siamo in democrazia devono sapere che i cittadini liberi, e ce ne sono ancora, potranno mettere i bastoni fra le ruote rispetto ai loro piani».

IL MONITO DI CANALE
Non va per il sottile nemmeno Luca Canale che nel Vicentino è uno dei volti storici della protesta contro il progetto. «Come comitati e coordinamento delle varie associazioni non possiamo che sottoscrivere tutte le obiezioni dal punto di vista ambientale idrogeologico e trasportistico che molti sindaci e assessori veneti hanno evidenziato sulla stampa in questi giorni, che non sono altro che quanto sostenuto ormai da decenni da cittadini, comitati e alcuni enti locali in merito alla intera opera. Risultano quasi puerili poi le dichiarazioni di alcuni in merito al concetto fatela sfociare dove volete basta che si faccia. Condividiamo le preoccupazioni di alcune amministrazioni in merito al traffico insistente nella zona di Piovene e Cogollo, ma assolutamente non condividiamo l'idea che l'autostrada sia l'unica soluzione possibile, come più volte pubblicamente ed esaustivamente prospettato».

LA CANNONATA DI BONELLI
Ma in questa querelle tuttavia la cannonata più fragorosa è quella di Angelo Bonelli. Romano, ma roveretano acquisito, Bonelli non solo è uno dei portavoce di Europa verde, ma dai primi di ottobre è anche deputato. E definisce come «scelta vergognosa in primis alla luce di quanto sta accadendo in relazione al cambiamento climatico anche rispetto allo stato di salute delle montagne tra Trentino e Veneto» quella uscita dall'amministrazione della provincia autonoma. «Questa scelta è inaccettabile con le comunità montane che stanno soffrendo in modo drammatico i cambiarti dovuti all'effetto serra. Se poi - conclude il deputato - come si legge da più parti l'approdo a Rovereto potrebbe essere la scusa per non dire no ad un progetto che si sa morto, allora si abbia il coraggio di dirlo, senza spendere quattrini su quattrini pubblici in progetti, carotaggi, approfondimenti, ricognizioni legali e bozze di accordi come è successo con il ponte sullo stretto di Messina. Il quale ponte il neo ministro ai trasporti Matteo Salvini della Lega sembra intenzionato a riproporre. Tutto ciò - rimarca il deputato - è solo un escamotage per assicurare commesse su commesse ai soliti noti». Bonelli tra l'altro parla con cognizione di causa perché a più riprese si è parlato della frazione di Marco, a Sud di Rovereto, come sbocco immaginato per la A31 nord, nota appunto come Pirubi nord o Valdastico nord.

LO SCENARIO E IL NODO CONCESSIONI
Ad ogni modo durante la sua prolusione in consiglio provinciale ad un certo punto Fugatti aveva tirato in ballo quello che sembra essere il vero motivo per cui tutti i governi succedutisi negli ultimi, indipendentemente dal colore politico, sarebbero restii a depennale l'opera definitivamente da quelle da realizzare. Ovvero, ci sarebbe il rischio che il concessionario della Brescia Padova (la holding Atlantia), che vede continuamente prorogata la sua concessione in forza della previsione della prosecuzione della Pirubi, potrebbe chiedere i danni allo Stato se gli enti pubblici defalcassero la Valdastico tra le infrastrutture da realizzare. Lo Stato infatti è il soggetto che può dire si o no all'opera: previa però il consenso o il diniego obbligatorio e vincolante da parte del Trentino. Che ha questo potere di vita o di morte sull'opera in ossequio al suo rango costituzionale di provincia a statuto speciale. Che poi i dubbi di Fugatti siano giuridicamente sostanziati o che siano fondati sul nulla questo è un altro paio di maniche. Anche perché da anni il fronte ecologista rimarca che dopo il pronunciamento della Cassazione i privati di Brescia Padova «nulla possono avere a pretendere» tanto che è stata la corte dei Conti ad avviare una lunga procedura per chiedere i danni al consiglio di amministrazione dell'Anas che illo tempore disse sì ad una proroga della concessione considerata non giustificata.

IL RAPPORTO CON LA SPV
In un contesto del genere non manca chi vede una correlazione tra la querelle sulla Valdastico nord con altre infrastrutture venete. «Il motivo per cui la Regione Veneto tiene così tanto al futuro della Valdastico nord, al di là dell'inquietante retroscena sulla concessione, deriva dal fallimento politico dell'avventura della Superstrada pedemontana veneta, che sebbene sia stata realizzata, almeno in parte, non genera i profitti da pedaggio attesi. Poiché per contratto per il lucro mancato il privato concessionario, ossia la italo-spagnola Sis, si rifà sulle casse di palazzo Balbi, è chiaro come l'establishment veneto punti a realizzare un unico rassemblement di concessionari del Nordest nel quale diluire il disastro che la nostra regione dovrà fronteggiare proprio con la Superstrada pedemontana veneta o Spv che si voglia». Questo almeno è il punto di vista di Massimo Follesa, portavoce del Covepa, il coordinamento veneto che da anni si batte contro la Spv e che definisce sia la Spv sia la Pirubi nord opere ormai «superate dalla storia». E Follesa non si tira indietro quando spiega che «il recente provvedimento voluto da Fugatti suoma come un bluff della giunta trentina. Un bluff dal quale, nell'ambito d'una polemica infinita, sembra tarsparire un sì alla prosecuzione che è solamente un sì teorico. Un sì che serve solo a tenere viva la fiammella di una concessione della Brescia Padova che ormai è scaduta».

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