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Pmi, dopo due anni di crescita il 2023 rallenta: 2024 all’insegna del pessimismo

L’indagine congiunturale di Apindustria Confimi Vicenza evidenzia una diminuzione di produzione, ordini e fatturato per i prossimi mesi

I segnali c’erano tutti, ma sono ora i numeri dell’indagine congiunturale di Apindustria Confimi Vicenza a certificarlo: dopo due anni di crescita costante, il 2023 si è chiuso con un rallentamento della crescita delle imprese manifatturiere vicentine ed il nuovo anno si apre all’insegna del pessimismo.

Relativamente al II semestre del 2023, il 20,2% delle imprese intervistate ha dichiarato una diminuzione del fatturato rispetto al semestre precedente tra il 3 e il 10%, e un 17,5% addirittura una diminuzione anche più significativa: sommando i due valori, si tratta della maggioranza relativa del campione, considerando che un ulteriore 33,7% dichiara un andamento stabile, anche se va detto che vi è comunque un 28,2% che ha chiuso l’anno con una ulteriore accelerazione rispetto ai primi sei mesi dello scorso anno.

È prevalsa la stabilità invece per quanto riguarda la produzione (44,5%), con un terzo delle aziende che dichiara un calo rispetto alla prima parte dell’anno; meno numerose le imprese che hanno chiuso con un incremento (14,8%) o un forte incremento (5,4%). Sostanzialmente stabile invece l’indicatore occupazionale, che “eredita” oltretutto un trend sensibilmente positivo dai semestri precedenti.

Anche gli ordinativi sono rallentati nella seconda parte dello scorso anno, con le pmi manifatturiere a segnalare in particolare un ritracciamento degli ordinativi dall’estero per oltre il 60% delle imprese esportatrici, con un forte impatto derivante dall’andamento dell’economia tedesca, Paese che rappresenta uno dei principali mercati di sbocco per molti comparti produttivi vicentini.

Con questo andamento degli ordini non c’è da stupirsi che le previsioni per i primi mesi del 2024 siano all’insegna di una grandissima prudenza, che rasenta il pessimismo. Più in dettaglio, se il 57% delle PMI prevede un andamento stabile della produzione, il 26% attende un calo, mentre il 17% prevede comunque una crescita rispetto al semestre precedente. Lo stesso andamento si evidenzia anche per il fatturato: lo prevede sostanzialmente invariato il 47,2% del campione, in calo il 31% e in aumento solo il 21,5%.

In questo contesto, appesantito anche da un costo del denaro che non si vedeva da anni, non stupisce che le imprese abbiano dichiarato una maggiore cautela negli investimenti, che infatti si prospettano stabili: se un’azienda su due ritiene comunque che manterrà costanti i propri investimenti produttivi, il 41% prevede di ridurli rispetto al recente passato e solo il 19% pensa che li incrementerà ulteriormente. 

In tutto questo rimane invece molto robusto l’indicatore occupazionale, ma 1 impresa su 5 (il 21,6%) prevede che dovrà ricorrere agli ammortizzatori sociali, dato in netta crescita rispetto all’ultimo semestre dello scorso anno quando si erano riaffacciate delle richieste di prestazione difensiva prudenziali.

«Le nuvole che lo scorso anno vedevamo in lontananza ormai hanno coperto il cielo e oggi la situazione desta preoccupazione - commenta Mariano Rigotto, presidente dell’associazione di categoria che rappresenta le PMI beriche - Si stanno sommando più problemi: innanzitutto c’è la situazione geopolitica che si sta complicando sempre di più, e non ultimo preoccupano gli effetti del blocco del Mar Rosso, con rincari già evidenti, tra il 20 e il 40%, per i container sia in ingresso che in uscita. E come se non bastasse c’è il costo del denaro che è a livelli cui non eravamo più abituati. Sicuramente ci attende una prima parte dell’anno complessa, ma ritengo che già nel secondo semestre qualche nube si diraderà. Le aziende hanno in larga misura abbassato le scorte a magazzino dopo l’accaparramento resosi necessario nei mesi scorsi, ma ad un certo punto sarà fisiologico richiedere nuove forniture. Credo anche che sia ormai vicino il momento in cui assisteremo ad una riduzione dei tassi da parte di BCE; la prudenza della nostra banca centrale è proverbiale, ma l’obiettivo di raffreddare l’inflazione è stato raggiunto e ora serve ridare linfa al sistema produttivo».

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