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Cronaca

Così una rete transnazionale occulta «ha riciclato 110 milioni»

Mentre le indagini sono ancora in corso, la Guardia di finanza di Vicenza svela alcuni dettagli di un imponente giro di danaro sporco con propaggini in numerosi Paesi esteri: sulla vicenda l'ombra della «China underground bank» e quella di imprese italiane senza scrupoli attive nel commercio di materiali ferrosi

Prosegue nel massimo riserbo l'inchiesta della Guardia di finanza di Vicenza che ha portato all'arresto di tredici persone nell'ambito di una complessa indagine per riciclaggio di denaro coordinata dalla procura della città palladiana. Oggi 19 marzo peraltro poco prima di mezzodì il comandante delle fiamme gialle per la provincia di Vicenza Cosmo Virgilio, durante un briefing nella caserma di Contrà San Tommaso, ha fatto il punto della situazione dando conto di alcuni particolari della operazione.  

L'INTERVISTA AL COLONNELLO
Gli uomini della Gdf, fa sapere il colonnello Virgilio, avrebbero sgominato «una organizzazione composta da sedici persone», sul capo delle quali, a vario titolo, pendono diverse accuse: che però ruotano attorno al riciclaggio di danaro per l'ammontare «di 109 milioni di euro». Il tutto sarebbe avvenuto attraverso uno sportello bancario abusivo dislocato a Padova presso il «Centro ingrosso Cina» di corso Stati Uniti. L'ufficiale peraltro ai microfoni di Vicenzatoday.it ha precisato ulteriormente i termini della questione. In poche parole gli investigatori avrebbero passato ai raggi X una organizzazione molto ramificata. La quale si sarebbe fatta carico di trasferire illecitamente all'estero, per poi farle tornare indietro dopo averle ripulite, ingentissime somme frutto attività illecite o di evasione fiscale tout-court in capo a imprenditori attivi nel ramo della compravendita del materiale ferroso.

Stando all'accusa, che chiaramente dovrà essere confermata nel proseguo dell'iter giudiziario, il canale identificato è quello della cosiddetta «China underground bank», ossia un network finanziario clandestino con base nella Repubblica popolare cinese e con ramificazioni di assoluto spessore in Italia: un network sospettato di offrire servizi ad ampio spettro a partire, appunto, dal riciclaggio di denaro di provenienza illecita. L'argomento peraltro, in termini generali, è lambito a pagina 97 della relazione al Parlamento italiano per l'anno 2022 redatta dal «Sistema di informazione per la sicurezza nazionale». Tra l'altro, anche se per ragioni ben diverse, non è la prima volta che il centro di corso Stati uniti a Padova finisce nei radar della Guardia di finanza.

IL MAXI SEQUESTRO
Ad ogni buon conto lo sforzo investigativo delle fiamme gialle (una ottantina i militari impiegati nel complesso della operazione) ha portato all'arresto di 13 persone tra Bresciano, Veronese, Vicentino e Veneziano. Ancora, le perquisizioni sono state diciotto cui si aggiunge anche un sequestro pari ad un milione e mezzo di euro. Di più, un dispaccio diffuso stamani dalla stessa Guardia di finanza vicentina, dà conto in modo dettagliato non solo del peso specifico dell'operazione ma pure del suo vasto perimetro geografico.

BEN «556 VIAGGI»
«Secondo le ricostruzioni degli investigatori - si legge - i contanti trasportati dall'estero verso l'Italia e viceversa in appena un anno e mezzo, attraverso ben 556 viaggi, ammontano a circa 110 milioni di euro provenienti da frodi fiscali realizzate da società dedite prevalentemente al commercio di materiali ferrosi» ma anche di imprese attive nel settore della logistica. In particolare, «attraverso due società cartiere con sede rispettivamente a Brescia e a Roma, venivano emesse fatture false volte a dare copertura documentale agli acquisti in nero effettuati da 25 società clienti, con sedi nelle province di Vicenza, Verona, Rovigo, Brescia, Mantova, Bolzano, Alessandria, Roma, Milano e Torino».

STRATAGEMMI BEN CONGEGNATI
Sempre stando ai riscontri investigativi lo sportello bancario abusivo sarebbe stato gestito da un 38enne cittadino cinese, residente in provincia di Venezia, ma formalmente impiegato presso una ditta all'interno del Centro ingrosso Cina di Padova, vero e proprio perno della retrocessione del denaro. Il 38enne avrebbe infatti organizzato la consegna del contante agli spalloni in diverse località del Belpaese: Padova, Prato, Mantova, Milano, Chieti e Roma). Le commissioni per il trasferimento illecito di danaro ammontavano su per giù all'1,5% della somma movimentata.

Le stesse consegne, fanno sapere ancora i militari, si sarebbero materializzate pure all'estero ossia in Slovenia e Germania. Ed è per questa attitudine alle attività transnazionali che la «China underground bank» sarebbe stata messa nel mirino anche dall'Europol. Per di più sia per organizzare le staffette sia per coordinare le comunicazioni, l'organizzazione avrebbe fatto uso di stratagemmi ben congegnati: trasmissioni in codice, chiavi di riconoscimento, uso di vetture in avanscoperta per rilevare la eventuale presenza delle forze dell'ordine.

IL 58ENNE PIZZICATO A LONIGO «CON 140MILA EURO»
«Al fine di dare puntuale riscontro alle ipotesi investigative, gli inquirenti del Nucleo di polizia economico finanziaria di Vicenza, rispettivamente nei mesi di giugno e luglio 2022, hanno operato, attivando i finanzieri del Gruppo di Prato in Toscana, un controllo su strada nei confronti di uno spallone 58enne di Lonigo nel Vicentino, con il rinvenimento e il sequestro di circa «140mila euro in contanti» riposti in una busta nascosta nel bagagliaio sotto la ruota di scorta».

SCOVATI «84MILA EURO» A CHIAMPO
Gli investigatori hanno anche eseguito «una perquisizione domiciliare», con l'ausilio di un cane addestrato per fiutare il denaro contante (della Compagnia di Orio al Serio nella Bergamasca), presso l'abitazione sita a Chiampo nel Vicentino «del principale referente» della piazza berica. In quel frangente erano stati rinvenuti e sequestrati, tra le altre cose, «84.00 euro in contanti e uno smartphone contenente una vera e propria contabilità» dei viaggi organizzati e delle movimentazioni di denaro contante di provenienza illecita.

SUSSIDIO DI DISOCCUPAZIONE PER IL CORRIERE CLANDESTINO IMPIEGATO IN UNA CONCERIA
Infine, nel corso delle indagini «è emerso che uno degli spalloni», un 57enne della valle del Chiampo, ha illecitamente percepito il sussidio di disoccupazione, il Naspi, per oltre 5.600 euro. Incamerava infatti i proventi dell'attività di corriere delle banconote che per ogni singolo viaggio gli fruttava quattrocento euro più i rimborsi delle spese sostenute. Somme cui vanno aggiunte quelle percepite come addetto in una conceria del distretto Agno Chiampo.

I NOMI
Ovviamente la sussistenza delle accuse nei confronti di ciascuno, gli inquirenti lo ribadiscono a ogni piè sospinto, dovrà essere confermata o smentita del proseguo dell'iter giudiziario. Nell'ambito del quale tuttavia si contano otto destinatari di ordinanza custodia cautelare in carcere: sono Chenrui Peng classe 1986, di nazionalità cinese residente a Vigonovo nel Veneziano e attivo presso il Centro ingrosso Cina di Padova; Giuliano Rossini di Rovato nel Bresciano, classe 1975; Silvia Fornari di Brescia classe 1981; Federico Boschetto di Arzignano ma originario di Chiampo (sempre nel Vicentino) classe 1972; Luca Boschetto classe 1967 di Chiampo; Carlo Zanco di Vicenza classe 1966; Flavio Guatta di Sanremo in provincia di Imperia classe 1969; Maurizio Ceretti di Brescia classe 1973.

Sono invece cinque i destinatari di ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari. Si tratta di Gianluca Dolci di Brescia, classe 1977; di Giuliano Carlo Paganotti di Rudiano nel Bresciano, classe 1964; di Emanuele Rossini di Gussago nel Bresciano, classe 2000; di Rodrigo Iran Dushmantha Warnakulasuriya, classe 1992 e di Donald Makximax Peiris Warnakulasuriya, classe 1979: gli ultimi due sono nativi dello Sri Lanka e risiedono nel Veneziano.

«FERRO E FUOCO»
In qualche modo l'inchiesta è la prosecuzione ideale di un'altra maxi operazione della Guardia di Finanza, lombarda nel caso di specie (ne parla diffusamente Bresciatoday.it del 12 settembre 2022), che un paio d'anni fa era stata ribattezzata nell'ambiente giornalistico «Ferro e fuoco». Un nomignolo derivante dal fatto che la stessa investigazione ruotava giustappunto attorno al mondo degli scarti ferrosi.

LO SCENARIO
Rimane da capire quindi se in futuro saranno identificate, sempre che la parte più delicata dell'inchiesta in corso non abbia già messo nel mirino pure questo ambito, eventuali responsabilità in campo agli utilizzatori ultimi o penultimi della filiera. Spesso infatti l'evasione fiscale nell'ambito della compravendita dei rottami ferrosi permette, in ultima istanza, di vendere agli acquirenti finali (in primis le fonderie), materiale a prezzi assai competitivi. In molte delle aree geografiche lambite dall'inchiesta (Bresciano, Vicentino, Padovano nonché la provincia di Bolzano), insistono infatti numerose attività siderurgiche o affini. Gli inquirenti a più riprese hanno spiegato che indagini di questo tipo sono pensate anche per tutelare quegli operatori economici che agiscono in maniera corretta, trasparente e nel pieno rispetto delle disposizioni di legge.

ASCOLTA L'INTERVISTA AL COLONNELLO VIRGILIO

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