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Cronaca

Manteneva il boss in carcere a Vicenza, arrestato imprenditore

Nelle carte dell'inchiesta, i dettagli del legame che univa l'imprenditore attivo nel settore dell'edilizia al vertice del gruppo di Picanello. Un rapporto così profondo da mettere a disposizione dello stesso le proprie società e da adoperarsi per la costituzione di ulteriori società che servissero al riciclo dei proventi illeciti del clan

Un imprenditore che reinvestiva denaro del clan provento di varie attività illegali, incluso il traffico di sostanze stupefacenti, attraverso le sue imprese. Profondo conoscitore delle dinamiche interne dell’organizzazione mafiosa e dei loro metodi di gestione delle richieste estorsive nonché della capacità dei boss di comandare anche durante il periodo di detenzione carceraria e del ruolo di “soldati” svolto dai ragazzi più giovani utilizzati nella gestione delle piazze di spaccio. È questo il profilo che esce fuori dalle carte dell'ordinanza sulla figura di Fabrizio Giovanni Papa, 57 anni, arrestato con l'accusa di associazione mafiosa, insieme ad altre 14 persone, nel blitz condotto nei giorni scorsi dalla guardia di finanza, che ha smantellato nel catanese il "gruppo di Picanello", capeggiato da Carmelo Salemi e Giuseppe Russo. 

Come emerge dalle carte dell'ordinanza, Papa è un imprenditore che si occupa di una serie di società aventi rapporti con il clan Santapaola-Ercolano e in particolare con il  gruppo di Picanello. Secondo quanto emerso dalle indagini, il suo legame al clan capeggiato da Carmelo Salemi era così profondo da mettere a disposizione dello stesso le proprie società e da adoperarsi per la costituzione di ulteriori società che servissero al riciclo dei proventi illeciti del clan nonché in varie occasioni si interessava di mantenere economicamente alcuni esponenti del gruppo, in primis lo stesso Salemi. Uno degli affari in cui risultano coinvolti Papa e Salemi è quello riguardante una cessione di immobili da una società a un’altra.

Dai dati estrapolati dalle banche dati, gli inquirenti hanno appurato che Papa era socio di maggioranza di due società (una di costruzioni e l’altra immobiliare) con il 95% delle quote societarie, nonché di una terza impresa, con il 50% delle quote, nonostante le stesse fossero formalmente intestate ad altre persone. In una intercettazione Papa dimostrava il proprio interesse e il proprio impegno per il mantenimento del boss Salemi in carcere a Vicenza, sia con riferimento a ciò che gli occorreva per la propria sopravvivenza che per il pagamento dell'onorario dei suoi difensori. Al fine di riscontrare la veridicità della conversazione gli inquirenti hanno ricostruito i flussi di denaro disposti in favore di Salemi presso la casa circondariale di San Pio X, dove era detenuto dal 10 luglio 2020. Scoprendo che, in concomitanza dei bonifici eseguiti dal conto corrente aziendale di una società riconducibile a Salemi, avvenivano versamenti di contante sia tramite bancomat che tramite bonifici giroconto anche da parte di Papa, nello stesso giorno o qualche giorno prima.

Tutti i dettagli nell’articolo di Cataniatoday

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