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Cronaca

«Tre anni e undici mesi»: per Zonin nuova condanna in secondo grado

L'ex presidente di BpVi, pur con una pena ridotta rispetto alla sentenza del 2021 a causa della «prescrizione», soccombe ancora nel processo per il collasso dell'istituto di credito berico. Il verdetto dei giudici della Corte d'appello di Venezia è chiaro: puniti pure i top manager Piazzetta (tre anni e undici mesi), Pellegrini (stessa sanzione), Marin (tre anni e quattro mesi) e Giustini (due anni e sette mesi). Per Zigliotto invece c'è una nuova assoluzione

Gianni Zonin, ex presidente della Banca Popolare di Vicenza, è stato condannato a «tre anni e undici mesi». Lo ha stabilito pochi minuti fa la Corte d'appello di Venezia, che scrive così un nuovo capitolo della vicenda giudiziaria legata al collasso della BpVi dopo la sentenza di primo grado giunta l'anno passato. I giudici coordinati dal presidente del collegio Francesco Giuliano oggi 10 ottobre si erano ritirati in camera di consiglio alle 13 in punto. Ci sono volute ben otto ore e mezzo quindi per dare corpo ad un verdetto reso complicato anche dal calcolo della prescrizione. La quale s'è mangiata una parte delle accuse. Il verdetto comunque è stato salutato con favore, anche se non mancano i mal di pancia, per le pene definite lievi, dalle associazioni dei risparmiatori colpiti attorno al 2014-2015 dal collasso delle ex popolari venete. La provincia berica peraltro era stata tra le più segnate dallo smottamento che aveva interessato l'istituto di via Framarin, ma Padovano, Trevigiano, Veneziano, Veronese per non parlare del comprensorio udinese (unitamente a molte altre province italiane) erano stati i territori che più avevano sofferto la batosta che con quella di Veneto banca aveva messo alle corde il Nordest.

GIORNATA CHIAVE
Stamani all'inizio dell'udienza chiave, l'ultima udienza, del processo d'appello ai sei imputati per le malversazioni addebitate ai vertici della banca il procuratore generale Paola Cameran ha spiegato che come gli stessi vertici fossero a conoscenza di una serie di condotte da codice penale da tempo praticate ai piani alti dell'istituto: a partire al ricorso alle cosiddette baciate, ossia prestiti concessi ai clienti a patto che questi acquistassero azioni della BpVi. Una pratica vietatissima dai regolamenti perché intrinsecamente portatrice di un indebolimento di qualsiasi banca che vi faccia ricorso. Ma tant'è lo stato di difficoltà dei conti, unito ad una politica dei prestiti facili concessi a chi non lo meritava aveva messo in cattive acque quella che un tempo veniva vista come una istituzione finanziaria fiore all'occhiello del «fu mitico Nordest». Più nel dettaglio a vario titolo le accuse ipotizzate erano di aggiotaggio, ostacolo agli organi di vigilanza, nonché falso in prospetto. Per la bancarotta invece c'è un procedimento a parte che è ancora in alto mare.

LE RICHIESTE DELLA PROCURA GENERALE
Ad ogni modo la procura generale con l'intervento della dottoressa Cameran aveva chiuso la requisitoria distillando le richieste di pena per i sei imputati. Ai quali per l'appunto era contestato l'aggiotaggio, l'ostacolo alla vigilanza nonché la falsità in prospetto. Nel processo di primo grado, chiusosi nel marzo del 2021, come riporta Vicenzatoday.it una delle pene più dure l'aveva rimediata proprio Zonin. Oggi il procuratore generale aveva giustappunto concluso la requisitoria proprio con le richieste di pena per i sei imputati. La più pesante, cinque anni e dieci mesi, era quella in capo a Zonin. Per gli ex vice-direttori Andrea Piazzetta e Paolo Marin la richiesta era stata di cinque anni e quattro mesi. Le stesse richieste erano state rivolte all'indirizzo degli altri imputati assolti in primo grado ossia Giuseppe Zigliotto (ex componente del cda) e il top manager della banca Massimiliano Pellegrini. La richiesta di pena invece era stata ridotta a quattro anni e sette per Emanuele Giustini: l'ex vice che ha in parte ammesso gli addebiti a lui mossi.

A CONTI FATTI
Ma a conti fatti quali sono state le pene inflitte dai magistrati con il giudizio di oggi? Per Zonin la pena è di tre anni ed undici mesi. Pure per Piazzetta la condanna è pari a tre anni e undici mesi: lo stesso dicasi per Pellegrini il quale in primo grado era stato scagionato. Appresso, per Marin la pena è di tre anni e quattro mesi mentre per Giustini che aveva ammesso diverse delle sue responsabilità la condanna è pari a due anni e sette mesi. In ultimo per Zigliotto invece c'è una nuova assoluzione, come era stato in primo grado.

IL COMMENTO A CALDO DI UGONE
«In tutti questi anni, quando ci dicevano che Zonin era troppo potente per essere portato alla sbarra noi non abbiamo mai arretrato di un millimetro. Il fatto di essere tra le pochissime associazioni presenti oggi dentro e fuori l'aula la dice lunga sulla nostra determinazione nel chiedere giustizia». Questo è il commento a caldo proferito fuori dall'aula da Luigi Ugone presidente di «Noi che credevamo nella Banca popolare di Vicenza e in Veneto Banca», una delle associazioni che più si sono spese negli anni affinché «fosse fatta chiarezza sul rovescio doloroso e rovinoso della banca vicentina».

Ugone, ai taccuini di Vicenzatoday.it spiega per di piú di essere comunque soddisfatto perché il processo di secondo grado «ha anche riformato una delle due assoluzioni di primo grado in condanna. Il che corrobora ancora una volta la bontà delle nostre denunce. Soprattutto - dice Ugone - perché all'indomani del crac pareva che i soldi dei risparmiatori fossero fumati su per il camino per una volontà celeste. Questo processo dà contoo del fatto che ci avevamo visto giusto».

LE DIFESE
Le difese, con la eccezione di Giustini che de facto ammesso diverse responsabilità, da sempre contestano in radice l'accusa mossa nei confronti dei propri assistiti: il che era valso sia durante il processo di primo grado che in quello d'appello. Zonin oggi durante l'udienza aveva spiegato di «essere sereno» dal momento che «non ho mai fatto alcunché di illecito». A questo punto «con ogni probabilità e prescrizione permettendo, il prossimo capitolo lo scriverà la Corte di cassazione con l'ultimo grado di giudizio» hanno fatto sapere gli attivisti fuori dal tribunale poco dopo il pronunciamento delle toghe nell'aula bunker di Mestre nella quale si è tenuto l'intero processo di secondo grado. I giudici si sono dati novanta giorni per pubblicare le motivazioni della sentenza. Poi chi ha titolo potrà decidere appunto se proporre appello o meno in Cassazione.

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