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Veleni sotto la Safond: un livornese e un maranese a giudizio

C'è una svolta per lo scandalo ambientale che da anni agita i sonni dell'Alto vicentino: frattanto il coordinamento ecologista Covepa lamenta una scarsa incisività da parte della procura e della Regione Veneto e contestualmente chiede lumi su eventuali rischi in capo alla fornitura di acqua potabile per Padova e per il capoluogo berico

Ci sono molti dubbi sulle ragioni che hanno spinto la procura di Vicenza ad indagare per inquinamento ambientale e non per disastro ambientale i manager accusati dello stato di dissesto in cui versano i terreni avvelenati che giacciono sotto la Safond Martini di Montecchio Precalcino. A sollevare queste perplessità è il coordinamento ecologista Covepa in una nota diffusa ieri 20 luglio sul suo blog. Una nota che giunge poche ore dopo la notizia del rinvio a giudizio degli amministratori delegati della società. Ma c'è di più. Il Covepa contestualmente ha inviato una nota al Comune di Vicenza e al Comune di Padova affinché le due amministrazioni valutino eventuali ripercussioni del grave inquinamento rinvenuto sotto il sedime della ditta dell'Alto vicentino (rigenera sabbie di fonderia). A Novoledo di Villaverla infatti, a pochi kilometri da quell'impianto, si trova una importantissima area di risorgiva che alimenta l'acquedotto della città del Santo e quello della città del Palladio. Detto in altri termini ieri sera il Coordinamento ecologista Covepa ha inviato una missiva al Comune di Padova e a quello di Vicenza per dare conto dei propri timori: giacché gli attivisti si chiedono se l'inquinamento sotto la Safond Martini possa, magari in futuro, compromettere la falda che alimenta gli acquedotti dei due capoluoghi.

LA NOVITÀ
Non più tardi di due giorni fa televisione e stampa del Vicentino avevano per l'appunto dato la notizia dell'imminente e probabilissimo inizio del dibattimento per due ex amministratori delegati della Safond. Con l'accusa di inquinamento ambientale, «Andrea Dalle Rive, 48 anni, residente a Marano Vicentino... è stato rinviato a giudizio dal giudice per l'udienza preliminare così come richiesto dai sostituti procuratori Cristina Carunchio e Hans Roderich Blattner. Il manager, difeso dagli avvocati Marco Grotto e Novelio Furin» del foro berico, «dovrà presentarsi in aula a novembre» riferisce per l'appunto il Giornale di Vicenza del 20 luglio in pagina 27.

GLI EX MANAGER
Il maranese Dalle Rive, secondo il quotidiano di via Fermi oltre agli addebiti relativi alla presenza di sostanze nocive interrate sotto lo stabilimento, «dovrà poi rispondere anche di attività e gestione di rifiuti non autorizzati: accusa, quest'ultima, che è costata il processo anche a Enrico Barbarese, 64 anni, residente a Livorno». Più nel dettaglio Barbarese, difeso dall'avvocato vicentino Marco Dal Ben, «è stato rinviato a giudizio in qualità di amministratore delegato della Safond Martini assunta a partire dal 23 ottobre 2017. Di contro Dalle Rive, figlio dell'ex patron della società Rino, morto nel 2019, era stato amministratore delegato della Safond Martini srl «dal 28 gennaio 2009 fino al 14 settembre 2016».

La ditta, che in precedenza era andata incontro a una grave crisi finanziaria, nel frattempo ha cambiato gestione, proprietà e nome. Ora si chiama Silva e fa parte del gruppo ligure Ecoeridania. Che a pià risprese ha spiegato di aver dato il via alle operazioni di messa in sicurezza sul piano ambinetale: il prodromo della bonifica. Gli accusati peraltro da tempo respingono al mittente gli addebiti e professano la bontà della propria condotta rispetto ad una vicenda che tra mille polemiche e mille anfratti oscuri tiene banco da anni.

L'INQUINAMENTO DENUNCIATO DA UN EX 007 NEL LONTANO 2017
I problemi giudiziari della Safond, che nei primi anni Duemila aveva già avuto alcune rogne ambientali, erano scaturiti da una corposa ed esplosiva denuncia inviata alla procura di Vicenza nel lontano 2017 dell'ex 007 padovano di Villa del Conte Riccardo Sindoca. Il quale peraltro nell'ambito di un procedimento penale parallelo rispetto a quello dell'affaire Safond alcune settimane fa, proprio in procura a Vicenza, aveva reso una drammatica testimonianza in sede di interrogatorio di garanzia. Rimane da capire se i quasi sette anni intercorsi tra la denuncia redatta dall'ex agente del controspionaggio Nato (oggi consulente criminologo) e il rinvio a giudizio decreteranno o meno la morte del processo, o quanto meno di una parte delle accuse, per avvenuta prescrizione.

SITUAZIONE DELICATA
Attorno al sito della Safond, scrive Massimo follesa, portavoce del Covepa, si trovano parecchie ex cave come lo stesso sito in questione in cui «si riciclano materiali» da impiegare nella realizzazione di infrastrutture. «Nota è la vicenda - scrive ancora l'architetto Follesa - del sito satellite a est della ferrovia nel quale si producono premiscelati cementizi, anch'esso risultato pesantemente inquinato in un documento di autodenuncia presentato alla Regione Veneto nel 2018».

PREMISCELATI CEMENTIZI E GRANDI OPERE NEL MIRINO: L'ESPOSTO AL NOE
La delicatezza della situazione peraltro era emersa in un esposto presentato nell'ottobre del 2021 dal Covepa «al Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri di Treviso». Di più, il coordinamento ambientalista precisa di avere chiesto, in riferimento a quella iniziativa, lumi su eventuali rischi in capo alla fornitura di acqua potabile per Vicenza e Padova proprio in ragione delle numerosissime sostanze nocive, alcune delle quali cancerogene, rinvenute dagli inquirenti sotto il sedime della Safond. Sull'argomento peraltro nell'aprile del 2023 il Covepa era nuovamente tornato alla carica con una serie di dichiarazioni di fuoco.

LO SFOGO
In relazione alle novità emerse sulla stampa Follesa ai taccuini di Vcienzatoday.it si dice sbalordito della condotta «non adeguatamente incisiva» tenuta «sia dalla Procura di Vicenza» sia da parte «della Regione Veneto». Quest'ultima secondo lo stesso Follesa, questo il pensiero espresso a più riprese dall'architetto, avrebbe dovuto essere «ben più arcigna» per quanto riguarda la vigilanza sulla ditta. Che da sempre porta avanti una attività «ad altissimo impatto ambientale».

LO SCENARIO
Peraltro la Safond da sempre è considerata una ditta strategica per il regolare funzionamento del comparto siderurgico veneto. Che produce tonnellate di sabbia di fonderia altamente inquinanti che il cui trattamento, a norma di legge, deve seguire una procedura molto rigorosa. Più in generale, se da una parte lo smaltimento delle sabbie di quel genere, effettuato senza le dovute attenzioni, è molto più economico per le imprese, dall'altra quelle condotte, oltre a violare la legge, mettono a rischio l'ambiente e la salute di chi vive nei territori interessati. Gli inquinanti infatti spesso vengono trasportati dalle falde acquifere, finendo così molto distante dai siti in cui sono stati inizialmente trattati.

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