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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Nuova protesta dei ristoratori: "Basta serrande abbassate, rialziamole"

Il messaggio durante la seconda manifestazione in piazza dei Signori a Vicenza è stato chiaro: "lasciateci lavorare, perché non siamo degli untori"

Erano in tanti, circa 300 provenienti da tutta la provincia e il messaggio è stato chiaro: "lasciateci lavorare, perché non siamo degli untori e lo dimostra il fatto che non c’è alcuna evidenza scientifica che l’impennata dei contagi sia anche in minima parte correlata all’attività di bar e ristoranti". Un messaggio ribadito da Nicola Piccolo presidente Confcommercio Centro Storico di Vicenza e che risuona in tutte le piazze in subbuglio del Veneto e d'Italia. Nella serata di mercoledì, attorno alle 18,30, molti operatori del settore bar e ristorazione hanno dato vita ad una  manifestazione contro le recenti restrizioni decise dal governo in tema di apertura dei locali pubblici.

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Vari lavoratori del settore hanno preso la parola contro il Dcm che sta decretando la fine del settore. L’evento, promosso dagli stessi commercianti e che ha trovato l’appoggio della Confcommercio, giunge a due giorni dal sit-in organizzato dagli esercenti. In piazza i manifestanti hanno contestato duramente i criteri alla base dell’ultimo decreto della presidenza del consiglio che ha appunto limitato le aperture di parecchi esercizi pubblici bar e ristoranti in primis.

 «Noi imprenditori non dovremmo essere obbligati a scendere in piazza visto che siamo un motore per il Paese e contribuiamo a garantire ricchezza e occupazione. Se lo facciamo - continua il presidente Baratto - significa che questa situazione ci esaspera. Riteniamo i provvedimenti adottati dal governo punitivi, disarticolati e figli di mancate decisioni che dovevano essere prese per tempo,  come quelle sulla mobilità, oltre che del mancato controllo preventivo. Si doveva trovare un altro modo per far fronte alla emergenza sanitaria senza far sprofondare interi settori e decine di migliaia di famiglie che ci lavorano, in un’irrecuperabile emergenza economica. Questo Dpcm - si legge - va cambiato, oppure va lasciata alle regioni la facoltà di decidere in base alla situazione del territorio».

La manifestazione aveva avuto una sorta di prologo nel primo pomeriggio quando il presidente di Fipe-Confcommercio Vicenza Gialuca Baratto aveva distillato parole molto precise rispetto a quanto deciso a palazzo Chigi: «Lasciateci lavorare, perché non siamo degli untori e lo dimostra il fatto che non c’è alcuna evidenza scientifica che l’impennata dei contagi sia anche in minima parte correlata all’attività di bar e ristoranti». Un messaggio, questo, che «viene costantemente ribadito nelle piazze in questi giorni» e che il presidente Baratto ha deciso di portare questa sera «assieme al presidente della delegazione Confcommercio di Vicenza Nicola Piccolo» proprio durante «la manifestazione organizzata dai titolari di pubblici esercizi e commercianti della città in piazza dei Signori».

Una prima risposta, però, da Roma è arrivata, con l’adozione del “Decreto Ristori”. «Il pressing di Confcommercio e Fipe nazionale ha certamente consentito di avere una risposta veloce sul fronte dei provvedimenti mirati a concedere indennizzi a chi sta subendo i danni dal Dpcm – è il commento del presidente Baratto -, ma bisogna mettere queste decisioni alla prova dei fatti e vedere se l’intervento sarà realmente immediato e sufficiente: abbiamo già vissuto sulla nostra pelle ritardi e paletti burocratici che ora sarebbero ancor più intollerabili. La verità è che noi imprenditori vogliamo semplicemente lavorare, in piena sicurezza, rispettando, come abbiamo fatto fino a domenica scorsa, i protocolli che ci erano stati forniti a tutela della salute dei clienti e dei dipendenti. Senza certezze sul futuro – conclude il presidente di Fipe Confcommercio Vicenza - i contributi a fondo perduto rischiano solo di prolungare un'agonia di alcune settimane per poi arrivare alla chiusura definitiva dei locali, con i dipendenti che, finita la cassa integrazione, potrebbero ritrovarsi senza un lavoro. Noi faremo di tutto per scongiurare questo scenario, ma senza un cambio di rotta per quanto riguarda i limiti degli orari introdotti da questo Dpcm il rischio è davvero alto»

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