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Cronaca

Vicenza, sfida tra medici e infermieri a chi fa più male

Ha dell'incredibile la vicenda emersa al Pronto Soccorso del San Bortolo. In un gruppo whatsapp, alcuni componenti del personale, medici e infermieri, avrebbe ingaggiato un campionato interno dove il punteggio era dato dalle dimensioni di aghi e cannule infilati nel corpo dei pazienti

Facevano a gara a chi infilava aghi e cannule di maggiori dimensioni nei corpi dei pazienti del San Bortolo, con conseguente maggiore sofferenza dei malati, e confrontavano i "risultati" su un gruppo Whatsapp. Ha dell'incredibile la vicenda emersa dalle mura del Pronto soccorso e finita sulle pagine de Il Giornale di Vicenza. Sarebbe stato un "pentito" a rivelare tutto al primario Vincenzo Riboni, che, ovviamente, stigmatizza i fatti e difende la professionalità, la serietà ed il sacrificio della stragrande maggiornaza della sua squadra. 

Secondo quanto riportato, due medici e sei infermieri del reparto avrebbero creato un gruppo Whatsapp, "Gli amici di Maria", in cui avrebbero riportato, praticamente in diretta, le rispettive imprese, infilare aghi a cannule, il cui punteggio era dato dalle dimensioni di questi. I risultati sarebbero stati raccolti in un tabellone. Grazie a una "soffiata", il primario scopre il "campionato" e individua i responsabili, che vengono sottoposti ad altrettanti provvedimenti disciplinari dal dg Giovanni Pavesi. Tutti e 8 hanno negato ogni addebito. 

Il procedimento si conclude con un medico punito con la censura scritta, un infermiere con un rimprovero scritto, prosciolta l'altro medico, e gli altri infermieri, 3 donne e due uomini. Non ci sono, infatti, le prove che documentino la veridicità dei messaggi, poichè cannule e aghi utilizzati non sono riferiti nei verbali del Pronto soccorso e nessun paziente ha segnalato di essersi sentito schernito. Per i due presenti nel giorno della chat è rimasta l'accusa di “sviamento dall'attività istituzionale” e “dell'uso improprio del cellulare” da utilizzare solo “per emergenze e non per svago come lo scambio di messaggi di dubbio gusto e lesivo della dignità dei pazienti”. 

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