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Lane, non c'è mai fine al peggio

La Ternana manda a casa i biancorossi con una “manita” sul groppone in un pomeriggio allucinante ed umiliante

LANE: C’E’ MAI FINE AL PEGGIO? NO…

Dopo il breve sereno di Lignano anche Brocchi si accoda alla serie infinita di sconfitte di Di Carlo. Giocatori inguardabili, flosci, confusi e nevrotici. Società che sembra vivere su Marte e aver perso qualsiasi contatto con la realtà. Difficile adesso, se non impossibile, o essere confident, come vorrebbe il presidente Stefano Rosso, che nell’ultima apparizione televisiva non ha trovato di meglio che bacchettare i tifosi da tastiera, a suo dire troppo critici con la società. Forse è il caso che vada a spiegarlo ai 130 presenti al Liberati, i quali, con 465 chilometri di trasferta proprio da tastiera non sono e che ad un certo punto hanno tolto le “pezze” dallo stadio. Roba che non si rammentava da tempo immemore…

LE PAGELLINE

I protagonisti in campo non giustificano nemmeno una valutazione individuale. Meritano un 4 (per i primi 20 minuti) Grandi, Crecco, Ranocchia e Dalmonte. Voto 3 per tutti gli altri, con l’eccezione degli inguardabili Brosco e Proia che valgono 2. Su standard analoghi i nuovi entrati. Non pervenuto l’allenatore.

Volendo condensare per reparto: difesa da Terza Categoria, con alcuni errori (Cappelletti, Brosco e non solo) da “Oggi le comiche”. Centrocampo assente, lasciato presto al predominio assoluto delle Fere (Taugordeau mai nel vivo, Ranocchia un fuoco di paglia, Di Pardo spaesato). Attacco fantasma, con Meggiorini che sembra un ex giocatore, dopo essere stato decisivo l’anno passato. Qualcuno comincia persino a rimpiangere l’allenatore esonerato, dimenticando troppo in fretta (che brutti scherzi gioca l’affetto!) che Di Carlo e Brocchi sono due facce della stessa medaglia. L’uno e l’altro perdenti su tutta la linea. E il primo pure corresponsabile con Magallini delle scelte di mercato.

Qualcuno ha osservato: “Ma anche la stampa ha sostenuto ad inizio stagione che la campagna acquisti aveva rinforzato la qualità della squadra”. Vero, ci siamo sbagliati, almeno la maggioranza di noi. C’è solo un problema. Che ad errare siano i giornalisti è grave ma non catastrofico. Che a sbagliare siano invece allenatore e DS diventa invece questione disastrosa. Inutile quindi invocare il ritorno del Salvatore della patria e innescare processi di beatificazione per il Santo da Cassino. Se non è zuppa, è pan bagnato. Detto questo, sostenere che sia stata sin qui solo questione di “manego” è ovviamente semplificazione inaccettabile. Esistono responsabilità di vertice, mascherate immancabilmente dal classico “tutto va ben Madama La Marchesa”, di cui proprio Mimmo era maestro indiscusso.

Mercoledì è in programma un Consiglio societario per discutere di bilancio ed è legittimo attendersi che i soci chiedano alla proprietà qualcosa di più del “we are confident” con cui Stefano Rosso ha cercato di tacitare la piazza. Una situazione esplosiva, della quale peraltro non mi rallegro affatto. Perché personalmente non solo resto grato alla famiglia guida per aver cavato il Lane da una situazione disperata, ma mi rendo perfettamente conto che non c’è alternativa allo status quo. Mi fanno ridere certi messaggi che arrivano nel sottopancia della Tv e che chiedono ai Rosso di passare la mano. E a chi mai, fratelli miei?

Nessuno vuole il Vicenza, tanto meno un’associazione industriali tra le più ricche d’Italia ma storicamente poco versata a cacciare denari nel calcio. In particolare in presenza di una conduzione verticistica come quella attuale. Il mio auspicio è che la terribile contingenza sportiva induca adesso il vertice biancorosso ad una franca autocritica e ad una maggiore apertura verso contributi costruttivi. Qualcosa si era già mosso, in effetti. Qualche muro in meno attorno alla squadra, qualche uscita pubblica in più. E’ però indispensabile maggiore coraggio e minore supponenza. Che le cose vadano male, malissimo, non serve che ce lo dica nessuno. Ormai solo un cieco non se ne accorgerebbe.

Ciò di cui si sente il bisogno, per dare un senso ad un’annata che pare scivolare su una china rovinosa, sarebbe parlar chiaro e dire pane al pane e vino al vino. Con spietatezza e rigore. Vorrei concludere con un’affermazione perentoria. L’amarezza per ciò che stiamo vivendo non si trasformi in un linciaggio mediatico. Con i Rosso al timone le cose stanno andando male. Ma senza di loro, ho idea che non ci sarebbe più una Nobile Provinciale, proprio alla vigilia dei 120 anni di storia. C’è ancora tempo per far quadrato attorno a via Schio, come la Guardia all’Imperatore. Ma non prendete più per i fondelli il popolo del Menti, per favore. Non se lo merita. Lui proprio no…

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