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Medagliere Biancorosso: Sangiuliano - Vicenza

Prima vittoria in trasferta. Potrebbe essere, chissà, un giro di boa...

Prima vittoria in trasferta. A ribadire come niente nel calcio emoziona quanto una vittoria in extremis. E stavolta in extremis lo è stata nel senso più estremo, visto che è arrivata più di 5 minuti oltre il limite. Potrebbe essere, chissà, un giro di boa. E non tanto per qualità di gioco, visto che per certi tratti il Vicenza ha traccheggiato, badando solo a disinnescare qualsiasi velleità dei padroni di casa. Quanto piuttosto in chiave psicologica e di classifica. Piano piano, magari non con la velocità che i tifosi avrebbero voluta, la squadra sembra liberarsi dal fardello iniziale e con il nuovo, più prudente, schieramento in campo, pare avviarsi ad una fisionomia definitiva. E il campionato, livellato verso il basso, presenta a questo punto un copione fatto apposta per smentire noi sapientoni della vigilia. Le formazioni che avevamo giudicato più attrezzate non hanno preso il largo, anzi. La Triestina langue nelle paludi di coda. Pordenone, Padova e Novara fanno compagnia al Lane a mezza graduatoria. E la capolista Lecco, che qui a Vicenza aveva guadagnato una quasi “manita” imprevedibilmente conduce sin qui la danza in solitaria, con la forza delle sue 6 vittorie (e due sole sconfitte). Contro il Sangiuliano le note di eccellenza sul piano individuale non sono molte, ma nemmeno le bocciature cocenti. Deludono Rolfini e in parte Cavion e Bellich. Buone note per  Confente, Ronaldo e Jimenez. Fuori classifica Dalmonte: una specie di marziano piovuto da chissà dove.

ORO: Nicola Dalmonte. Dopo il golazo al 94’ viene ribattezzato Nicola DalMonteBerico. Gioca una gara pregevole, ma soprattutto mette in cassaforte il risultato con una conclusione da fantacalcio. Ormai sta facendo incetta di medaglie in questo nostro gioco di metà settimana, stupendo anche chi non ci credeva (Baldini non era certo tra questi) e quelli (quasi tutti) che dubitavano potesse adattarsi ad un ruolo da tornante anni ’60. La condizione fisica lo sostiene e lui riesce a fare da pendolino inesauribile sulla fascia destra, illuminando ad ogni giocata una manovra che fin qui fatica a concludere il rodaggio. Da sottolineare la pulizia della conclusione vincente: sul cross un po’ raffazzonato ma efficace di Zonta, intuisce l’impaccio dei difensori di casa e si lancia deciso sulla traiettoria, confezionando un tiro secco, mirabile per potenza, direzione e rapidità. Standing ovation…

ARGENTO: Pompeu RONALDO. Anche lui è un abbonato al podio. A Sangiuliano quasi tutti i palloni, in azione o da fermo; sono transitati attraverso i suoi magici piedi. E quasi sempre con efficacia. Magari non riuscirà ad essere costante, ma l’impressione è che si sia calato bene nei panni di playmaker cuciti addosso a lui dal mister. Rispetto a Padova, opera una decina di metri più indietro, ma non teme di proiettarsi verso l’area avversario quando intuisce varchi interessanti. In prospettiva, limiti da tenere sott’occhio sono il suo eccesso agonistico e il nervosismo latente, che rischiano di lasciare la squadra in 10, specie considerando il livello infimo di molti direttori di gara visti quest’anno. E l’inferiorità numerica quasi sempre si paga cara. Il resto, però, è classe cristallina: tiro sapiente, passaggi coast to coast e senso innato della posizione. Con Jimenez forma una coppia ben assortita, che potrebbe crescere a dismisura.

BRONZO: Federico VALIETTI. Gli assegno volentieri il terzo gradino dopo una prova magari non scintillante ma priva di gravi errori e ricca di impegno. In precedenza l’avevo sanzionato con giudizi poco lusinghieri, dopo prestazioni timide e impacciate. Domenica invece, libero dall’assillo delle punte locali (protagoniste di una prova impalpabile) ha potuto dedicarsi a ciò che sa far meglio: il supporto sulla fascia alle azioni offensive dei biancorossi. Si è così dimostrato coi fatti una concreta opzione per il mister, anche se restano i dubbi sulla sua efficacia quando sono gli avversari a proiettarsi in avanti. Situazione che il Lane dovrà gestire ogni volta che si troverà ad affrontare compagini più attrezzate di quella di Ciceri. Ma teniamoci il buono che abbiamo visto, con l’augurio all’ex Genoa di crescere sempre più anche sul piano dell’interdizione.

Citazione: Francesco BALDINI. Solo due partite fa era nell’occhio del ciclone, con gli spalti biancorossi che cantavano “Salta la panchina”. Ora ha messo in fila due vittorie consecutive, succhiando la ruota del Santo di Cassino e del (forse troppo celebrato) Bruno Caneo. Gli rimproverano di avere una squadra così forte che dovrebbe vincere le partite senza neanche giocarle. Di avere di gran lunga la migliore panchina della Terza Serie. Dimenticando, in entrambi i casi, che le promozioni non si fanno con le Figurine Panini o con i colpi di mercato. Come da sempre ci insegna la storia del pallone. In realtà lui sa benissimo di non essere Mourinho. Ma chi guarda il calcio con equilibrio ricorda bene che i nomi importanti non significano successi certi. Pensiamo a Scoppa, a De Maio, a Tagourdeau, a Lanzafame, a Proia, a Ranocchia, a Meggiorini e al Trio Meravigliao. E mi fermo… Sin qui l’allenatore è rimasto sotto standard. Ma ha dimostrato di saper correggere la rotta e si è meritato, a mio avviso, quanto meno un po’ di pazienza da parte del suo pubblico. Ora arriva al Menti una Pro Vercelli che ha tre lunghezze in meno di Padella & C. Fosse mai che il mister cava fuori dal cilindro un filotto da nove punti, con annessi e connessi. Non c’è nessuna sicurezza, il calcio è una brutta bestia, capace di mandarti inopinatamente dalle stelle alle stalle. Ma sognare non costa assolutamente nulla.

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