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Il punto di Alberto Belloni: Aspettando il Fano (e il futuro del pallone)

Qualche considerazione sul new deal. The times they are changin, direbbe il vecchio Zimmerman se si occupasse di calcio

Vola il Lane e vola anche la popolarità dei suoi giocatori. Dopo la birra e il vino virtuali dedicati a Marotta ecco la notizia che il punto vendita Euronics di Vicenza sta offrendo ai tifosi la possibilità di sfidare lo stesso bomber e i compagni Albertazzi e Pontisso in una gara a Fifa 20.

Magari non interesserà al Fano, prossimo avversario al Menti dei biancorossi, ma è interessante soprattutto come chiave di lettura del futuro del calcio. All’ultimo workshop organizzato dal Vicenza nella bella cornice di villa Rizzo Correr, infatti, fior di esperti pallonari hanno dipinto un domani nel quale (forse) i figli del 2000 si sfideranno dentro a  stadi supercablati in sfide rutilanti davanti a un monitor. E il pallone? Niente cuoio che corre sul green per le slot machines.

E i giocatori? Mica saranno necessari, se non sotto forma di testimonials o di competitors. Della serie Michelino Pautasso di Torino si scontra con Cristiano Ronaldo a colpi di joystick. Fantascienza? Macchè, nuova frontiera del business. Col mestiere che faccio non ho diritto di chiudere la mente al nuovo. Ma ho difficoltà a coniugare il mio sport con la tecnologia esasperata. Colpa del calcetto (altrimenti detto bigliardino) che per troppi anni è stato l’unica versione remota delle interminabili sfide a “tre corner, un rigore”.

Avrei forse bisogno fosse qui adesso la mia amica “creative human officer” e blogger Marta Basso. Che ha quarant’anni meno di me e guarda allo sviluppo multimediale con l’occhio acuto del nativo digitale. Io sono come la scimmia che batte le dita sulla tastiera, sperando di scrivere qualcosa di intelligente, fidando nel calcolo probabilistico. L’unica cosa che comprendo, da buon economista, è che l’affare calcio non può più reggersi sulle basi sin qui costruite. Abbonamenti, botteghino, magliette e bandiere, cartelloni pubblicitarie. Persino le salvifiche televisioni. Tutte pippe. Tutta fuffa che non regge più.

La generazione di reddito passerà per lo più attraverso gli stadi, intesi come grandi contenitori di spettacolo full time. Stadi di proprietà, ovviamente. Alberghi, supermercati, binghi, ristoranti, kinderheim, sale scommesse. Il business starà tutto lì. Lo dicono chiaramente gli analisti prospettici. Tanto vale abituarcisi e non farsi trovare impreparati. Non c’è nulla di scandaloso e di immorale, intendiamoci. Fare le verginelle non serve a nulla. O così o Pomì… Dove la salsa di pomodoro comporta chiudere baracca perché la marea dei costi cresce molto più velocemente di qualsiasi Mose dei ricavi.

Quel che mi dispiace, da primate che osserva il monolite della nuova frontiera pallonara, proprio come in “2001 Odissea nello Spazio”, è che in tutto questo il calcio giocato finirà col contare sempre meno, col diventare un pretesto, solo il cartellone colorato del Grande Barnum. Esattamente come succede già ora negli States. Domatori, nani, pagliacci, imbonitori, per un pubblico ammaestrato. Ed equilibristi, naturalmente. Che camminano a venti metri d’altezza sul filo della play station. Web non vuol forse dire rete? Per fortuna io mica ci sarò a godermi lo spettacolo.

Personalmente mi accontento del nostro Artigliere. Di Barbagol che beve la birra mezza scolata da un anonimo tifoso. Di un’annata al Menti che finalmente ci regala sorrisi dimenticati tra un plebeo bicchiere di rosso e un sacramento che scappa ad ogni tiro sbagliato. Di un Vicenza-Fano che avrà ancora entrambi i piedi in un calcio antidiluviano, antimodernista, ignorante e persino sovranista (alla faccia dei colossi europei e dell’idea berlusconiana delle superleghe). Finchè si potrà fare, il mio mantra resta Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi… O, se volete coniugarlo in chiave Lane: Luison, Zoppelletto, Savoini, De Marchi, Carantini, Calosi…

La mia tenace speranza è che Renzo Rosso e i suoi collaboratori, tra un ROI e un piano immobiliare, trovino la forza di salvare un po’ della magìa dei sentimenti. Che magari non serve al cash flow ma è il miracolo del calcio, giusto come un cielo rosso spuntato all’improvviso sopra gli spalti in una giornata di pioggia. Belloni, sei fuori dal mondo, dirà qualcuno. Un vecchio arnese, come i vecchi che controllano i cantieri stradali. Ma cosa costa crederci? Così, intanto, continuo a picchiare sui tasti. Qualcosa di buono uscirà, prima o poi…

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