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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Proverbi veneti: 30 divertenti modi di dire, alcuni tradotti in inglese

Sapienza popolare

In Veneto e a Vicenza li usiamo tutti i giorni, sono i proverbi e i modi di dire. Perle di saggezza popolare che aiutano a districarsi nelle situazioni della vita. Risalgono alla tradizione, alla saggezza contadina e i  giovani non ne sanno più il significato. C'è chi si divertitio a tradurre in inglese maccheronico le frasi fatte più in uso. 

“Te si fora come un balcon!” Si dice di persona un po' particolare, ma in maniera simpatica oppure di chi faccia qualche proposta bizzarra o irrealizzabile; viene letteralmente tradotto “You're out like a balcony!”, ovviamente sbagliando di proposito perché per un inglese questa frase non avrebbe senso. Un’espressione inglese equivalente che potremmo utilizzare è “You're nuts” oppure “You're totally out of your mind.”, marcando l'accento sulla bonarietà del nostro commento.

“Tempo, cul e siori fa quel ch'i vol lori.” Ci sono cose nella vita che non possiamo proprio controllare: il meteo, le nostre funzioni corporali e chi ha più soldi o una posizione migliore di noi. Qui la traduzione in inglese può essere quasi del tutto fedele all'originale perché “The weather, your ass and lords can do whatever they want” ha senso anche in questa lingua.

“Mejo un goto sforsà, che laorar de gusto.” Per quanto si dia il giusto valore al lavoro e all'etica dello stesso, raramente vedrete qualcuno che si alza dal bar dove sta bevendo in compagnia e andare al lavoro senza brontolare; anzi, chi lo fa è visto con occhio sospettoso. Per questo è “meglio bere un bicchiere di vino di malavoglia, rispetto a lavorare con gioia”. Possiamo renderlo con “It's better to drink reluctantly than to work gladly.”

“Pitosto che spandarghene na gosa, bevaghene na possa.” Per sottolineare l'importanza del vino questo detto veneto ci dice che è preferibile berne una quantità esagerata piuttosto che perderne anche solo una goccia. In inglese lo possiamo far comprendere con “It's better to drink a barrel than waste a pint”.

Per finire, una perla di cultura linguistica veneta: “L'omo pien de vin el parla anca latin”.  Chi di noi ha mai provato l’imbarazzo che coglie dovendo parlare un'altra lingua quando è brillo? Nessuno. Per questo “l'uomo pieno di vino, parla anche latino”, e l'inglese? “A man full of wine could speak even latin”, però così si perde la rima. 

Modi di dire Veneti

  • Vanti col Cristo che a Procession s’ingruma. Avanti col Cristo che la processione si ammucchia. Ispirato alla processione e alla gente che segue la croce di Cristo: se si ferma il Cristo la gente si ammassa, e prima che il flusso torni fluido ci vuole del tempo. Tradotto: se non vai avanti col lavoro e perdi tempo questo si ammucchia e poi fai fatica a smaltirlo.
  • Dato che te si bagnà va ti tor l’acqua: Dato che sei bagnato vai a tu a prendere l’acqua. Usato una volta dai più anziani verso i più giovincelli. Per non alzarsi, l’anziano diceva al giovane di fare una cosa già che c’era. Si potrebbe tradurre con un “già che ci sei…” oppure “già che sei in piedi…”
  • Se no xe pan xe poenta. Se non è pane è polenta. La polenta si sa che al nord è popolare e spesso si usava in sostituzione del pane. Quindi spesso si metteva in tavola o uno l’altro. Quindi, se non è questo è quello.
  • Come che te gò fato te desfo! Come ti ho fatto ti disfo! Usato spesso dalle nostre mamme o dalle nonne quando il livello di incazzatura superava il limite di sopportazione: minacciavano di ammazzarci di botte dopo un serie di richiami e rimproveri, nello stesso modo in cui ci avevano messi al mondo. Esiste anche la variante “In 9 mesi te gò fatto in 9 secondi te desfo!“. Non credo serva tradurne il senso.
  • Signor Tègneme! Signore Tienimi! In alcuni casi le mamme la esclamano prima in alcuni casi dopo rispetto all’affermazione di cui sopra. Quando oltrepassavi quel limite – una volta il confine era molto sottile, ora si è decisamente allargato – la mamma e la nonna invocavano Dio per tenerle a freno. Ma spesso neanche l’Onnipotente poteva frenare le loro mani o il loro zoccolo di legno.
  • L’acqua marssisse i pài! L’acqua marcisce i pali. Si sà che in Veneto vino e alcolici vari occupano la dieta quotidiana del Veneto medio – ma non dateci degli alcolizzati -. Ad ogni modo, quando sei in compagnia, stai bevendo e ti offrono un bicchiere d’acqua è buona educazione rifiutare e rispondere con questa frase, in quanto si sa che l’acqua fa marcire il legno e quindi non va bene bere acqua.
  • No ghe manca gnanca el latte de gaina. Non gli manca neanche il latte di gallina. Detto legato alla tradizione contadina. Possiede praticamente tante cose, anche quelle che non esistono, come il latte della gallina. Serve per indicare lo stato di elevato benessere di una persona.
  • El te magna i risi in testa . Ti mangia il riso in testa. Si usa dire verso una persona molto sveglia. Non è tanto riferito a chi subisce quanto a chi lo fa. È talmente scaltro e furbo che ti mangerebbe il riso in testa senza che ne accorgi.
  • A chiolà ghe manca un bojo. A quello lì gli manca una bollita. Si può tradurre “come non è bollito al punto giusto” ed in tono in parte ironico: si usa quando ci si riferisce ad una persona un po’ tarda di comprendonio. Immaginatevi di scolare la pasta e tirarla fuori ancora cruda: ecco la persona in questione non è matura al punto giusto. E quindi non ha la maturità adatta. Insomma, è un po’ tardo.
  • El gà na testa che no la magna gnanca i porsei. Ha una testa che non la mangerebbero nemmeno i maiali. Dicesi di persona particolarmente fuori di testa e pazza. Con questa affermazione si intende dire che se dessero ai maiali la sua testa (il maiale è noto per mangiare di tutto), questi la scarterebbero. SI usa in tono poco ironico e molto più serio.
  • Chi che gà e sucche no gà i porsei. Chi ha le zucche non ha i maiali. Anche questo detto si collega come il precedente alla tradizione contadina. Significa che chi ha i materiali non ha i mezzi, ma anche chi hai mezzi non ha i materiali per raggiungere un tale scopo.
  • Mi aa to età saltavo i fossi par longo. Io alla tua età saltavo i fossi per lungo. Ancora oggi molto in voga. Si usa dirlo verso chi è più giovane anche di qualche anno. Con questo detto si intende dire alla persona in questione che alla sua età io ero molto meglio e facevo cose impossibili, che lui non riesce a fare ora e che si dovrebbe dare un mossa.
  • To mare magnea erba? Mandea via mosche coa còa? Faea muuuuuTua madre mangia erba? Manda via mosche con la coda? Fa muuuu? Si suol dire a persone con cui si è molto in confidenza. Anziché offendere direttamente la madre altrui, si usa questo giro di parole per dire che la madre della persona in questione fa il lavoro più antico del mondo. Il tono, nonostante tutto, è altamente confidenziale e scherzoso.
  • I mona sii riconosse dal fatto che i dovarìa tàser coi parla e che i dovarìa parlar coi tase. Gli stupidi si riconoscono dal fatto che parlano quando dovrebbero star zitti e che stanno zitti quando dovrebbero parlare. Non credo servano altre parole.
  • A rubar poco se va in gaèra, a rubar tanto se fa carriera. A rubare poco si va in galera, a rubare tanto si fa carriera. Non servono spiegazioni.
  • Par pagar e morir ghe xe sempre tempo. Per pagare e per morire c’è sempre tempo. Come sopra.
  • Faive a levante panoce tante, faive a ponente panoce gnente. Faville a levante pannocchie tante, faville a ponente pannocchie nienteDetto di tradizione contadina collegato alla tradizione della casera. Bruciare la casera è una tradizione molto popolare nel nord est. Il 6 Gennaio si usa “bruciare la vecchia”, intesa come la donna vecchia ma anche come le cose vecchie per lasciare spazio alle nuove bruciando una gigantesca pira di legno – la casera -. In cima a questa si trova una croce con appeso un pupazzo raffigurante la befana – la vecchia -. Se le faville vengono sospinte dal vento verso levante – faive a levante -, ossia est, l’annata sarà di buon auspicio ed il raccolto sarà abbondante – panoce tante -. Contrariamente se andranno verso ponente – faive a ponente -, cioè verso ovest, il raccolto sarà scarso – panoce gnente-. La tradizione della casera prende nome anche di “Pan e Vin” in alcune zone del Veneto oppure “Piñarul” in Friuli.
  • Brutti in fasse bei sue piasseBrutti in fasce belle nelle piazze. È un modo di dire che se se un bambino è brutto da piccolo poi da grande sarà bello.
  • Muso duro e bareta fracàMuso duro e berretta tirata giù. Si usa quando una persona fa una cosa che non gli va e non lo nasconde, ma mostra il suo disappunto in maniera marcata. Lo sguardo è incazzato nero.
  • Coe ciàcoe no se impasta fritoe. Con le chiacchiere non si impastano frittelle. Con le chiacchiere non si produce e non si fa niente.
  • Quel che passa ingrassa. Quello che passa per la gola, fa poi ingrassare e non fa male. Si usa anche quando si mangia qualcosa che non piace oppure si inghiotte qualcosa involontariamente – tipo un insetto – in quel caso si dice: “ma si, quel che passa ingrassa“.
  • Varda che ànda chel gà! Guarda che andazzo ha! Si usa quando una persona mostra una svogliatezza all’ennesima potenza magari trascinando i piedi, svolgendo una cosa o un lavoro ad un ritmo bradipeggiante.
  • Perso pal caìgo! Perso nella nebbia. Si sa che in Veneto la nebbia nelle giornate invernali è impenetrabile. Si usa dire delle persone che vengono mandate a prendere qualcosa e non tornano dopo un bel po’ di tempo: “el se gà perso pal caigo!“. Ma anche quando qualcuno deve risolvere qualcosa e non capisce come fare. Sembra quasi abbia la mente annebbiata e quindi si dice che “xe perso pal caigo!
  • Andar in serca a mesogiorno col feràl! Andare alla ricerca a mezzogiorno col fanale. Cosa serve un fanale per cercare una cosa a mezzogiorno, quando la luce del giorno è massima? A niente. Quindi stai facendo una cosa per niente ed inutilmente.

fonte: https://capturingtheworldblog.com/

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