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La storia della comunità ebraica: il ghetto di Vicenza e la cacciata degli ebrei

In città il ghetto era nella zona tra l'attuale Contrà Cavour e Stradella dei Nodari

La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonchè coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. Dopo l’8 settembre 1943, fu la volta dei campi di concentramento provinciali, come quelli di Tonezza del Cimone e di Vo’, e della deportazione degli ebrei dal Veneto. Intorno, vi fu chi rimase in silenzio, chi collaborò e chi si oppose all’orrore con piccoli gesti di coraggiosa solidarietà o con la partecipazione attiva alla Resistenza.

Dal 1941-1943 ventisei comuni vicentini – tanto per citarne qualcuno Enego, Lonigo, Malo, Roana, Sossano, Arsiero – hanno accolto ebrei stranieri con la qualifica di “internati liberi”, parallelamente a quanto stava succedendo in molti altri comuni d’Italia.

Il regime di Mussolini, sin dall’ascesa al potere di Hitler, aveva assunto nei confronti degli Ebrei stranieri un atteggiamento ambiguo: dopo averli accolti per anni, al fine di dimostrare di fronte all’opinione pubblica internazionale la propria distanza dalle persecuzioni naziste, alla vigilia delle leggi razziali cominciò ad emanare provvedimenti d’espulsione (Decreto d’espulsione del 7.9.1938).

"Nei primi anni 40 si erano quindi raccolti nel territorio vicentino circa 500 profughi ebrei, per la maggior parte nativi della Jugoslavia, ma anche qualche polacco, tedesco, ceco, rumeno, ungherese e russo.

Vicenza fu dall’inizio considerata centro di raccolta e smistamento, in attesa che la prefettura stabilisse i luoghi precisi di confino. Nel frattempo gli ebrei soggiornavano forzatamente, a loro spese, in locande, alberghi o abitazioni private.

Circa una ventina di comuni furono destinati a luogo d’internamento ed accolsero questa massa di esseri umani, che convinti di vivere in regime di libertà, di fatto erano controllati a vista dalle Forze dell’ordine, podestà e dalla popolazione stessa. Le voci sugli stermini nazisti non erano ancora giunte. L’espatrio verso l’Italia veniva organizzato, con costante periodicità, sia privatamente, sia per la maggioranza con il contributo delle organizzazioni ebraiche, mai gratuitamente e sempre dietro compenso a non meglio definiti “contrabbandieri”. Ricorda la scrittrice Paola Farina.

Gli ebrei in provincia di Vicenza

La presenza degli ebrei a Vicenza e provincia è ben documentata nel corso del Quattrocento (Marostica, Lonigo, Arzignano e Chiampo) ed era stata significativa per tutto il Medioevo prima della costruzione dei ghetti di Venezia, Verona e Padova.
Le due attività principali praticate dalla popolazione ebraica erano la “fenerazione” (prestito di denaro) e la “pezzaria” (la vendita di oggetti usati).
Accusati di praticare l'usura, gli ebrei, vennero espulsi dal territorio vicentino dal doge Marco Barbarigo nel 1486, che ratificò una delibera del Comune di Vicenza.
Iniziò per gli ebrei un periodo di persecuzioni che portò alla loro segregazione. Questo a causa delle pressioni della Chiesa cattolica e della nobiltà vicentina, la quale si trovava intralciata nella sua storica attività di usura.
Gli ebrei furono riabilitati dal governo napoleonico che concesse loro anche diritti dal punto di vista fiscale ed amministrativo, grazie anche al Catasto iniziato nel 1807. Nelle mappe catastali vennero mantenute e reintrodotte le denominazioni di strade o contrade che ricordavano la presenza ebraica.

LA SHOAH A VICENZA: LUOGHI E STORIE - Il ghetto di Vicenza e la cacciata degli ebrei

A Vicenza, a segnalare i luoghi dove abitavano gli ebrei, c'erano la contrada e la stradella dei Giudei che corrispondono alle attuali contrada Cavour e stradella dei Nodari. In Contrada dei Zudei fin dal XIV secolo avevano le loro case gli ebrei vicentini. Confinati dai cristiani e riuniti in rione, occupavano una serie di case larghe, ad un unico piano, con porte ad arco e coperta a terrazza dal sapore orientale. La contrada era separata dalla Piazza Maggiore, oggi dei Signori, dal muro pubblico che circondava la piazza stessa.

Sulla larga via la comunità ebraica esercitò l’attività di prestito usurario e di rivendita di oggetti usati fino al 1486, quando venne espulsa dalla città in concomitanza con l’apertura del Monte di Pietà.

All’espulsione cooperarò anche una campagna di stampa antiebraica montata ad arte in città da due ecclesiastici, Alessandro Nievo e Pietro Bruti: i due autori, ricorrendo alla neonata invenzione della stampa a caratteri mobili, pubblicarono delle opere “contra iudeos”, l’uno per sostenere giuridicamente il divieto del prestito ad usura, l’altro, approffittando di un fatto di cronaca accaduto a Trento, per dimostrare la colpevolezza degli ebrei nell’uccisione rituale di un bambino.

La Contrada dei Zudei venne intitolata a Cavour nel 1867 e il toponimo Zudei passò alla stretta via che unisce le Contrà Cavour e Due Rode. Le due vie cittadine denominate dei Zudei ricordano la presenza storica degli ebrei a Vicenza, vista positivamente fino al 1941, anno in cui Stradella dei Giudei divenne Stradella dei Nodari perchè l’ottocentesca denominazione non era “più consona con le attuali direttive politiche sulla razza”.

Valdagno

Per quanto riguarda Valdagno, un tempo, esisteva la contrada San Clemente che era molto estesa. Con il Catasto napoleonico del 1817 venne divisa in due parti. La parte nord, vicino alla chiesa di S. Clemente, mantenne la denominazione originaria. Mentre la zona sud venne denominata contrada del Ghetto.
Però il 14 settembre 1821 si racconta del passaggio a Valdagno di una particolare carrozza, che ha la forma simile a quella di una barca, precisando che lo strano veicolo sostò per quasi un'ora nella contrà S. Clemente chiamata per soprannome “Ghetto”.
Oralmente si tramanda che il complesso di abitazioni con cortile interno ad est dell'attuale Caffetteria Veneta in Corso Italia (un tempo Via Principe Umberto ed ancor prima contrada del Ghetto) un tempo venisse denominato “il Ghetto”.
Dunque c'è la possibilità che anticamente in questa zona vi fosse una presenza ebraica, anche se non ci sono testimonianze e documenti che lo confermino.

Valli del Pasubio

Don Michele Carlotto, cappellano di Valli del Pasubio dal 1942 al 1946 aiutò a mettere in salvo dalla deportazione una quarantina di ebrei slavi che vivevano nel paese dell’Alta Val Leogra in domicilio coatto. Dal 1996 don Michele è riconosciuto “Giusto tra le Nazioni”, titolo onorifico conferito dallo Yad Vashem (ente nazionale per la Memoria della Shoah di Gerusalemme) ai non ebrei che anche a rischio della propria vita si prodigarono per nascondere e per aiutare a far fuggire gli ebrei perseguitati. 

Fonte: biblioteche vicentine

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