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Giovedì, 25 Aprile 2024
Politica

Privatizzazione strisciante e pazienti psichiatrici immobilizzati: Coalizione civica infilza le Ulss e la Regione Veneto

Il caso del cambio di gestione di due istituti per anziani di Montecchio Precalcino e le «pratiche di contenzione meccanica» patite dagli ospiti di alcuni «piccoli manicomi» dell'hinterland della città palladiana scatenano la reazione di Asproso, Cunegato e De Zen

Coalizione civica, il raggruppamento di centrosinistra presente in molti centri del Veneto, tra ieri 10 febbraio ed oggi ha scatnato un fuoco di fila contro palazzo Balbi dopo aver diramato due distinte note intinte nel curaro. La prima, vergata ieri dal consigliere comunale di Vicenza Ciro Asproso, punta l'indice sulle pratiche di contenzione meccanica cui sarebbero sottoposti molti pazienti ospiti presso case di cura pscichiatriche private ubicate più o meno nel capoluogo e nella sua provincia. A Schio invece i consiglieri comunali Carlo Cunagato e Giorgio De Zen se la prendono con il cambio di gestione presso due strutture che fanno riferimento alla Ipab regionale «La casa», strutture ubicate a Montecchio Precalcino (si chiamano il Cardo e San Michele) in cui lavorano prevalmentemente operatori scledensi giacché è scledense la Ipab da cui dipendono le residenze. Tale cambio di gestione, che prevede il subaffidamento ad una coop, sostengono i due, oltre a costituire una privatizzazione de facto, peggiorerà drasticamente le consizioni di lavoro in seno alla struttura stessa.

PRIMO ATTACCO
Ad ogni modo il primo a dare fuoco alle polveri era stato Asproso. Il quale in una nota diffusa ieri aveva parlato lungamente di una lettera che le associazioni che si occupano della tutela di coloro che scontano una disabilità di tipo psichico, avrebbero inoltrato ai vertici delle istituzioni locali. «Si tratta di una pesante denuncia rivolta alle massime autorità politiche e sanitarie che riguarda: la diffusione delle pratiche di contenzione fisica, dovute spesso alla carenza di personale; il sorgere di nuove strutture sul territorio, favorite dalla delibera regionale 59 del 2018, equiparabili a tanti piccoli manicomi; l'inasprimento delle rette per la quota sociale, a tutto danno delle famiglie e dei comuni. Com'è ovvio immaginare - si legge nella nota pubblicata sulla bacheca Facebook di Asproso - le preoccupazioni maggiori sono rivolte proprio alla contenzione meccanica, che costringe persone inermi e psicologicamente provate a rimanere legate al proprio letto per lunghe ore, se non addirittura per tutto il giorno». Tale procedura è sopravvissuta alla chiusura dei manicomi in molte parti d'Italia e, salvo rare eccezioni, denuncia ancora il consigliere «è molto diffusa anche nel Veneto nonché nella nostra stessa provincia». Richiamandosi allo stato di necessità le strutture di accoglienza hanno reso «la contenzione un provvedimento di routine, che non trova alcuna giustificazione nella pratica della medicina, ma risulta essere molto produttivo dal punto di vista dell'organizzazione del lavoro».

UNA QUESTIONE ANCHE GIURIDICA
Appresso Asproso imbastisce anche un ragionamento di natura giuridica. «Come stabilito dalla Corte di cassazione nel 2018, la contenzione meccanica configura i reati di sequestro di persona e di violenza privata e non può rientrare in nessuna forma terapeutica. Inoltre se, come credo, la salute è un bene pubblico sociale, essa deve essere esercitata in un contesto di comune responsabilità e in base a principi di equità, solidarietà e compassione. Nessuno deve pensare di non essere coinvolto». Poco dopo arriva la chiusa del consigliere vicentino: «Per questa ragione mi sono rivolto al sindaco di Vicenza Francesco Rucco nonché presidente della Provincia, affinché risponda a queste domande: uno, come è possibile che nel nostro territorio si registri un numero così elevato di contenzioni meccaniche? Due, che cosa intende fare per arginare il diffondersi di questa pratica abominevole e per assicurare a tutti i pazienti un servizio assistenziale degno di una società civile?».

POSTI DI LAVORO A RISCHIO
Di tenore diverso, ma non preoccupato, è l'intervento di Cunegato e De Zen. «Eravamo scesi in piazza lo scorso anno per denunciare la decisione dell'Ulss» che è una emanazione della Regione Veneto, «di non rinnovare la convenzione con La casa, mettendo a bando la gestione delle due Rsa di Montecchio Precalcino che ospitano 140 persone con problematiche psichiatriche e grave disabilità. A quel tempo erano 112 i lavoratori assunti a tempo indeterminato con un contratto del pubblico impiego, ma il nuovo bando prevedeva l'applicazione del meno oneroso contratto delle cooperative sociali».

Di seguito i due esplicitano il loro punto di vista: «L'Ipab La casa aveva partecipato attraverso un accordo con la cooperativa Mano amica, entrambe di Schio, ma, nonostante i 24 anni di esperienza, ha perso la gara. Si è aggiudicata il grosso dell'appalto Promozione Lavoro di Veronella, una cooperativa sociale con più di 2000 soci e 50 milioni di fatturato. Ciò che temevamo si sta avverando. Gli 88 operatori attualmente in carico a La casa perderanno il loro posto di lavoro dal 30 giugno. Probabilmente non accetteranno di lavorare per la cooperativa, visto che ora guadagnano 1200 euro contro gli 870 previsti dal nuovo contratto: una vergogna».

870 EURO MENSILI: «UNA VERGOGNA»
E l'intervento prosegue con una staffilata alla coop scaligera: «Come si fa nel 2021 a vivere con uno stipendio così? Una Paese dove non si tutela a dovere chi lavora, ha una società incivile. Se non verranno assunti da altre case di riposo del territorio, magari in comando, finiranno in mobilità. La mobilità dovrà essere pagata da La casa e questo potrebbe aprire un grosso problema nel bilancio. Altro che le polemiche pretestuose su  buchi di bilancio, mai riscontrati peraltro, dei mesi scorsi da parte della Lega di Schio».

Cunegato e De Zen in ultimo aggiungono anche una considerazione più generale: «Siamo innanzitutto preoccupati per gli ospiti del Cardo e del San Michele, strutture dove vivono persone fragili, con problemi complessi: qui arriveranno quasi cento operatori dalla cooperativa, sempre che la cooperativa, a quelle condizioni, possa trovarli. La privatizzazione rischia sempre di creare un abbassamento del servizio. Chi lavora con paghe da fame e, magari, con contratti molto precari, può affrontare nel migliore dei modi un lavoro di cura così delicato? Spesso, appena possono, gli operatori se ne vanno verso posti di lavoro più remunerativi».

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