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Popolare di Vicenza, aumento di capitale, Donazzan: "Difficile accettare la sentenza del mercato"

Dopo il via libera della Consob al collocamento delle azioni in Borsa della popolare, l'assessore regionale Donazzan attaca la valutazione del mercato: "Sentenza dura, si deve più chiarezza ai risparmiatori"

"È incredibilmente dura da accettare la “sentenza” del mercato che fa valere le azioni della Popolare di Vicenza oltre ogni più pessimistica valutazione finora fatta. Non vorrei si trattasse dell’unica “sentenza” di cui parleremo trattando della nostra banca del territorio". Esordisce così, l'assessore al lavoro della Regione del Veneto, Elena Donazzan, in una nota di commento alle attuali vicende che riguardano la BpVi, tra cui l'aumento di capitale che penalizza i soci.

"Oggi più di ieri - riprende Donazzan - per far valutare correttamente l’Istituto dobbiamo fare chiarezza di valori, di prospettive, di governo e di responsabilità. Ho taciuto fino ad oggi solo per pudore. Quello di "sapere di non sapere", trattandosi di una materia, quella finanziaria, che pare troppe volte appannaggio di soloni titolati, di club esclusivi di riferimento a cui mi sentivo del tutto estranea. Soprattutto in quanto politico. Ho ascoltato amici e imprenditori disperati, piccoli e grandi risparmiatori rassegnati, ho letto fiumi di articoli e commenti tra i più disparati. Non ho le idee chiarissime, ma qualcosa di netto su almeno un paio di questioni l’ho".

"In primis - osserva l'assessore regionale - per ristabilire fiducia tra i risparmiatori e gli investitori non speculatori, che si faccia chiarezza sulle responsabilità. Avere respinto l’idea di una azione di responsabilità è pubblicamente deplorevole. Si avvalora il sospetto che vi sia qualche cosa da non verificare. Se pur mi annovero oramai tra i garantisti convinti e non intendo condannare alcuno, ritengo che vi sia molto da verificare. Certamente all’interno del Consiglio d'Amministrazione per capire i movimenti, le scelte legate ad informazioni sensibili. Insomma per fugare l’idea che qualcuno abbia perso meno di altri. Anche in sede giudiziaria. Anche esteticamente avrei preferito che fossero proprio i consiglieri presenti in CdA ieri e oggi a presentare una azione di responsabilità, per verificare in capo a chi sta la responsabilità. In secondo luogo, mi chiedo quanto valga un Direttore Generale. Mi chiedo a quali responsabilità debba fare fronte e quando sia chiamato a rispondere delle sue scelte, delle sue proposte, della sua direzione. Gli stipendi di cui conosco attraverso gli organi di stampa sono fuori luogo. Il Direttore di ieri addirittura ha avuto una buona uscita di 4 milioni di euro - oltre al lauto stipendio percepito negli anni - e ha trovato una sentenza favorevole presso il Giudice del Lavoro lampo per vedere protetta la sua liquidazione. A me toccano imprenditori, dirigenti, operai che per avere ragione (o torto) attendono anni".

"Il CdA e i vertici apicali - attacca Donazzan - sarebbero costati tra il 2014 e il 2015, nel momento di maggiore esposizione, ben 8 milioni. Non mi pare una cifra accettabile soprattutto in questo momento difficile. L'attuale Direttore, stando a quel che si dice, ha percepito una buona entrata più stipendio pari a 1,5 milioni di euro, il suo vice di 700mila euro e gli altri top manager di 2 o 300mila euro. Trovo che si sia superata la soglia del pudore e del dolore, da un lato, per vedere svalutato il titolo, oltre il limite consentito dal mercato, oltre la speculazione, senza che intervenga la Banca D'Italia e il Governo a difendere un patrimonio di risparmi; dall'altro, per un atteggiamento di sudditanza del nostro credito, del nostro territorio nei confronti dell' «Innominato» di manzoniana memoria e di Direttori che nemmeno provenissero da un passato di straordinari successi nella City londinese". "Tolleriamo il sacrificio, siamo ben consapevoli di che cosa sia in Veneto, ma non tolleriamo la spregiudicatezza - sottolinea la referente regionale al lavoro -. Non vorrei dire grazie all'attuale Direttore per il semplice fatto di essersi degnato di venire in cotanto disastro. Voglio vedere risultati tali da giustificare tali stipendi, tali buone entrate e buone uscite. Credo che ci voglia più sobrietà. Lo si deve ai cittadini, ai risparmiatori, a chi ha creduto in un'azienda ai 5500 dipendenti e ai 575 di loro che, secondo l'ultimo Piano industriale, dovrebbero essere considerati lavoratori in esubero", conclude Donazzan.

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