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Derivati del fluoro e contaminazione: la Regione Veneto non può secretare i dati

Lo ha stabilito un recentissimo pronunciamento del Tar interpellato da Greenpeace e Mamme no Pfas che chiedevano i documenti relativi all'incidenza sul comparto alimentare: soddisfatto anche Peruffo della rete ambientalista berica che parla di «terremoto in vista»

Un recentissimo pronunciamento del Tar obbliga la Regione Veneto a rendere pubblici i dati secretati relativi alla incidenza della contaminazione da Pfas sulla catena alimentare. La mancata ostensione era stata decisa con due provvedimenti dirigenziali dell'anno scorso. Il Coordinamento «Mamme no Pfas» e Greenpeace però si erano opposti impugnando il diniego con due procedure distinte ma identiche avanti il tribunale amministrativo. Ieri 9 aprile i due gruppi hanno manifestato la loro soddisfazione con un dispaccio congiunto. Ragioni di privacy ed eventuali interferenze con indagini penali in corso, secondo i giudici amministrativi, sono argomentazioni non sostanziate dai legali della Regione. E comunque il diniego opposto dalla stessa Regione Veneto, questo il convincimento delle toghe lagunari, cozza con la normativa comunitaria in materia di trasparenza dei dati ambientali. 

«SENTENZE STORICHE»
Proprio il Coordinamento mamme no Pfas e Greenpeace già ieri avevano espresso la propria soddisfazione in una lunga nota congiunta. «Si tratta di una sentenze storiche. Da circa due anni - si legge - chiediamo trasparenza alle autorità locali con tutti gli strumenti che la norma mette a disposizione e finalmente il Tar ci ha dato ragione», fanno sapere le Mamme No Pfas e Greenpeace. «Le persone che da decenni subiscono le conseguenze di tale inquinamento hanno il diritto di sapere i dettagli della contaminazione degli alimenti coltivati in zona, quali sono i prodotti più a rischio e la loro provenienza, con riferimento a tutte le dodici sostanze perfluoroalchiliche che sono state analizzate». Le sostanze perfluoroalchiliche o Pfas che dir si voglia sono i temibili composti chimici derivato dal fluoro ormai presenti in mezzo mondo. La gran parte della contaminazione del suolo e non solo del suolo, da parte di queste sostanze nel Veneto centrale (Veronese, Vicentino e Padovano in primis), è ascritta dalle autorità alla Miteni, una industria chimica trissinese oggi fallita nata sotto le insegne della Marzotto, poi passata all'Eni, transitata ai giapponesi di Mitsubishi e finita poi nelle mani di una multinazionale tedesca. Appresso comunque c'è un altro passaggio saliente: «Con questo non vogliamo assolutamente creare allarmismi e tantomeno criminalizzare le categorie produttrici che sono anch'esse vittime di questo grave inquinamento. Proprio per questo abbiamo chiesto anche di conoscere le attività ispettive svolte dalla Regione Veneto».

PARLANO I VERDI ED IL PD
Sull'argomento ieri hanno detto la loro anche i Verdi, con la consigliera regionale Cristina Guarda e il Pd coi consiglieri Anna Maria Bigon e Andrea Zanoni. «Da anni chiedo, assieme ai cittadini, la pubblicazione di dati che devono essere a disposizione della comunità. Ora - rimarca la verde - la Regione non perda altro tempo. Quest'ultima - incalza Guarda - aveva negato ai cittadini e a Greenpeace l'accesso ai dati riguardanti i risultati analitici inerenti una raccolta nota come Piano di campionamento degli alimenti per la ricerca di sostanze perfluoroalchiliche. Ora il Tar, con una sentenza storica, dà ragione ai richiedenti e costringe la Regione Veneto a rendere accessibile i risultati del campionamento. Cade così la scusa per cui gli uffici si erano trincerati dietro dinieghi che non reggono, come dimostrato, alla prova del giudizio Pr questo - conclude la consigliera ho presentato una interrogazione per chiedere alla Giunta regionale se intende dare immediata esecuzione a quanto disposto dal Tar».

Non molto dissimile è la presa di posizione di Bigon e Zanoni: «Hanno tentato di occultare i dati, facendosi scudo della privacy e dell’inchiesta in corso con due distinti provvedimenti. Secondo i giudici la pubblicazione dei documenti non pregiudica le indagini da parte degli inquirenti e quindi, finalmente, tutti potranno leggere lo studio della Regione sull’impatto dei Pfas sulla catena alimentare veneta, conoscere i siti di prelievo da parte delle aziende e la tipologia dei prodotti interessati. Ringraziamo Greenpeace per la sua azione, spiace e fa riflettere che per avere dei dati così importanti ci sia stato bisogno di andare per vie legali».

LA BORDATA
Sui media veneti non è mancata la voce di Alberto Peruffo, uno degli esponenti della rete ecologista tra i più noti in terra berica. Quest'ultimo senza peli sulla lingua parla di «terremoto» in vista per il comparto agro-alimentare allorquando i dati secretati saranno disvelati nelle mani dell'opinione pubblica. Tanto che la Regione Veneto potrebbe essere costretta a «riformulare il suo piano di sorveglianza sanitario» sulla popolazione eventualmente esposta ai Pfas. Anche il coordinamento ecologista arzignanese Cillsa ha preso posizione con un dispaccio di poche righe nel quale non nasconde la propria soddisfazione per la decisione del Tar. Il tutto mentre dal resto della rete ecologista si invocano provvedimenti rapidi affinché si dia davvero inizio alla bonifica del sito Miteni che peraltro è ancora in alto mare.

FRONTE PARLAMENTARE
E che qualcosa di grosso sul fronte Pfas stesse bollendo in pentola lo si era intuito già un paio di giorni fa quando alla Camera, con una mossa al quanto insolita, il M5S ha schierato trentuno parlamentari per chiedere lumi al governo proprio sul tema, tra gli altri, della incidenza dei Pfas sulla salute dei veneti (la novità era stata anticipata peraltro proprio da Vicenzatoday.it). Lumi che erano stati chiesti, in una con una regolamentazione più stringente su queste sostanze, per il tramite di una articolata interpellanza urgente.

La discussione parlamentare che ne è seguita ieri a Montecitorio è stata di un certo peso. Zolezzi in un intervento fiume ha accusato senza mezzi termini i soggetti, a partire da Palazzo Balbi, che negli anni hanno autorizzato la Miteni nella lavorazione dei Pfas. Lo si evince dalle immagini diffuse sul canale Youtube del M5S. Ma soprattutto lo si evince dal resoconto stenografico già messo a disposizione dagli uffici della Camera. Basti pensare che Zolezzi, citando uno studio scientifico reso pubblico nel 2020, ha posto il dubbio che la presenza di Pfas nel bacino padano, pianura veneta in primis, possa in parte inficiare l'efficacia del vaccino per combattere il Covid-19. La risposta del sottosegretario all'ambiente Andrea Costa, pur molto articolata, non è stata molto tenera con chi ha prodotto queste sostanze. Segno che il governo, ove fosse chiamato a normare in fretta su un argomento delicato in cui ci sono interessi economici colossali in ballo, potrebbe anche essere meno sensibile di un tempo rispetto ai desiderata della grande industria. Anche se solo il tempo potrà dire quale sarà la vera strata imboccata non solo da palazzo Chigi, ma pure dal parlamento, al quale spetta l'ultima parola.

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